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CAMALDOLI 2019 Teologie dell’impegno politico, tre voci a confronto

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La penultima giornata della Settimana teologica ha ospitato tre giovani voci impegnate in un confronto alla ricerca di possibili teologie dell’impegno politico. Riccardo Saccenti (consigliere nazionale Meic e ricercatore di storia all’Università degli Studi di Bergamo) ha chiesto di allargare l’orizzonte della riflessione a partire dalla situazione politica e sociale internazionale, in relazione alla dimensione ecclesiale: “Il pontificato di Francesco richiede alla Chiesa, specialmente a quella europea, di prendere coscienza della nuova epoca in cui si trova. Il Vaticano II ha segnato la fine dell’era della “Chiesa europea” e l’inizio dell’era della “Chiesa globale”. Le nuove prospettive teologiche e culturali globali segnano una novità anche rispetto al rapporto con la dimensione politica”. Stefano Biancu (vicepresidente del Meic e professore di etica alla Università LUMSA) ha problematizzato la questione e ha evidenziato due nodi specifici dell’impegno politico dei cristiani che sono ancora aperti: il primo è quello della “scelta religiosa e dell’impegno politico come servizio ecclesiale: dovremmo dedicare più riflessioni a come un impegno partitico possa e debba configurarsi come servizio ecclesiale: accettare che comunione e differenze non sono in contraddizione l’una con l’altra”. Il secondo è quello della “politica come gestione del bene e del male”, ovvero “promuovere il bene che c’è, senza massimalismi (principio di incarnazione) – ma serve riflettere su come articolare principi e bene possibile; riconoscere che il male esiste e richiede di essere gestito (è già vinto, non spetta a noi vincerlo, ma gestirlo): come gestire, da cristiani, il conflitto? Dobbiamo assumercene l’onere, ma in vista della pace”. Infine Daniel Deak (docente di diritto alla Corvinus University of Budapest) ha portato la sua testimonianza sui rischi di confusione tra identità costituzionale e cristianesimo che si stanno palesando nella nuova Ungheria autocratica di Viktor Orban: “Si tratta di una combinazione pericolosa tra fondamentalismo, atteggiamento clericale di esclusione e politica di omogeneizzazione, in cui emergono valori cristiani falsificati. Ad esempio l’esaltazione delle istituzioni dello Stato-nazione, la dimensione di una fede nazionale, la legge valutata niente più che un comune servizio pubblico invece che come conseguenza della giustizia naturale. In questo scenario i pastori devono resistere alla confusione tra ciò che è sacro e ciò che è profano”.

#camaldoli2019