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L’evento del Meic Potenza sulla “partecipazione come valore civile ed ecclesiale”

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Si è svolto lo scorso lunedì 7 ottobre l’incontro “La partecipazione come valore civile ed ecclesiale”, organizzato dal gruppo diocesano del Meic di Potenza, presso il Palazzo vescovile del capoluogo della Basilicata. L’evento è stato a cura di Piero Bongiovanni, delegato regionale Meic Basilicata, e di Michele Gilio, presidente del gruppo Meic della Diocesi di Potenza.

Il gruppo Meic di Potenza, proprio a margine dell’incontro sul tema della partecipazione quale valore costituzionale ed ecclesiale, ha ribadito il proprio impegno a servizio della comunità civile e della Chiesa diocesana di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo che, sotto la guida del proprio pastore, è impegnata a proseguire il cammino sinodale intrapreso e si appresta a vivere l’imminente stagione giubilare con spirito rinnovato e aperto ai doni dello Spirito. Fedele alla sua identità, il Meic è impegnato ad animare i luoghi della partecipazione in spirito di servizio e nella consapevolezza del ruolo che il Concilio ha riconosciuto ai laici nella Chiesa. La dimensione della partecipazione, nel suo significato più profondo, si realizza nella corresponsabilità, nella distinzione e nella specificità dei ruoli, e richiede che le strutture di partecipazione volute e disciplinate dalla disciplina canonistica prima e dai documenti sinodali dopo (Sinodo diocesano anni 90) trovino concreta attuazione. Insegna il Concilio che i laici “Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo” (Lumen Gentium 37).

Qui di seguito riportiamo la relazione tenuta proprio dal presidente Gilio.

La partecipazione come valore civile

Si parla tanto di partecipazione, soprattutto quale componente essenziale della democrazia, sia nella forma della democrazia diretta [(referendum artt. 75-123-132-138 Cost., iniziativa legislativa popolare art. 71 Cost. e petizione polare art. 50 Cost.)], sia nella forma della democrazia rappresentativa (organi e istituti che traducono la forma di governo). Il peso della partecipazione è determinante in democrazia, perché la qualifica e la caratterizza. Più i cittadini (sia come singoli sia come parte di formazioni sociali, compresi i partiti) partecipano maggiore sarà la democraticità del sistema. In tal senso, la democrazia non è un concetto astratto ma, al contrario, essa è dotata di forza propria, che deriva dai valori che in essa (e attraverso di essa) si affermano e si custodiscono e, per questo, esige cura e attenzione costanti. Lo scenario attuale è connotato da un distacco sempre maggiore tra istituzioni e cittadini, sfociato nell’affermazione di un sentimento crescente di sfiducia nella politica e di disincanto nella rappresentanza dei partiti.

Lo stesso papa Francesco ci ricorda come l’effetto della crisi ma anche la salvezza della democrazia è proprio la partecipazione condivisa e la pratica di processi di corresponsabilità, messi in opera da parte di quei «poeti sociali, che a modo loro lavorano, propongono, promuovono e liberano [per rendere] possibile uno sviluppo umano integrale. […] senza di loro “la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino (Fratelli tutti, 169).

Quando la Costituzione all’art. 3 (che declina il principio di uguaglianza) parla di partecipazione ne parla come di fine della Repubblica teso a rimuovere ciò che ostacola il pieno sviluppo della persona, quindi di realizzare il principio personalistico. Compito della Repubblica come riflesso dello sviluppo della persona umana. La partecipazione come valore costituzionale non ha senso solo in una dimensione politica ma emerge quale valore antropologico perché orientata all’umanizzazione dei rapporti sociali ed economici. La democrazia sostanziale pensata dai costituenti non vive solo nella sfera istituzionale ma deve pervadere l’organizzazione della società, facendosi forma di vita, in senso non occasionale, ma nel senso di rendere vivibili e umanizzati i luoghi dell’abitare e del vivere umano quali la scuola, i luoghi di cura, i luoghi di lavoro, le parrocchie ecc…Quando la Costituzione fonda la democrazia sul lavoro vuole poggiare l’architettura istituzionale del nostro ordinamento sulla diffusione del contributo dei cittadini al benessere sociale e materiale della società. (Gli spunti contenuti nella prima parte della relazione sono tratti da un articolo del Prof. Filippo Pizzolato, Docente di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Padova, pubblicato sul n. 1/2024 di Coscienza).

