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Donna, parola di futuro

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di ROSETTA FRISON
Il poster della street artist Laika comparso a Roma nella notte tra il 7 e l’8 marzo 2022: due donne abbracciate e piangenti vestite coi colori delle bandiere ucraina e russa

Non “giornata” e nemmeno “festa” della donna, semplicemente “8 marzo”: in pochi caratteri si racchiudono mondi, visioni, speranze. In questa giornata anche tante parole, a ricordare giustamente la necessità del riconoscimento della dignità di ogni donna, in ogni parte del mondo.

Oggi, però, tutti noi siamo immersi in quel che sta succedendo in Ucraina, non per formale solidarietà ma perché sentiamo come quel che succede lì stia succedendo proprio anche a tutti noi. E cosa significa “8 marzo 2022”, allora? In coerenza con l’intento di dar valore alle parole, propongo quelle di due donne:

“Non cadrò nel panico o scoppierò a piangere. Sarò calma e fiduciosa accanto a voi”

“Non posso contenere shock e dolore, mi sforzo di non piangere, ci sono i bambini”

La prima affermazione è di una donna ucraina (la moglie del presidente Zelensky), la seconda di una russa (attraverso un messaggio inviato a cari amici che vivono in Italia). La prima, rivolgendosi ai neonati venuti alla luce nei rifugi antiaerei o in metropolitana, promette che “cresceranno in un Paese pacifico che si è difeso”. E un’anziana connazionale afferma quasi di rimando: “Ma io amo i russi, come hanno potuto farci questo?”, ricordando come non si possa allontanare gli ucraini dalla fratellanza con Mosca.

La donna russa: “Come ha potuto succedere questo disastro? I miei tre bimbi hanno avuto una tata ucraina, loro me li hanno allevati, loro sono nostra famiglia”. E aggiunge: “La censura ha bloccato l’accesso all’informazione, vi scrivo con la paura delle conseguenze. Questo è il mio paese ma è diventato una prigione, come ha potuto succedere questo? Siamo di fronte a un tempo molto difficile e buio”.

Parole che, dall’una e dall’altra parte, scolpiscono un presente che sconvolge affetti, storia personale e collettiva, valori costruiti e distrutti, lotta per il domani. Che, paradossalmente e pur nella consapevole fatica di doverlo totalmente ricostruire, appare comunque contenere maggiori spiragli di speranza in chi è vittima.

Cosa accadrà domani? È l’interrogativo anche nostro, mentre guardiamo in TV quel che succede, paventando di poter scaldarci meno nella stagione fredda o di non poter raffreddare la casa in quella calda.

Altra immagine di donna che è già parola di futuro: un ragazzo russo in divisa capisce di essere stato mandato ad essere nemico in un paese non suo. Quando se ne rende conto, stanco e affamato, scoppia a piangere. Una donna ucraina gli offre del cibo e una bevanda calda, poi gli porge il suo telefono perché chiami la sua mamma in Russia. Il debole “invasore” è sfamato e consolato. Da una donna che in quel momento compie un gesto di umanità né ideologico né calcolato, semplicemente e spontaneamente umano. Così come il male, anche il bene può essere banale. E i gesti quotidiani e nascosti di tante donne in ogni parte del mondo costruiscono anche oggi, così come dagli inizi della storia, le fondamenta invisibili dell’umanità.

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