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8 marzo. Le donne invisibili che costruiscono vita, solidarietà, speranza

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Come non chiedersi quale o quali donne scegliere come riferimento per l’universo femminile di oggi?

Spaziando verso direzioni vicine e lontane, c’è solo l’imbarazzo di decidere su chi soffermarsi: ancora sulle donne ucraine e su quelle russe che pagano direttamente le conseguenze sanguinose di una guerra con aspetti che nessuno riteneva si sarebbero riproposti?

Oppure è il caso di parlare delle donne afgane, che sotto il velo conducono una rivoluzione silenziosa? O delle donne iraniane, che nella liberazione dal velo identificano la battaglia per il riconoscimento di libera espressione e per l’affermazione del loro valore sociale?

O delle tante donne che, soprattutto in Africa, hanno il carico del mantenimento familiare da garantire in condizioni quantomeno ostili con cui devono combattere per la sopravvivenza? O di quelle donne che affidano i loro figli minori d’età a un destino ignoto, nella speranza che sia migliore di quello certo se li tenessero vicini?

E si potrebbe andare avanti a lungo, purtroppo. Ma è meglio volgere lo sguardo altrove, ai tanti esempi di donne invisibili che nel silenzio di una quotidianità affrontata e non subita costruiscono vita, solidarietà, speranza.

In questi giorni i giornali hanno riportato belle storie anche di donne, premiate dal presidente della Repubblica Mattarella per il loro impegno civile e la loro “testimonianza per il bene comune”.

C’è la tassista di Firenze che accompagna i bambini malati all’ospedale per le cure, c’è la studentessa che gestisce il doposcuola Unicef a Torino, c’è la giovane donna che, subito per due volte il trapianto di midollo, si dedica a incontrare soprattutto i giovani per far capire il valore della “cultura del dono”. E c’è anche la responsabile di una cooperativa sociale di Napoli, fatta di sole donne, che, producendo caffè artigianale nel carcere femminile di Pozzuoli, costruisce anche possibilità di reintegro sociale fuori dal carcere.

Si potrebbero citare tanti altri esempi di donne che ogni giorno contribuiscono a ogni livello a dare un tocco di anima alla società, spesso coniugando l’impegno professionale con quello familiare e magari anche con qualche forma di volontariato.

Piace anche ricordare che in questi giorni per la prima volta in Italia una donna è stata nominata presidente della Corte di Cassazione: “per il suo profilo eccellente”, ha tenuto a precisare il presidente Mattarella nel comunicare l’esito della votazione che, all’unanimità, aveva scelto Margherita Cassano a rivestire tale ruolo.

Ma sarà un giorno importante quello in cui questo non sarà più percepito come una cosa strana, perché solo in quel giorno si sarà raggiunta la vera parità. E a quel giorno le donne, tante, in ogni continente, stanno guardando seguendo ciascuna la propria forma di “resistenza”, nel senso di continuità nel condurre la propria originale battaglia generando modalità nuove di impegno per una convivenza ovunque pienamente umana per tutti.

E perché non sperare che questa “resistenza generativa” possa essere scelta anche da ogni altra persona che vive sotto lo stesso cielo?

Rosetta Frison