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MEIC TORINO Donne maghrebine a scuola con il Meic

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Donne maghrebine a scuola
per imparare a vivere Torino

di ELENA MASUELLI
© La Stampa

TORINO – La scuola che non ti aspetti è fatta tutta di donne. Hanno gli occhi scuri e i capelli velati, arrivano quasi tutte con un bimbo, in braccio o nel passeggino, alla Biblioteca Civica Primo Levi di via Leoncavallo, alla festa di inaugurazione di “Torino: la mia città”, corsi di alfabetizzazione e di educazione alla cittadinanza attiva del Meic, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, a Barriera di Milano, Lingotto e Borgo San Paolo, e all’iniziativa gemella “Torino casa mia”, della Cooperativa Sociale Progetto Tenda, nella circoscrizione V.
Oltre 300 le iscritte. Hanno bambini piccoli, non lavorano, in molte non escono quasi mai di casa. L’obiettivo di insegnati e volontarie che le seguono, in classi divise per livello di preparazione, è quello di renderle più autonome nella vita quotidiana, nella gestione dei figli, nella consapevolezza dei servizi cui possono accedere. I risultati stanno nelle piccole grandi storie raccontate da Maria Adele Roggero, responsabile del progetto del Meic: “Non posso dimenticare Faten, che è andata in ospedale per partorire il quarto figlio, portandosi le fotocopie delle schede di grammatica italiana distribuite ai corsi. Hanane che non conosceva le parole “scuola” e “anno scolastico”, pur avendo la bimba più grande in terza elementare. Ma anche i sorrisi di Fatna, il giorno in cui per la prima volta ha scritto il suo nome, a di Saadia, che uscendo dalle lezioni a Santa Monica ha saputo leggere la targa di Via Vado”. Un grande successo è l’accordo con il Centro Territoriale Permanente, che consente alle più brave di sostenere l’esame di terza media. Come hanno fatto Sumia, una ex allieva che oggi è una educatrice alla pari, e Fatima, allieva della classe 2003, che è tornata per chiedere di dare una mano, e restituire così un po’ della sicurezza che il progetto le ha regalato.

“Le lezioni sono divise in quattro livelli – spiega Marina Cancedda, una delle veterane fra le insegnanti – si parte dalle analfabete totali, anche nella loro lingua, per arrivare a chi nel proprio paese ha conseguito, in qualche caso, anche la laurea”. Paradossalmente l’approccio è più semplice con le più anziane, quelle che in Maghreb hanno vissuto quando era obbligatoria la conoscenza del francese. Con le più giovani è arduo, ma reso possibile dalla presenza di Amina, la mediatrice culturale: senza di lei sarebbe impossibile capire e farsi capire. A sostenere il lavoro del Meic la Provincia di Torino, la Compagnia di San Paolo e l’Associazione COMENOI, impossibile quantificare il valore dell’impegno delle volontarie.

Mentre i bambini vengono affidati alle baby sitter, le mamme imparano come muoversi per fare la spesa o chiedere un documento negli uffici pubblici, acquisiscono elementi per confrontarsi con le maestre dei figli, per seguirli meglio nel percorso educativo. Il programma prevede incontri con una pediatra, una ginecologa, un’esperta di legge sull’immigrazione, ma anche focus per far conoscere alle donne come stanno cambiando i loro paesi di origine, il cammino che stanno compiendo in materia di legislazione famigliare, che spesso cambia in modo radicale la concezione della famiglia e dei rapporti fra uomini e donne. Il rischio altrimenti è che chi è emigrato resti più ancorato alle tradizioni e ai vecchi rituali di chi è rimasto, trasmettendo ai figli un modello culturale che non c’è più.

E come per ogni scuola che si rispetti ci sono le gite. L’anno scorso un giro con l’autobus turistico, il Mao, le piazze storiche, il Valentino. Per alcune delle donne iscritte ai corsi di alfabetizzazione la scoperta di un’altra Torino. Diversa da quella rinchiusa fra i pochi isolati che separano la casa dalla scuola dei figli che avevano sempre visto.

Il link originale dell’articolo è qui:
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/372927/