Il 7 ottobre 2023 ho partecipato con grande piacere al Convegno interregionale del Meic Democrazia e Sinodalità. La sfida della partecipazione. Si erano appena aperti, il 4 di ottobre, i lavori del Sinodo sulla sinodalità 2021-24 e, mentre ci immergevamo nelle riflessioni sulla Chiesa, la democrazia e il mondo, si compiva – e in quel momento ne eravamo ignari – un’azione terribile in Medio oriente, l’innesco di un conflitto e di una disumanizzazione inaudita che ci lascia tutt’ora senza parole. A fronte di un evento senza proporzione, anche il ripensamento sull’essere Chiesa, e sul come esserlo, si carica di pesantezza, di incertezze, sulla parola di speranza efficace che vogliamo, come cristiani, portare ai nostri fratelli in questo tempo.
Eppure, non possiamo e non vogliamo sottrarci al compito, alla missione che ci è propria.
Missione: filo rosso del Sinodo
Ed è proprio la missione il filo conduttore della Relazione di sintesi dei lavori del Sinodo adottata al termine di questa fase assembleare, il 28 ottobre scorso: missione declinata in un ampio documento in tre parti e una conclusione che getta un ponte per la futura sessione, conclusiva, nel prossimo ottobre 2024.
Missione è l’annuncio, la comunicazione di quella buona notizia trasmessa dagli apostoli e fino a noi, che è Gesù Cristo, la sua salvezza, la speranza di una vita piena per tutti con Dio; missione è mostrare che siamo testimoni di una trasformazione della nostra umanità o, meglio, di una trasfigurazione che non può essere taciuta e che ci fa vivere in un “noi”, costruito nel mondo, per pensarlo come suggerisce la Lettera a Diogneto, su fondamenta non del mondo.
Missione è compito, è mettersi sulla strada (“strada insieme”, come nel significato originario della parola greca syn-o-dòs), fare sinodo, essere sinodalità come condizione dell’essere battezzato. Ed è proprio su questo punto – il caso serio del battesimo! – che si gioca, a mio parere, tutta la riflessione che già precedeva i lavori della sessione conclusa, che ritorna nella relazione di sintesi, e che potrebbe essere acquisita come il lavoro di approfondimento per questo anno di attesa.
Qualche riflessione (e qualche variazione) su questo tema. Chi fa strada insieme? Il richiamo è evangelico: Gesù sulla strada incontra, guarisce, lascia parlare e conforta, fa comprendere, ospita con le sue parole e i suoi gesti chiunque voglia ascoltare e avvicinarsi. E non è sempre facile: sappiamo che possiamo anche camminare accanto a Gesù che racconta la sua e nostra storia e non ce ne accorgiamo, chiusi nelle nostre disperazioni, come i due discepoli sulla strada di Emmaus. Tuttavia è possibile lasciarci coinvolgere dal racconto e trovare la forza di trattenere Gesù a cenare con noi. Non è sufficiente trovarsi sulla stessa strada: occorre lasciar parlare l’altro, lasciarsi accompagnare.
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Articolo di Monica, Teologa della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e Issr di Torino