Sull’attuale situazione politica e istituzionale italiana abbiamo rivolto alcune domande al direttore di Coscienza, il professor Renato Balduzzi, noto costituzionalista e presidente nazionale del Meic dal 2002 al 2009.
Professore, che cosa sta succedendo? Il Capo dello Stato accusato di “tradire” la Costituzione perché ricorda che è sua prerogativa nominare il Governo e verificare, in caso di crisi, se il Parlamento sia o meno in grado di esprimere una maggioranza.
Il presidente Napolitano non ha fatto altro che ricordare, a tutti, che l’Italia è una repubblica parlamentare, nella quale cioè è compito del Capo dello Stato verificare se esista in Parlamento una maggioranza capace di sostenere il governo. Tradisce la Costituzione e attenta ad essa chi la confonde con il testo bocciato nel referendum costituzionale del 2006. Quello sì che prevedeva la fuoriuscita dalla forma di governo parlamentare e dava al cosiddetto Premier il potere di mandare tutti a casa da solo. Ma gli italiani, nonostante la contrarietà di parte del centro-destra e il sostegno tiepido di parte del centro-sinistra, confermarono la fiducia nella Carta: furono la società civile, i gruppi di base, l’associazionismo diffuso (mi piace ricordare anche l’impegno del Meic) a “salvare” la Costituzione.
Eppure, anche alcuni costituzionalisti stanno sostenendo che la sola alternativa alla crisi dell’attuale governo sarebbero le elezioni anticipate, perché diversamente si tradirebbero la “costituzione materiale” e la sovranità popolare…
Si scambiano i propri auspici e i propri orientamenti politici con le regole costituzionali. La cosiddetta costituzione materiale altro non è che il consenso politico-culturale attorno alla Costituzione formale. Non c’è in Italia tensione tra l’una e l’altra, lo ha confermato appunto il referendum del 2006. Quanto alla sovranità popolare, essa si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, come dice con chiarezza l’art. 1: tra le forme e i limiti, ci sono naturalmente il Capo dello Stato e le altre istituzioni di garanzia. Devo dire che alcune prese di posizione di costituzionalisti in questi giorni (poche, per la verità) mi hanno stupito: non c’è manuale di diritto costituzionale che non dica quello che il presidente Napolitano ha ricordato. Che è poi quello che insegniamo ai nostri studenti del primo anno di giurisprudenza. Non vedo perché ciò che va bene sui libri e nelle aule universitarie debba poi esser negato sulla scena pubblica. Ma forse è colpa della fretta della settimana di ferragosto…
Non è che siamo in presenza di un’ennesima variante di un fenomeno purtroppo ricorrente, la trahison des clercs, il tradimento degli intellettuali rispetto al proprio ruolo critico?
Mi auguro di no. Certo, sotto il profilo culturale non possiamo dimenticare che la situazione attuale è anche frutto negativo della trascuratezza con cui alcuni di noi intellettuali, rinunciando al proprio ruolo, hanno validato e giustificato locuzioni giornalistiche come Prima e Seconda Repubblica (e, secondo qualcuno, Terza). Come se bastasse il mutamento della legge elettorale a cambiare la Costituzione!
Già, la Costituzione. È proprio questa a essere oggi in discussione…
Lo è da molti anni, e non soltanto a parole. Si è iniziato a violarla senza che i suoi primi difensori, i cittadini-elettori, ne avessero consapevolezza. Esattamente vent’anni fa, alcuni ministri (tra cui quello della Difesa, Mino Martinazzoli) si dimisero dal governo di cui facevano parte perché contrari all’appoggio governativo all’approvazione parlamentare della cosiddetta legge Mammì, la quale, in spregio ai principi della Costituzione e a numerose sentenze della Corte costituzionale, consentiva a un privato lo strapotere televisivo, rischiando di condizionare in modo irrimediabile il funzionamento della democrazia rappresentativa. Tutto ha origine da lì, da questa ferita costituzionale che rende il nostro Paese un’eccezione negativa tra le democrazie contemporanee.
Nell’editoriale dell’ultimo numero della rivista Coscienza, il bimestrale del Meic, lei ha denunciato con forza l’inversione di ruoli, nel nostro Paese, tra “ladri e caramba”, per cui spesso sono i primi a perseguire i secondi. Alla luce delle vicende di queste ultime settimane, che cosa si può aggiungere?
Quelli a cui noi assistiamo sono aspetti di un più generale rovesciamento tra realtà e apparenza, tra verità e menzogna, appunto tra ladri e caramba. Favorito dalle manipolazioni televisive, ciò rende difficile la formazione di una vera e libera opinione pubblica democratica. Se a ciò aggiungiamo una legge elettorale profondamente sbilanciata a favore degli apparati mediatici e politici, il cerchio negativo si chiude pericolosamente.
Il quadro che lei dipinge è tutt’altro che roseo. Che cosa può aiutarci?
Lo ha scritto qualche giorno fa un intellettuale cattolico della levatura di Francesco Paolo Casavola [che fu il primo presidente del Meic, ndr]. Ci può aiutare un impegno capillare e diffuso, da amico ad amico, da cittadino a concittadino, di persuasione con argomenti da Socrate redivivo, per abbandonare la strada della menzogna e della violenza. Non saprei dirlo meglio.
(comunicato stampa)