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VERSO CAMALDOLI/2 Delegare non basta, servono cittadini protagonisti

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di PAOLO DACCO’
delegato regionale Meic Lombardia

Lo spazio politico e del dibattito culturale è dominato da chi pensa di potersela cavare con poco: frasi e annunci ad effetto, promesse a getto continuo – non importa se contraddittorie e senza verifica successiva, capitani e caporali più o meno carismatici e zero idee complesse, ragionamenti e argomentazioni.

I cittadini meno attrezzati, oppure preparati ma animati da poca tensione verso un esercizio pieno dei diritti e dei doveri che la cittadinanza porta con sé, trovano decisamente più semplice delegare ogni decisione al leader di turno, senza assumere in prima persona posizioni o ruoli che esigerebbero poi impegni ed azioni conseguenti.

Sgombrando subito il campo da illusioni di facile cambiamento, va detto che un antidoto ad effetto rapido non esiste. Il lavoro – anzitutto culturale – che la situazione ci richiede, per quanto sia da attivare prima possibile, prevede tempi di efficacia medio-lunghi.

Non per questo, per il fatto cioè di non vedere nessuna luce in fondo al tunnel (del divertimento, soprattutto altrui), possiamo sentirci autorizzati al disimpegno o a cedere il passo alla sensazione di inutilità che spesso pervade chi si trova a remare contro una corrente contraria e impetuosa.

Credo invece che sia più che urgente ed opportuno non mollare la presa, da un lato assumendo l’atteggiamento e lo stile della “cittadinanza attiva”, dall’altro individuando nel grande filone dei “beni comuni” un campo di azione e di elaborazione di una nuova cultura politica capace di superare lo sfilacciamento dell’ampio fronte democratico-costituzionale, andando oltre sigle, partiti e partitini ormai specializzati in “teoria e tecnica della gestione del proprio ombelico”, per ridare respiro e un nuovo orizzonte ideale ad azioni capaci di coinvolgere i cittadini nuovamente come parte di una comunità e non solo come individui.

Il quadro è così complesso e frastagliato che sembra impossibile trovare un punto da cui partire. Credo che la visione complessiva sulla nostra realtà espressa nella Laudato Si’ e i temi in essa contenuti possano rappresentare un terreno comune a tante espressioni – non necessariamente ispirate da una prospettiva credente – di una nuova cultura di promozione di ciò che è comune ed essenziale per la vita di tutti.

Questo a tutela dei diritti di chi vive oggi, ma allo stesso tempo di quelli delle generazioni future.

In questa direzione si collocano i movimenti sociali e popolari (non a caso convocati più volte da Papa Francesco) che muovendo da una critica ai dogmi della globalizzazione ci hanno accompagnato e sollecitato negli ultimi decenni.

Da Seattle a Genova, al Forum dei Movimenti per l’Acqua con la grandissima vittoria referendaria del 2011 resa finora inefficace da scelte di segno opposto da parte di tutti i governi che da allora si sono succeduti, fino alla campagna in corso in questi mesi, promossa in tutta Italia dai Comitati per i beni pubblici e comuni “Stefano Rodotà” (www.generazionifuture.org), che propone una raccolta di firme per una Legge di iniziativa popolare che vuole l’inserimento esplicito nel Codice civile dei beni comuni e della loro tutela.

Insomma, per chi lo vuole c’è già da subito modo e spazio per essere attivi, iniziando a ridare senso e sostanza al nostro comune essere cittadini.