di Luca Rolandi
Sono trascorsi quarant’anni da quel 26 settembre 1970, giorno in cui morì a Livorno, all’età di settant’anni, Emilio Guano. L’allora vescovo di Livorno è stata una delle personalità più originali e penetranti della Chiesa italiana del Novecento. La riflessione culturale e la sensibilità ecclesiale del prete genovese furono elementi essenziali nella sua vita di sacerdote e intellettuale. Carattere schivo e ascetico, religioso obbediente ed ostinato, molto legato alle tradizioni e alla sua terra e famiglia, Emilio Guano fu uomo di profonda spiritualità. Il sacerdote genovese, nelle molteplici tappe del suo impegno formativo ed ecclesiale, è stato portatore di una proposta creativa, con accenti di profonda originalità, persino geniale in alcune sue intuizioni. Il suo percorso di ricerca culturale auspicava un equilibrio tra teologia e cultura moderna. Assistente ecclesiastico nei movimenti intellettuali d’Azione Cattolica, la Fuci e il Movimento Laureati, il prete genovese contribuì alla formazione della cultura religiosa di molte generazioni di studenti e futuri professionisti, maestro e compagno di percorsi culturali moderni ed inesplorati. Il suo itinerario culturale e spirituale avviato negli anni della Chiesa di Genova guidata dal Cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, proseguì con gli studi teologici a Roma al Biblico, i primi anni d’insegnamento nel seminario diocesano e dal 1926 l’assistenza spirituale e culturale ai giovani del circolo degli universitari cattolici genovesi.
Per l’affermazione del suo pensiero e l’azione pastorale decisivo fu l’incontro con il mondo della cultura cattolica nazionale nella Fuci montiniana. Il pensiero religioso di Guano era ispirato alla filosofia neotomista, influenzato dalla teologia cattolica e protestante francese e tedesca dell’epoca e alla spiritualità del monachesimo benedettino. Fu soprattutto attratto dal pensiero di Sertillanges, Adam, Maritain e Guardini. Tutto questo propose ai giovani universitari, attraverso la rilettura critica e consapevole dei testi sacri e della tradizione della chiesa, in particolare nel settore della liturgia e della nuova ecclesiologia. Tra gli anni Trenta e Quaranta Guano, insieme all’amico Don Franco Costa, in collegamento con l’azione di Mons Montini, ricoprì un ruolo decisivo nella formazione della classe dirigente cattolica e nell’elaborazione culturale e politica del movimento cattolico-democratico, attraverso una copiosa e profonda attività pubblicistica sulle riviste “Studium” e “Azione Fucina”, favorendo il passaggio di molti giovani cattolici alla vita politica attiva, negli anni del fascismo e della guerra mondiale. Il contributo di Guano si sviluppò su temi di natura teologica e culturale. I temi come il ruolo dei laici nella Chiesa, la formazione di una cultura religiosa tra il popolo di Dio, l’interpretazione “cristocentrica” del rapporto Chiesa-mondo, sono presenti nella sua opera maggiore “La Chiesa”, pubblicata da “Studium” nel 1936, in contrapposizione alla vizione apologetica e dogmatica di Siri sullo stesso tema. La sua riflessione fu arricchita inoltre dall’incontro con il mondo universitario, il confronto con la cultura moderna, e da un’ intesa frequentazione con il pensiero ecumenico, alimentata da frequenti soggiorni all’estero, nel corso dei quali avviò contatti con studiosi, teologi e realtà di tradizione protestante.
Molte delle domande e intuizioni espresse nel corso degli anni dell’assistenza nei movimenti di Azione Cattolica, trovarono il proprio naturale compimento nella svolta conciliare. E’ il Concilio, infatti, l’evento nel quale il vescovo di Livorno manifestò compiutamente il proprio valore di fine pensatore, svolgendo un ruolo importante nella definizione di documenti conciliari come Gaudium et Spes, Dei Verbum e Lumen Gentium e nel dialogo ecumenico. Il suo pensiero ecclesiologico mutò nel tempo: dall’idea di nuova cristianità, in grado di segnare il cammino dell’uomo nella modernità, passò ad una concezione di società ispirata al vangelo in dialogo con il mondo contemporaneo. In Concilio, grazie ai rapporti d’amicizia e collaborazione, consolidati in tanti anni di attività internazionale nel movimento di Pax Romana, Guano svolse un prezioso ruolo di raccordo tra gli esponenti dell’episcopato italiano più attenti ad una visione di Chiesa aperta ai segni dei tempi, i padri conciliari francesi, belgi e tedeschi, teologi e biblisti come Chenu, Congar, De Lubac e gli osservatori cristiani riformati.
Emilio Guano non fu un teorico della politica, in contrapposizione a Don Franco Costa, identificato come il prete attivo nel laicato cattolico italiano, ma la sua formazione e gli studi lo avvicinarono ad un modello di intellettuale più intento alla riflessione culturale sulla politica che consigliare di politici. Sono fondamentali nel pensiero di Guano gli appelli alla cultura, alla necessità del pensiero, all’università, come luogo di formazione delle coscienze e delle decisioni etiche, la politica come arte del possibile e del dialogo con il pensiero laico. Il sacerdote genovese si allontanò dall’idea politica di Montini e Costa, il suo giudizio sulla Democrazia Cristiana non sempre è benevolo. Nel dopoguerra fu contrario al trionfalismo e all’esaltazione ostentata da una parte del mondo cattolico dopo il 18 aprile 1948; il suo compito, rivolto all’educazione dei laici nella Chiesa e nella società, favorì la crescita del pluralismo delle scelte politiche dei cattolici. In questa direzione s‘inquadra l’esperienza della rivista Spiritualità dell’uomo politico, tentativo di costruire un luogo di dialogo e collaborazione tra intellettuali cattolici e mondo politico, negli anni cruciali (1959- 1962) della svolta politica del Centrosinistra. Guano fu convinto assertore della necessità di potenziare la partecipazione e la responsabilità dei laici nella Chiesa, insistendo molto sulla loro indipendenza nel campo sociale e politico. Lo sforzo di Guano non riuscì ad incidere tra i politici cattolici, la sua provocazione restò inascoltata. Non a caso, uno dei pochi esponenti democristiani ad intrattenere uno scambio epistolare con Guano sui temi della politica e della società, fu l’amico Aldo Moro, il fucino lungimirante pensatore prima ancora che leader politico e statista. Nel 1962 Papa Giovanni XXIII nominava il sessantaduenne Emilio Guano vescovo, la designazione a Livorno lo inserì di diritto tra i padri conciliari, in questo modo egli ebbe la forza di sostenere con maggiore efficacia i temi dibattuti nel corso del Vaticano II. La scelta di Livorno sembrò destinata ad allontanare il sacerdote genovese dalla sua lunga esperienza romana nell’associazionismo cattolico. Inserito in un città industriale in cui vi era una radicata tradizione marxista, Guano fu molto amato dalla sua comunità, cercò di tradurre nella pastorale ordinaria i dettati conciliari. Alle esigenze della sua Chiesa locale Guano rispose con gli strumenti del biblista e dell’intellettuale: dialogo, incontro, ascolto e parola. Egli trasferì il metodo educativo e pastorale già sperimentato nell’esperienza nell’associazionismo cattolico, amando il suo popolo e continuando a coltivare legami ed affetti con tanti laici, intellettuali, professionisti, politici che lo avevano avuto come maestro negli anni della loro formazione.