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Gli Armeni: storia, cultura e testimonianze nell’incontro del Meic Calabria

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Può capitare di riuscire, a volte, ad aprire le porte di alcune asettiche aule universitarie e di unire ai moti dell’anima  quelli della ricerca, dello sforzo di leggere in modo compiuto e globale fatti e accadimenti che sono accaduti o che stanno accadendo dall’altra parte del mondo ma che, seppur distanti, ci riguardano. Così il professore Marco Rovinello dell’UNICAL nel momento del saluto che ha concluso la giornata di studi sull’Armenia svoltasi l’8 maggio scorso,  su iniziativa congiunta dell’Università della Calabria, del MEIC Calabria e dell’Ambasciata armena in Italia.

Durante l’incontro si sono susseguiti il metodo interdisciplinare e quello multiculturale dell’Università, evidenziati dal direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’UNICAL, il professore Ercole Giap Parini, il messaggio  fatto pervenire dalla prorettrice dell’Ateneo, la professoressa Patrizia Piro e la sensibilità del MEIC calabrese e di quella del Presidente nazionale del MEIC, Luigi D’Andrea, docente all’Università di Messina, che ha sottolineato la valenza  della giornata di  studio in una prospettiva ecumenica. Tutti gli interventi, dunque, hanno concorso nel  porre  al centro dell’attenzione dell’uditorio, in presenza e on line, le vicende tutte del popolo armeno.

Tutto ha concorso anche a respingere la volontà di qualcuno di opporsi allo svolgimento della giornata di studio, temendone le modalità e il linguaggio con i quali avrebbero potuto svolgersi i lavori. L’Università calabrese, infatti, ha risposto alle contestazioni indicando che il perimetro della ricerca scientifica sarebbe stato attentamente salvaguardato rispetto alle vicende politiche e che, pertanto, lo sforzo accademico sarebbe stato portato, comunque, avanti.

I nodi centrali della riflessione sono stati suddivisi in due parti.

Nella prima parte sono stati illustrati gli studi sulla storia armena, divisa, secondo i tempi considerati salienti, in tre momenti: il tempo dell’età tardoantica e dell’età bizantina, il tempo del genocidio e il tempo delle vicende del Nagorno-Karabakh.

La seconda parte è stata invece dedicata alla cultura armena e alle narrazioni.

La prima parte, guidata dal professor Vittoro Beonio Brocchieri dell’Università della Calabria, articolatasi in tre interventi tenuti da illustri studiosi italiani, si è aperta con il contributo del professor Giacchino Strano, dell’Università di Catania, il quale, prese le mosse dallo sforzo riorganizzativo dell’Impero condotto da Giustiniano a partire dal VI secolo, ha indicato come l’Imperatore fu costretto a coinvolgere gli Armeni in tale iniziativa di riordino e come tutto ciò nel tempo ha facilitato la presenza degli Armeni in Sicilia e in Calabria: per sfuggire all’invasione araba, tanti bizantini, in fuga dalle terre armene, giunsero nelle nostre regioni. Di tale insediamento restano preziose, ma lievi tracce; queste sono oggi oggetto di studio della Toponomastica, della Numismatica e dell’Archeologia.

A seguire si è avuto il contributo del professore Marcello Flores, dell’Università di Siena, sulla terribile e infausta vicenda, nota al mondo come “il genocidio”, espressione contestata dai Turchi anche in tempi recenti, quando fu usata da Papa Francesco. Inserito il genocidio nel contesto più ampio del timore dell’Impero Ottomano di perdere  terreni, il professor Flores si è soffermato a lungo sull’obiettivo centrale dei Turchi di rendere l’Anatolia una terra esclusivamente  turca e  sulle relative conseguenze che tale obiettivo determinò in termini di pulizia etnica per cancellare gli Armeni e ogni loro traccia di esistenza.

