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Governo Draghi: grandi speranze e tanti timori

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Beppe Elia
presidente nazionale Meic

Qualunque giudizio politico si voglia esprimere sul governo appena nato, è innegabile che sia circondato da una grande speranza e da molte preoccupazioni. Certamente dobbiamo evitare di pensare che la competenza e la serietà del nuovo capo del governo garantiscano la risoluzione dei problemi italiani, accumulati negli ultimi decenni e resi più acuti dalla crisi finanziaria ed economica del 2008 e dalla pandemia in cui siamo tuttora immersi.

Tuttavia è chiaro che ci si attende molto dalle capacità di Mario Draghi nell’identificare le priorità per il nostro Paese e nel perseguire con rigore obiettivi strategici essenziali per sollevarci dall’attuale situazione e soprattutto per offrire prospettive di crescita alle generazioni che verranno. Ci si attende in particolare che egli sappia in questi primi mesi mettere a punto un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza davvero concreto e di lungo respiro, che abbia una visione sistematica dei problemi che dobbiamo affrontare; come pure di accompagnarlo con strumenti adeguati alla sua complessa attuazione. La composizione della squadra di governo, in cui figurano personalità di indubbio valore, alimenta una ragionevole fiducia, così come la spinta fortemente europeista che lo sostiene indica con chiarezza una direttrice non ambigua del suo futuro operato.

I timori sono comunque numerosi e non possiamo sottacerli. Il governo nasce da una convergenza di tante ed eterogenee forze politiche, che hanno deposto (almeno per ora) l’ascia di guerra, per rispondere ad un invito molto pressante del Presidente Mattarella, e che hanno dichiarato fedeltà a questo progetto politico appena inaugurato. Se però i cambi di tono, che da qualche giorno essi stanno adottando, sono un apprezzabile risultato, rimangono le grandi differenze degli orientamenti politici che li contraddistinguono. Qualche cambiamento importante anche in questa direzione lo abbiamo visto, ma rimane il dubbio che esso sia momentaneo.

E soprattutto, quando si passerà a esaminare l’agenda dei grandi progetti per il futuro e delle riforme necessarie a questo Paese come si potranno conciliare posizioni (sull’economia, sull’ambiente, sulla giustizia, sul fisco, sull’immigrazione e la coesione sociale, sulla scuola, sulla sanità…) la cui distanza si è rivelata in questi anni abissale? Non è scongiurato il rischio che fra poco tempo queste divergenze riesplodano senza alcuna possibilità di composizione, oppure che, per riuscire a trovare un accordo, ci si adatti a non affrontare alcuni nodi problematici, o ad accontentarsi di soluzioni di basso profilo.

C’è davvero da augurarsi che questo governo faccia compiere all’Italia un grande salto qualitativo, come si è saputo fare in altri momenti difficili della nostra storia. L’Europa ci sta offrendo delle grandi opportunità, ma non se non c’è una risposta all’altezza della gravità dei problemi e dell’urgenza di un radicale rinnovamento, questo aiuto si rivelerà del tutto inefficace. E neppure la bravura di Mario Draghi e la stima di cui egli gode riusciranno a risollevare questo Paese.