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Un cardinale per amico

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“Roberto Repole cardinale, in diretta radio pochi minuti fa”.

Ore 12.25 di domenica 6 ottobre, nella chat “MEICheniente a Torino” arriva la notizia che mi riempie di stupore, gioia e gratitudine.

Sono trascorsi solo 2 anni e mezzo da quando l’ex assistente del Meic di Torino e Preside della sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, già Presidente Associazione Teologi Italiani, è stato nominato Arcivescovo delle Diocesi di Torino e Susa. Ed ora la notizia di questa nomina.

Difficile fissare un fermo-immagine dei tanti pensieri e ricordi che si sono susseguiti nella mente da mezzogiorno in poi, per condividere questa gioia con le amiche e gli amici del Meic. Molti potranno tracciare meglio il profilo biografico e teologico, io riesco solo a condividere l’esperienza di don Roberto prete e di don Roberto arcivescovo

Innanzitutto l’esperienza di don Roberto, assistente del Meic.

Don Roberto Repole è stato l’assistente da cui ho appreso, con le amiche e gli amici del Meic torinesi, due atteggiamenti essenziali: l’umiltà e il dono. Due parole-chiave oggetto della sua ricerca teologica, raccontate anche in due pubblicazioni “divulgative” (Dono e L’umiltà della Chiesa) e che in qualche modo indicano anche la parabola della presenza di don Roberto nel Meic di Torino. Perché è l’attenzione al “pensiero umile” che ce lo ha fatto incontrare già nel 2009 ed è alla categoria del “dono” che ci siamo aggrappati per leggere il cambiamento di due anni fa, quello in cui lo abbiamo “perso” come assistente per guadagnarlo come pastore.

E sono sempre queste due categorie che hanno determinato il modo in cui ha interpretato il ruolo di assistente, ruolo fatto di una vicinanza discreta di chi resta più volentieri un passo indietro per “assistere”, ma che ne fa 2 avanti, se cercato e interpellato, o se ne intuisce il bisogno. Una discrezione che trapela plasticamente anche dalle foto di gruppo: don Roberto è quello che si mette sempre in ultima fila, che fa spazio agli altri prima che a se stesso. Ma che non rinuncia a dire, e dire bene, quando serve.

Una sapiente alternanza, la sua, di silenzi e parole, efficacemente sintetizzata nell’omonimo percorso da lui guidato negli anni in cui è stato assistente del Meic di Torino.

Foto della Diocesi di Torino

Di questa esperienza, Silenzi e Parole, è bello rileggere in senso diacronico i temi delle meditazioni che ci ha proposto nel tempo, per ripercorrere il senso del cammino percorso insieme: I Volti della Trinità; Misericordia e dono;Prima della creazione del mondo; Siamo veramente liberi? Si può ancora avere fede? Discepoli e missionari: trasmettere la fede oggi; Temi teologici in papa Francesco (Il volto di Dio; La vita della Chiesa; La missione della Chiesa); la pace (La pace come dono di Dio; Rimanere nella pace); Il principio di fraternità (Spunti teologici sul principio di fraternità; una fraternità a partire dagli ultimi)

Un’altra esperienza di don Roberto Repole è l’amicizia in Cristo, quel suo accompagnamento in tutte le esperienze personali, familiari o professionali in cui gli si chiedeva un consiglio, un supporto, una parola buona. Per me è stato particolarmente significativo essere onorata dalla sua presentazione al mio libro del 2013 su “La santità di Giovanni Paolo II”. Rileggendola oggi, mi sembra molto significativo veder sottolineati due temi: la centralità del Concilio Vaticano II e la necessità di una riforma nella Chiesa.

Significative per me queste sue parole (per quanto si tratti di temi meglio organizzati in specifici trattati teologici), perché ho potuto constatare come sia stato proprio questo il suo primo impegno da pastore della Chiesa di Torino: ripensare la chiesa torinese, in questo tempo, alla luce dello spirito del Concilio.

In questi due anni e mezzo l’Arcivescovo Roberto Repole ha avviato un processo partecipato di ascolto delle comunità di Torino e Susa, che è partito dalla ricerca dei “germogli” da cui far sbocciare il futuro delle due comunità attraverso la definizione delle linee di riorganizzazione delle strutture ecclesiali, sia la curia sia le parrocchie, nella cui gestione si riconosce un ruolo di maggiori responsabilità a laici adeguatamente formati. La lettera pastorale che ha dato il via alla riorganizzazione della chiesa torinese è del 2023, solo un anno dopo la sua ordinazione, un anno “pieno” in cui il ritmo delle attività e iniziative di consultazione è stato intenso, sia a livello diocesano, sia nelle varie realtà associative e parrocchiali in cui si sono susseguiti diversi momenti di partecipazione. Bello trovare in questa lettera altre parole chiave delle sue meditazioni al Meic, parole belle come la “fraternità” della comunità cristiana, da lui considerata come il vero banco di prova della riforma che si va preparando.

Un’esortazione in qualche modo completata dalla recente Lettera Pastorale sulla carità e sulla fede del 2024, appena pubblicata, che sottolinea la natura ineliminabile della carità perché “costitutiva della vita della Chiesa”, in quanto riverbero della carità di Cristo.

Perderlo come assistente ha significato davvero guadagnarlo come pastore. Un pastore che si può incontrare in molti luoghi e occasioni: nei momenti liturgici forti, come nelle meditazioni mirate (bellissime quelle rivolte ai giovani che lo hanno accolto in modo inaspettatamente positivo), nelle visite pastorali nelle parrocchie di montagna, come negli incontri interassociativi in città.

Foto della Diocesi di Torino

Ovunque c’è una costante dell’Arcivescovo Roberto Repole: il suo sorriso, quello che ti riserva, se ti scorge tra i banchi di una chiesa (anche se in processione), quando ti incontra nei luoghi più insoliti o con le persone più improbabili, che in modo copioso girano in tanti dei nostri ambienti.

Ed è bello che seppur a distanza non ha mai dismesso il ruolo di amico, la cifra che caratterizza tanti nostri assistenti e parroci, e la cui presenza è stata piena, sia nella gioia che nel dolore che inevitabilmente segnano la vita di tutte le famiglie e le associazioni.

E’ stato emozionante, dunque, aver sentito il suo nome dopo quello dei cardinali provenienti da diocesi in Iran, Costa d’Avorio, Brasile, Perù… le chiese degli ultimi, le chiese di minoranza, quelle perseguitate, quelle non in pace.

Non so cosa significa, in questa Chiesa contemporanea, la porpora cardinalizia. Non so cosa significa esattamente aiutare il Pontefice nel prendersi cura della Chiesa universale tutta, ma so che le parole chiave che guideranno il cardinal Repole non saranno diverse da quelle che hanno sempre caratterizzato i suoi studi e la sua vita di sacerdote e pastore: Silenzi e Parole, Dono e Umiltà, Fede, Speranza e Carità, Chiesa e Missione, Pace e Fraternità.

Articolo a cura di Maria Bottiglieri, socia del gruppo Meic di Torino (già Presidente Diocesana gruppo Torino e già Consigliera Nazionale)

Nella foto in evidenza: l’Arcivescovo Roberto Repole con il gruppo Meic Torino nel 2022, un mese prima della sua ordinazione