di BEPPE ELIA
Le parole e i gesti dell’on. Salvini durante la manifestazione dei sovranisti di sabato scorso hanno suscitato reazioni anche molto severe da parte di vescovi, organizzazioni ecclesiali e singoli credenti. Certamente egli se le aspettava e in buona misura se le è anche cercate. Egli sa infatti che una parte importante di coloro che si dicono cattolici, sulla presenza dei migranti nelle nostre città percepisce pericoli non solo di natura economica e sociale, ma anche culturale e religiosa, assecondando il pensiero sempre più pervasivo (di cui la Lega e alcune altre forze politiche sono portatori molto ascoltati) che la nostra religione e le nostre tradizioni siano messe in pericolo da una presunta invasione di popolazioni straniere. Sa anche che, quando egli sbandiera il Vangelo, bacia la corona del Rosario, affida la sua parte politica a Maria, critica papa Francesco, questi stessi credenti si sentono rassicurati e questo aiuta ad accrescere il suo consenso.
Credo sia doveroso dissociarsi dalle parole pronunciate a Milano dal vicepresidente del Consiglio, perché è inaccettabile ogni uso strumentale della fede cristiana a scopi elettorali e propagandistici, e credo dobbiamo essere ancora più uniti a papa Francesco per il suo instancabile richiamare l’Europa e il mondo intero ad un ordine mondiale basato sulla giustizia e sulla solidarietà tra i popoli e verso i più deboli.
Dobbiamo avere la consapevolezza che, al di là di gesti che pure umiliano la nostra sensibilità religiosa, la vera questione è il profondo dissidio che c’è tra la proclamazione della fedeltà al Vangelo e il suo rispetto nell’agire politico e nei comportamenti quotidiani. Non possiamo essere silenti su questo, per timore o per eccesso di prudenza. Anche perché su questa strada rischia di consumarsi uno scisma di fatto dentro le nostre stesse comunità.