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Camaldoli 2024: «La cura dell’ambiente: un imperativo per i cristiani al di là delle differenze confessionali»

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Un incontro-dibattito interreligioso, per sottolineare quanto la questione della cura del Creato travalichi qualsiasi differenza confessionale, di fede e di culto. E’ stato l’obiettivo del confronto ecumenico che si è tenuto nella mattinata di mercoledì 28 agosto, a Camaldoli, nel corso della Settimana Teologica del Meic. Il tema, “La cura dell’ambiente: un imperativo per i cristiani al di là delle differenze confessionali”, è stato affrontato da Elizabeth Green, dell’Unione Cristiana Evangelica Battista in Italia, e da Simone Morandini, della Facoltà Teologica del Triveneto e dell’Istituto di Studi Ecumenici S. Bernardino di Venezia.

La pastora Elizabeth Green ha impostato la sua relazione su tre temi fondamentali. Innanzitutto, come ha spiegato ai presenti, «dal punto di vista storico c’è da sottolineare la tempestività delle Chiese protestanti che hanno iniziato a occuparsi di questi temi già tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso». Dopodiché è stato toccato il punto del contesto in cui la riflessione sulla cura dell’ambiente ha avuto luogo ed è iniziata, «in particolare – ha raccontato – tanto con i cattolici quanto con le Chiese ortodosse in seno al Consiglio mondiale delle Chiese».

Poi il terzo e più importante tema, quello per cui «forse il protestantesimo è più conosciuto», ha spiegato la stessa Elizabeth Green, ovvero «l’ermeneutica biblica». Da questo punto di vista, infatti, Green ha evidenziato ai presenti come nell’ambito protestante la Bibbia è stata riletta alla luce di una preoccupazione e di una sensibilità ecologica. Nel corso della sua relazione la pastora Green ha chiarito che gli aspetti più importanti della rilettura protestante «sono stati fatti sostanzialmente nel corso di tre tappe, dal punto di vista cronologico, ma che sussistono tuttora nell’interpretazione dei testi».

Nel dettaglio, innanzitutto – ha spiegato Green – «la Scrittura non va interpretata alla lettera, ma ciò che è scritto è eziologico e c’è la necessità di un approccio apologetico, in particolare per quanto riguarda il concetto di dominio della Terra da parte dell’uomo. Dopodiché – ha aggiunto – le Scritture dicono anche altro rispetto alla promessa della teologia cristiana in riferimento alla cura del Creato. Infine, il terzo punto è quello più olistico – ha concluso – e quindi più biocentrico e assolutamente non antropocentrico, che prende forma nella cosiddetta Bibbia della Terra, indispensabile per tutelare ciò che ci circonda in una concezione di interconnessione». 

A prendere la parola, dopo, Simone Morandini, che ha ribadito e sottolineato l’importanza del dialogo ecumenico proprio in prospettiva ecologica. «Il tema della Cura del Creato – ha spiegato – nasce proprio in prospettiva ecumenica, se pensiamo che già negli anni ’70 il Consiglio Ecumenico delle Chiese iniziò a riflettere su questi argomenti e fu la prima istituzione internazionale a fare uso della parola sostenibilità, che soltanto dopo diventerà di uso comune». Per Morandini, inoltre, questa assonanza diventa quasi profetica se si pensa alla radice comune tra ecumenismo ed ecologia, dunque facendo riferimento alla radice “eco”, che deriva dal greco “òikos”, ovvero casa.

Nel corso dei decenni, in particolare negli anni ’90, il cammino ecumenico continua, per esempio con il Percorso Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato, promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese e con l’attiva partecipazione della Chiesa Cattolica e, come ha raccontato Morandini, si intensifica a partire dal 2015, a seguito dell’Enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco che promuove un fitto dialogo intercofessionale tra le chiese. «Attualmente – ha raccontato – l’iniziativa “Il Tempo del Creato”, inizialmente lanciata dal Patriarca di Costantinopoli, è gestita ecumenicamente e ogni anno il tema viene scelto da una Commissione ecumenica. Certamente, però – ha precisato Morandini – a fronte di questo grande dialogo si registrano anche tante emergenze e il grido stesso dell’umanità per il problema del clima e dell’ambiente». Emergenze che, secondo il relatore, «necessitano di un attivo impegno da parte dei cristiani delle diverse confessioni e un significativo investimento di sforzi da parte delle Chiese, perché il tempo stringe, perché la biodiversità sta cedendo e non possiamo permettercelo».

Alla domanda se e come le Chiese cristiane possono, insieme, arrivare a stimolare l’azione politica in favore del Creato, i relatori hanno risposto che «di fatto già si sta facendo», in particolare se si pensa alle azioni di lobbying, talvolta anche efficaci, delle chiese in occasione di importanti Meeting internazionali, come per esempio la Cop di Parigi del 2015. In quell’occasione, infatti – ha raccontato sempre Simone Morandini – «accanto alla Laudato Si’ c’è stata anche un’azione convergente di Bartolomeo, del Consiglio Ecumenico delle Chiese e anche un’interessante sinergia di altre confessioni come l’ebraismo, l’islam, la religione Indu e i buddisti. Ciò dimostra che quando le varie religioni sanno comunicare in modo efficace allora anche le istituzioni rispondono e questo può essere per noi italiani un importante esempio per quanto riguarda la questione nazionale, dove ancora molta politica tende a voler camminare da sola».