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Trieste 2024. Una proposta per l’impegno dei cattolici: passare dal sociale alla politica

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Il documento preparatorio della 50° settimana sociale di Trieste 2024 è una sfida esigente che richiede una risposta all’altezza. È per questo che la nostra Commissione della Consulta nazionale aggregazioni laicali (Cnal) “bene comune” intende portare il suo contributo di idee e proposte, anche con qualche testo scritto.

Gli obiettivi indicati dal documento non sono generici e superficiali ma realistici e incisivi e riguardano i vari aspetti del vivere civile. Tra questi obiettivi spicca l’invito alla partecipazione e alla ricerca del dialogo, la scelta dell’inclusione e della solidarietà, l’apertura al mondo giovanile, il ruolo decisivo della formazione, la promozione dell’ambiente e molti altri. Sono tutti temi importanti.

Nella filigrana di questi intendimenti lodevoli, avverto però una tentazione che regolarmente si ripete nelle ultime settimane sociali.

La tentazione è il prevalere di una spiccata tensione al “sociale” che pensa di supplire al limiti della politica, relegando questa ad un ruolo di secondo piano e ritiene così di stare con la “coscienza a posto” avendo fatto tutto quello che si doveva per il bene del prossimo.

Vogliamo riaffermare la dignità della politica

La partecipazione politica non è sinonimo di partecipazione sociale.

L’impegno nel sociale è un libero atto di bene che aiuta il beneficato e santifica il benefattore, ma non sostituisce il dovere di garantire la ricerca operante del diritto di giustizia che spetta a ciascuno e che appartiene propriamente alla politica.

Non voglio negare il significato straordinario dell’impegno sociale, in cui i cattolici sono insostituibili. Voglio solo riaffermare la dignità della politica, che per me significa intuire quale è il corso della storia e contribuire -non da soli- a determinarlo con intelligenza e tensione morale, nel modo che risponda di più al progresso della dignità di ogni uomo.

Quello che chiamerei “il titolo ad occuparci del Paese” è nel Dna del movimento cattolico. Non ci appartiene per una tradizione pur gloriosa e nemmeno per ricoprire una presenza o occupare degli spazi. Ci appartiene come servizio alla società e perchè “la politica è la più alta forma di carità” (Paolo VI).

Politica: la vocazione “alta” del cristiano

Parlare di politica significa prima di tutto riscoprire la “vocazione alla politica” come dimensione fondamentale del cristiano. La fede non isola l’uomo, ma crea piuttosto comunione tra gli uomini ed è garanzia dei valori umani e del progresso civile. L’esperienza cristiana in politica deve pertanto essere sentita come mutamento dell’esistente per il bene di tutti “nel suo significato morale e sociale” (A. Moro).

Quando si parla di politica si pensa spesso a scelte chiare, capaci di tradurre nei fatti i propri valori. Ma una cosa è enunciare teoricamente una verità, altro è tradurla in pratica. Così di volta in volta il cristiano impegnato in politica ha la necessità di ricercare la mediazione più opportuna perchè un principio possa essere -con misura, tatto e responsabilità – presentato a tutti e trovare alleanze.

“Se vogliamo essere apportatori di un valore “nostro” alla politica, se vogliamo portare il patrimonio dell’identità cristiana nella politica, è necessario ricordare che le nostre idee le dobbiamo portare al confronto e alla collaborazione con tutti, sapendo che vi è una radice comune percui si può fare, nel segno della libertà, un cammino insieme.” (A. Moro)

Penso che questa sia propriamente la “vocazione cristiana alla politica.

La politica richiede, a mio parere, di individuare due livelli di intervento: il perimetro delle idee e l’agenda dei problemi. Entrambe le cose sono necessarie.

Arrivare preparati all’impegno politico

Un fatto che mi ha sempre colpito dell’apporto dei cattolici alla Costituente e alla nascita della Repubblica fu che essi vi arrivarono preparati, con un preciso progetto sulla legge fondamentale dello Stato e sulla democrazia. In questo caso, il perimetro delle idee e l’agenda dei problemi furono presenti ai più alti livelli di responsabilità.

Immagino per noi, allora, una azione di pedagogia civile“, di formazione alla politica da indirizzare secondo tre riferimenti:

  • 1) il principio di “non appagamento” che è la idealità cristiana e la necessaria tensione spirituale;
  • 2) il richiamo alla responsabilità politica, alla competenza, alla credibilità, allo studio, al rigore morale;
  • 3) il realismo delle scelte che indica il limite dell’azione politica. Perchè c’è sempre un “al di là della politica” da rispettare (A. Moro).

Dall’esperienza nella Cnal, una proposta

La mia proposta, per la settimana sociale di Trieste, è sviluppare lo “spazio di riflessione ” sui temi della politica che “insieme” a vari Movimenti e Associazioni abbiamo aperto nella Cnal. E portare avanti il lavoro con serietà e coraggio, anche attraverso la presenza ai laboratori della partecipazione proposti dal documento preparatorio. Perchè serve -prima di tutto- creare un luogo di dialogo tra i cristiani sui problemi del vivere civile e della politica.

Gli argomenti da affrontare sono quelli indicati dal documento preparatorio. Ma molti altri si possono aggiungere.

Lo stile è quello del confronto, della competenza, della partecipazione, della corresponsabilità.

È necessario recuperare una nuova soggettività del laicato cattolico nella politica italiana, rilevando che ciò che manca oggi alla politica è la forza delle Associazioni cattoliche, che sono sempre state in grado di raccogliere il pensiero culturale e religioso e trasformarlo in attività sociale e politica. La storia dei Laureati cattolici è lì a testimoniarlo.

Serve infine che il lavoro “per Trieste 2024” non sia episodico o elitario, ma stimoli un grande movimento popolare di partecipazione e corresponsabilità: sia prima, sia soprattutto l’evento di Trieste.

Gianfranco Tonnarini
Meic e Direttivo Consulta nazionale aggregazioni laicali