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Corti internazionali, la novità del XX secolo a tutela dei diritti umani e contro i crimini internazionali

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Le Corti internazionali di giustizia costituiscono una vera novità nel panorama giuridico del secondo dopoguerra del XX secolo. In queste corti un semplice cittadino può chiedere giustizia per i suoi diritti negati, o lesi,  da persone fisiche o giuridiche ma anche dallo Stato. E, novità assoluta, sono Corti nelle quali anche un Capo di Stato può essere chiamato a rispondere di crimini contro la popolazione.

Di questo ha parlato Gustavo Minervini, dell’Università di Torino, venerdì pomeriggio, nella terza sessione del convegno nazionale Meic  “‘E liberaci dal male’ Percorsi di giustizia e di riparazione in questo tempo” in svolgimento a Roma fino a domenica 26 marzo.

L’intervento su “La protezione dei diritti umani e la repressione dei crimini internazionali: il ruolo della Giustizia internazionale” ha aperto una finestra su un tema complesso e di grandissima attualità.

“L’idea centrale del mio intervento – ha spiegato Minervini – è quella di restituire un panorama di quello che oggi è il mondo giudiziario internazionale, per mostrare che da un lato c’è frammentazione del potere giurisdizionale internazionale con molte corti, ognuna con una sua funzione per cui alcune si occupano di controversie tra stati, altre tra stati ed individui, altre di responsabilità penale dell’individuo”; ma anche per mostrare che “in questa pluralità esiste una sorta di tutela dei diritti umani trasversale e complementare, poiché ciascuna Corte contribuisce a suo modo alla tutela dei diritti umani e quindi alla repressione delle più gravi violazioni dei diritti umani, che sono sicuramente i crimini internazionali”.

Corti internazionali: molte, ma con finalità comune

“Le varie giurisdizioni internazionali – ha aggiunto – cooperano o comunque si trovano a lavorare insieme e nel farlo ciascuna di esse accerta responsabilità diverse. Può essere la responsabilità a livello interstatale come per la Corte internazionale di giustizia; la responsabilità dello Stato per gravi violazioni commesse nei confronti di individui o gruppi di individui, e questo è tipico di tutte le corti e tribunali in materia di diritti umani, e poi c’è la dimensione di responsabilità individuale come può essere quella che si accerta davanti alla Corte penale internazionale dove chiaramente c’è la dimensione della persona e nel caso poi di organi (in genere si tratta di organi statali di vertice o comunque medio alti) indirettamente si guarda anche alla condotta dello Stato, sebbene la Corte proceda all’accertamento esclusivamente della responsabilità penale dell’individuo per le condotte direttamente a lui imputabili”.

Rispetto a prima del 1945 la giustizia ha fatto moltissimo

Vista la situazione mondiale attuale, si direbbe che c’è ancora molta strada da fare per poter parlare di giustizia. Eppure, se anche “è difficile dare un giudizio sulla sulla tutela dei diritti umani è chiaro – commenta Minervini – che si può fare di più. Ma è un dato di fatto che si può sempre fare di più. Credo – ha aggiunto – che guardando a com’era la comunità internazionale prima del 1945 si sia fatto moltissimo”.

“L’idea che oggi un individuo che subisce una violazione dei propri diritti umani possa direttamente ricorrere a un giudice internazionale, e citare in giudizio uno Stato, è un’idea assolutamente innovativa ed è frutto dell’affermazione dei diritti umani e quindi dell’emergere dell’individuo come un attore della comunità internazionale, non più solo come oggetto delle norme internazionali” ha concluso il relatore.

Ascolta l’intervista