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La politica dei colpi di scena (ma al futuro chi ci pensa?)

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di BEPPE ELIA

Gli ultimi due mesi di vita politica italiana non ci hanno certo fatto mancare dei colpi di scena. Ci ha pensato inizialmente Salvini con una mossa che riteneva vincente e gli si è ritorta contro, ha proseguito Conte con un “j’accuse” che ha liquidato in meno di un’ora l’esperienza di un governo che sembrava poter durare a lungo, hanno rilanciato Renzi e Grillo, convincendo PD e 5 stelle a tentare un accordo fino a pochi giorni prima ritenuto impossibile e detestabile. A quel punto credevamo di poterci concedere un po’ di respiro, nella speranza di vedere i nuovi alleati impegnati a costruire un progetto non solo per l’immediato ma per gli anni a venire: impresa difficile, per le loro diverse concezioni della politica e della democrazia, per la storia passata fatta più di contrasti che di convergenze, per la necessità di individuare vie comuni anche là dove (sulla giustizia, sulla sicurezza, sull’economia) si erano manifestate visioni radicalmente differenti.

Ha provveduto Renzi a cambiare ancora una volta le carte in tavola, con una iniziativa i cui obiettivi sono solo parzialmente chiari. Ho visto molti amici, che pure apprezzano alcune sue qualità, essere sorpresi e anche un po’ infastiditi da questa mossa, che è giunta in un momento inopportuno e va a mettere qualche granello di sabbia in un meccanismo che avrebbe invece bisogno di essere lubrificato da orientamenti comuni.

Ci dicono che non cambierà nulla per il governo, che Italia viva vi collaborerà lealmente: ci mancherebbe altro, dopo che proprio Renzi è stato uno dei principali artefici della sua nascita. Ciò che inquieta è però che la nuova forza politica non abbia perso tempo per alimentare, anche (o soprattutto?) per ragioni di visibilità, il già florido scambio di opinioni e proposte in libertà su materie assai delicate. E’ ovviamente importante, per chi governa, che si confrontino idee differenti, se questo avviene dentro prospettive di ampio respiro e scelte strategiche condivise. Purtroppo è questo quadro complessivo che non si vede, immersi tutti dentro l’esigenza di strabiliare con suggestioni originali, che durano lo spazio di un giorno, in concorrenza l’una con l’altra, nessuno disposto a rischiare un po’ di consenso nell’immediato per rigenerare il futuro; e alcune questioni epocali, come quelle ambientali o del rapporto intergenerazionale domandano proprio progetti di lungo termine e un generoso sforzo congiunto di analisi e di elaborazione. Siamo invece sempre lì sospesi al risultato delle successive elezioni, qualunque esse siano; e oggi si guarda alle prossime regionali in Umbria come fossero decisive per le sorti di questo governo.

Un ultimo pensiero finale. Alcuni commentatori hanno evidenziato che la creazione di Italia viva non è da leggere come un’azione di indebolimento del PD , ma finalizzata ad offrire una casa a chi, nel centrodestra, non è disposto a spendersi per un’alleanza a trazione leghista. E’ una valutazione che trovo plausibile, e ci diranno i prossimi mesi quale sia l’esito di questa operazione, ma mi pare che essa rimanga un’iniziativa di basso profilo, per spostare gli equilibri esistenti dell’attuale panorama politico. Chissà quando ci si accorgerà che il grande problema è costituito dai 20 milioni di cittadini che non vanno più a votare perché non si sentono rappresentati da nessuno dei partiti oggi sulla scena?