La democrazia costituzionale è partecipazione politica, sociale ed economica.

La partecipazione politica è costruire dal basso attraverso il riconoscimento della rilevanza pubblica dell’iniziativa dei cittadini singoli e associati (sussidiarietà orizzontale). Secondo l’art. 118, quarto comma, Cost. lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

La partecipazione sociale è valorizzazione di quei fenomeni di nuova solidarietà, a carattere diffuso, un tempo indifferenti per l’ordinamento giuridico, riconducibili al terzo settore e al mondo del volontariato organizzato più in generale. Infatti, la disciplina organica della materia rinveniente dal D. Lgs. n. 117/2017 (Codice del terzo settore) prevede strumenti quali la co-programmazione e la co-progettazione in tutte le attività di interesse generale, sia per quanto riguarda la individuazione dei bisogni da soddisfare, sia le modalità da seguire per la realizzazione degli stessi. La stessa Corte costituzionale ha definito in modo puntuale il ruolo strategico del terzo settore per l’economia e la qualità della vita democratica del nostro Paese. Come specificato in importanti decisioni, la cura dell’interesse pubblico non è monopolio dell’istituzione pubblica ma coinvolge altri paradigmi (in particolare la n. 72 del 2022 e n. 191 del 2022). Importanti, al riguardo, le affermazioni nella giurisprudenza della Corte sul “volontariato” che così si possono riassumere “apertura ai bisogni dell’altro che sottolinea la natura relazionale della persona umana”; “apertura che dà un senso alla propria esistenza aprendosi ai bisogni dell’altro” (sentenza n. 72 del 2022).

La partecipazione economica è la nota dolente, largamente inattuata, un esempio per tutti il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’azienda di cui all’articolo 46 Cost.

L’impianto costituzionale che abbiamo sommariamente descritto naturalmente cammina sulle gambe delle persone ed ha bisogno di alcune ineludibili condizioni.

Partecipare significa conoscere, si perché senza conoscenza si diventa spettatori, non si contribuisce nella costruzione di progetti, di percorsi, si ratificano decisioni di altri. E per conoscere è necessario attività di studio e di approfondimento perché la presenza diventi consapevolezza.

In tal modo partecipare diventa comunicare qualcosa, a partire dall’originalità del proprio contributo come manifestazione dell’unicità della persona, che non trova una replica in altri ma si colloca in una dimensione di valorizzazione delle differenze, in una relazione di parte con il tutto capace di produrre crescita collettiva.

Partecipare è esercizio di cittadinanza responsabile nel senso di partecipare in prima persona alla costruzione del futuro, elaborare risposte, spronare le Istituzioni ad intervenire, sentire l’urgenza di dover fare la propria parte per migliorare gli ambienti di vita, in una parola non rimanere in silenzio.

Partecipare è poi camminare insieme a partire dai contesti dove ciascuno è chiamato ad operare, perché la partecipazione non è lontana da noi ma è con noi, ovunque si svolge la nostra vita. Camminare insieme perché i cammini solitari non ci portano da nessuna parte e perché è indispensabile farsi carico delle esigenze e dei bisogni degli altri.

Infine, per noi credenti partecipare è uscire da se stessi, dare qualcosa di se, donare qualcosa a qualcuno, è farsi prossimo, è dare una testimonianza della propria fede, è dare corpo alla speranza, ma è essenzialmente esercizio e testimonianza di carità, tutte direttrici privilegiate della nostra chiamata alla santità nel concreto della storia, perché, credo, questo ci chiede la Chiesa, questo ci chiede la Parola rivelata, questo ci chiede il Concilio. Ma soprattutto questo ci chiede la nostra identità di laici.