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Non solo parole, ma uno stile che è già un esempio

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di GIROLAMO PUGLIESI

Il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” sottoscritto lo scorso 4 febbraio ad Abhu Dhabi da papa Francesco insieme all’imam di al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, non soltanto vuole affermare pratiche di dialogo, di tolleranza e di amicizia, ma nasce dall’attuazione di tali pratiche. Papa Francesco ha infatti dichiarato ai giornalisti sul volo di ritorno da Abu Dhabi: «Sia il grande Imam con la sua équipe, sia io con la mia, abbiamo pregato tanto per riuscire a fare questo documento. […] È un documento che si è sviluppato in quasi un anno, con andata e ritorno, preghiere…».

Lo stile costituisce già un esempio di questa opera comune, infatti appare come una sintesi fra Oriente e Occidente. È orientale la prima sezione, in cui il documento si fa voce («In nome di…») di tutte quelle categorie di persone (miseri, orfani, vedove, rifugiati, ecc.) e di dimensioni umane (fratellanza, libertà, giustizia misericordia, ecc.) messe in pericolo dalla violenza, dalle guerre e dallo sfruttamento, ma come raccolte (grazie all’utilizzo della figura retorica dell’inclusione) dalla prossimità Dio («Nel nome di Dio…»).

Una seconda e una terza sezione sono più occidentali: vi sono chiariti quale percorso, quale metodo e quali premesse hanno spinto alla produzione di questo documento, vengono espressi i punti che la Chiesa Cattolica e al-Azhar intendono promuovere in seno alle proprie comunità nei propri contesti civili.

Particolarmente interessanti alcuni passaggi del Documento. È lucida l’analisi della condizione di ingiustizia, violenza e sopraffazione in cui versa buona parte del mondo in quella «terza guerra mondiale a pezzi» spesso richiamata dallo stesso Papa Francesco, ma che vede indifferenti o conniventi molti degli stati più ricchi del mondo.

Numerose sono le parti dedicate al tema dell’estremismo religioso quale negazione dell’autentica religiosità. La soluzione proposta è quella di un rinnovato risveglio religioso: «Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso […] per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni». Solo una religiosità autenticamente umana può salvare dall’estremismo. Questo comporta una certa “laicità” delle stesse religioni: «Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».

E allora, la fratellanza, la giustizia, la libertà, il pluralismo religioso, il dialogo, la cittadinanza, i diritti delle donne e dei bambini, la protezione dei deboli, degli anziani e dei disabili non sono guadagni che le religioni sopportano, ma loro tratti intrinseci e connaturali. Magari la società civile moderna li ha messi in luce prima, ma le religioni possono allo stesso modo riconoscerli come propri.

Così questo Documento è «un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà […], al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita».