di GIANDIEGO CÀRASTRO
“La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini… tratta della convivenza dei diversi… nasce tra gli uomini… nasce nell’infra e si afferma come relazione”. Luciano Manicardi cita H. Arendt nelle pagine iniziali di “Spiritualità e politica”, aggiungendo che “nello spazio vuoto tra gli uomini, tra me e l’altro, tra me, l’altro e il terzo, tra noi e gli altri, dunque nello spazio interpersonale e sociale, la politica incontra anche la dimensione spirituale”.
La convivenza politica tra diversi in Europa è stata per decenni garantita dalla forma della democrazia rappresentativa e dallo Stato di diritto. Oggi questo assetto è scosso dalla diffusione di nuove diseguaglianze su scala globale, dagli effetti sociali del cambiamento climatico, dal fenomeno delle grandi migrazioni, dal radicarsi del paradigma dell'”intelligenza artificiale”. Dinanzi a queste novità epocali, siamo tentati di arroccarci in un pensiero neo-autoritario, populista, nostalgico e pre-conciliare, in fondo ostile verso le libertà ed il pluralismo. Oppure possiamo innescare insieme nuovi scenari civili, facendo leva sulla facoltà di cui scrive sempre Manicardi: la immaginazione.
Occorre, allora, immaginare nuovi orizzonti democratici. In realtà, non occorre “scervellarsi “troppo, perché basterebbe mettere a fattor comune le tante prese di posizioni che, in modo sinora isolato, si sono susseguite a favore della cosiddetta democrazia deliberativa. Proprio su questo tema, il MEIC ha avviato una riflessione nel 2018 con l’intervento di Rosy Bindi alla Settimana di Camaldoli. Anche altri soggetti culturali hanno iniziato a dare attenzione a queste tematiche: ACI, ACLI, Argomenti 2000 (gruppo Democrazia di prossimità di Argomenti2000 Senigallia), Bene Comune, C3dem, Connessioni, Tuttavia…
La democrazia deliberativa si caratterizza per essere basata su percorsi partecipativi strutturati in cui ogni persona può vedere riconosciuto il proprio punto di vista e può essere messa nelle condizioni di ascoltare i punti di vista degli altri. I percorsi partecipativi sono condotti, per un periodo di due-tre mesi, da un coordinatore distinto dal decisore pubblico e che sia esperto nella facilitazione ed equidistante dalle parti in causa che, nel processo, si incontrano, confrontano ed a volte si scontrano. I partecipanti non votano, ma si ascoltano. La democrazia deliberativa “esalta” il contributo degli esperti (docenti universitari, tecnici, etc), ma anche dei contro-esperti, senza dimenticare il “sapere comune” che proviene dai cittadini. La democrazia deliberativa, infine, prevede che i decisori pubblici prendano sul serio gli argomenti dei partecipanti, assumendosi l’impegno di specificare in pubblico quali proposte emerse dal processo saranno accolte e quali rifiutate, indicandone le motivazioni.
Sembra fantademocrazia: eppure il nostro Paese da decenni è attraversato, benché in sordina, da esperimenti di innovazione democratica sulla scia deliberativa! Qui ricordo i dibattiti pubblici svolti sulla Gronda di Genova (2009), sul porto di Livorno (2016) e sull’utilizzo dei gessi rossi per il ripristino di una cava a Gavorrano, nel grossetano (2017). In questi ultimi due casi, i processi sono stati agevolati grazie alla presenza di una specifica legge regionale toscana (la n. 46 del 2013). Anche la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Trento, la Regione Puglia si sono recentemente dotate di strumenti legislativi capaci di innescare nuovi processi partecipativi.
Nel confronto che si è aperto verso Camaldoli 2019 Paolo Daccò ha chiesto di sostenere la proposta di legge sui beni comuni. Ecco, io vorrei collegarmi a questa idea, proponendo di dar vita ad una coalizione plurale (tra MEIC, Argomenti2000, Acli, Aci, Tuttavia, Bene Comune, C3dem, Connessioni etc) sia sulla proposta promossa dal giurista Rodotà, sia sulla immaginazione di nuovi incubatori di processi partecipativi inclusivi, deliberativi, capaci di influenzare le politiche pubbliche, dimostrando così la plausibilità della rigenerazione della nostra partecipazione democratica e repubblicana. #camaldoli2019
(L’autore è impegnato nell’associazione di amicizia politica Argomenti2000 ed è dottorando all’Università Politecnica delle Marche in Scienze della vita, curriculum in Protezione civile e ambientale, con un progetto di ricerca sul dibattito pubblico prima di una grande opera)