Ha concluso i lavori della prima sessione il professore Aldo Ferrari, dell’Università di Venezia, che si è soffermato sulle vicende odierne del Nagorno – Karabakh e sul fatto delicatissimo che le relazioni tra l’Armenia e la Russia, tra il 2018 e il 2020, si sono incrinate. In precedenza l’Armenia aveva chiesto aiuto alla Russia per difendersi dalla Turchia, procurandosi così un robustissimo alleato. La rottura di queste relazioni, a parere del relatore, è stata un gesto di ingenuità commesso dagli Armeni, probabilmente fatale per la loro sopravvivenza, minata radicalmente dagli Atzeri: il 19 settembre 2023, infatti, questi hanno attaccato gli Armeni fino a determinarne la decisione di abbandonare la loro terra. Gli Armeni non hanno opposto azioni belliche all’aggressione subìta, ma hanno preferito optare per l’esodo dalla propria terra con perdita totale di ogni loro bene, del lavoro, del patrimonio artistico, costituente il segno peculiare dell’identità di ogni popolo e, nel caso degli Armeni, della loro storia millenaria.

Nella prima sessione dei lavori, si è registrato anche l’intervento dell’Ambasciatrice armena in Italia, Tsovinar Hambardzumyan, la quale ha avuto parole di gratitudine per l’Italia per il sostegno ricevuto a favore  dell’Armenia e parole di accorato ringraziamento per gli organizzatori del convegno  ricordando a tutti  che la grande forza dell’Armenia è stata e rimane solo la cultura. Nel corso della giornata è stata donata all’Ambasciatrice una targa da parte dell’Associazione Amici dell’UNICAL e riconosciuto alla stessa lo status di socia onoraria.

La seconda sessione dei lavori è stata invece guidata e coordinata dall’ingegner Paolo Restuccia, Delegato regionale MEIC per la Calabria, il quale ha sottolineato che il MEIC Calabria si è interessato all’Armenia perché, in un momento in cui si aprono e consumano sempre più guerre, il popolo armeno ha adottato la linea della non-belligeranza rispetto all’aggressione atzera ultimamente subita. Tutto ciò – ha più volte ribadito Restuccia – è stato attuato dall’Armenia per difendere la vita dei suoi figli più giovani e quella dei figli dei suoi avversari. Una condotta, questa, che si pone diametralmente all’opposto di quello che avviene sui tanti fronti di guerra oggi esistenti nel mondo.

Sempre la seconda sessione si è aperta con l’intervento del professor Marco Ruffilli dell’Università di Venezia, che si è a lungo soffermato sulla distruzione del patrimonio artistico armeno, sulla volontà del suo nemico di cancellare le vestigia di un popolo, sull’attuale assenza di difesa, da parte di chicchessia, di beni così straordinariamente importanti per la storia degli Armeni e non solo.

I lavori sono poi proseguiti con l’intervento dell’ingegner Boris Ghazarian, armeno, oggi imprenditore negli USA. Un intervento appassionato, fatto di memorie relative alla persecuzione vissuta in prima persona dallo stesso, e fatto di resilienza, di capacità di resistere all’orrore vissuto, di rialzarsi e ripartire ogni qualvolta la vita lo vedeva perdente. Uno stile di vita e una tenacia che oggi lo portano, come testimone di questi, nelle scuole americane presso le quali è invitato a tenere corsi di resilienza.

Hanno concluso i lavori due esponenti dell’Associazione Armeni di Calabria: la dottoressa Tehmina Arshakyan e il dottore Sebastiano Stranges, i quali hanno condotto l’uditorio lungo il percorso di nascita dell’Associazione che rappresentano, sui luoghi ritenuti abitati e vissuti dagli Armeni e si sono soffermati sul linguaggio che ancor oggi rimane un mezzo molto eloquente rispetto a tale preziosa presenza. Un intervento, quest’ultimo, fatto di toni delicati e drammatici, nostalgici e orientati al recupero della memoria di ogni segno armeno in Calabria, in grado di indicare che non è importante solo l’essere nato in un punto della Terra per essere considerato figlio di quel sito ma che la cura di quel luogo genera una relazione di figliolanza parimenti intensa.

Lucia Bellassai