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Moro, la politica “umana”

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09 Maggio 2018

«Se Moro è ricordato in Italia e nel mondo è per il suo rapimento. L’immagine più diffusa resta quella con dietro la stella a 5 punte della Brigate Rosse. In parte era inevitabile. Ma oggi, a 40 anni dalla sua tragica fine, con tutta la necessità che ancora c’è di conoscere quel che sia davvero accaduto in quei 55 giorni, è inaccettabile che questi possano fagocitare quasi 62 anni di vita. È arrivato il momento di restituire a Moro la sua voce, la sua vita».

A dirlo è stato il nipote dello statista, il professor Renato Moro, in una bella intervista al quotidiano Avvenire in occasione del quarantennale della strage di via Fani. Oltre al Moro martire della democrazia c’è il Moro che di quella stessa democrazia italiana è stato costruttore paziente e infaticabile, dalla Costituente fino ai giorni della “solidarietà nazionale”. Un uomo e un cristiano la cui vita ha segnato profondamente la storia del nostro Paese, molto più della sua morte, anche se percepiamo quasi il contrario. E in questi tempi confusi e frammentati, il suo agire politico incentrato sul dialogo e sul “compromesso” nel suo significato più alto (“cum promittere“, promettere insieme) può ancora illuminarci la strada.

Ecco perché, per dirla con suo nipote, è tempo di “liberare Moro dal carcere brigatista” e riconsegnarlo a chi, anche a partire dal suo esempio, lavora alla tessitura quotidiana del bene comune. Ed ecco perché, in questo numero che arriva nel pieno delle commemorazioni di quei tragici cinquantacinque giorni, scegliamo di ricordare Aldo Moro con questo scritto, ovvero la sua relazione al Congresso nazionale dei Laureati Cattolici del gennaio 1947. Un testo apparso sul primo numero della nostra rivista, che Moro ha contribuito in maniera determinante a fondare.


Esigenze morali della vita politica

di ALDO MORO

(pubblicato in «Coscienza», anno I, n. 1, p. 3 – ripubblicato sul numero 1-2018)

Non principii teorici enuncerò – dice l’oratore – ma soltanto darò quelle indicazioni pratiche sui rapporti fra vita politica e vita morale che la mia personale esperienza suggerisce.

Il tema intanto è di fondamentale importanza, in quanto la moralità della vita politica è alla base dei nostri problemi; moralità che in molti pone un interrogativo angoscioso.

Chi vive la vita politica nella sua pienezza può avere una coscienza ed una sensibilità morale completa? Può mantenersi assolutamente coerente, conservando una linea di vita perfettamente morale?

Se a questi interrogativi potremo dare una risposta affermativa, certamente miglioreremo l’attuale forma di esplicazione della vita politica.

Non v’è dubbio sul valore umano e spirituale della vita politica, come attività che rende possibile la comunione fra gli uomini e ne accorda gli interessi.

La politica ha l’aspetto di un servizio preliminare che vien reso alla società umana; essa prepara la situazione giuridica nella quale la società sbocca con la formulazione della legge positiva. La politica pertanto, che è condizione essenziale della vita sociale, ha un deciso valore etico-morale.

Tuttavia è anche certo storicamente che intorno all’attività politica si sono determinati uno scetticismo teorico ed una attività in concreto veramente lontani dalla linea di una buona condotta morale, così che è sorto il dubbio se l’attività politica in sé possa avere un valore morale. Le cause di ciò sono l’orgoglio, gli interessi personali e tutte quelle deviazioni che negano le caratteristiche buone proprie dell’azione politica.

È da tener presente che la politica è un’attività conclusiva, che tende cioè a realizzazioni concrete, e pertanto è intimamente pratica; essa tiene conto della molteplicità delle persone e si propone, anche sacrificando qualche cosa, di raggiungere un risultato con sollecitudine ed in modo tangibile. Ora è facile che nella sua attuazione pratica la politica divenga spicciativa e superficiale, girando gli ostacoli più che trovando la giusta via per superarli; dimenticando e non curando abbastanza le esigenze della morale. La tendenza a considerare i problemi nel loro insieme, a trascurare la parte per il tutto, può far deviare la politica dalla buona condotta morale.

La politica, nella sua volontà di risolvere i problemi che si propone, è spesso costretta, è vero, ad usare la forza, ma deve ben guardarsi dall’usare la violenza. Certo che una distinzione esatta dei confini che delimitano un’azione sana da quella troppo forte, nella politica, è sottile e facilmente smarribile. Questi confini, per le caratteristiche dell’attività politica posso essere purtroppo facilmente varcati; ma ciò non giustifica la diffidenza di molti, i quali non intendono l’interno travaglio della vita politica e vogliono vedere l’immoralità nella forza e nella risolutezza delle sue decisioni.

D’altra parte non si può esigere che la politica si esplichi solo in forma di caritatevole dolcezza. La stessa legge – ultima espressione della politica – è dura nei riguardi dell’uomo; il criterio pur giusto delle maggioranze e delle minoranze è anche esso rigido e inesorabile. La politica, che deve essere morale, non sarà né debole né dolce; essa avrà dietro di sé ed a suo sostegno il diritto del quale non può fare a meno; né potrà guardare all’orizzonte verso una società idilliaca dove non occorra il rigore della norma; noi sappiamo che la vita su questa terra non è angelica, ma umana, e la politica, che è destinata in concreto agli uomini, sarà umana ma non per questo immorale.

D’altra parte una sana legislazione traduce nella società maggior valore di giustizia di quanto non possa fare la carità individuale.

Ora – dice l’oratore – mi è gradito fare alcune precisazioni personali.

L’uomo è l’attore quotidiano della vita politica; perciò nessuno può sottrarsi, se non all’attività, almeno all’interessamento della politica. Ogni uomo ha il dovere della professione politica, che deve esplicare obbedendo alle esigenze morali della propria vita.

Nella vita politica è necessario entrare dopo essersi arricchiti della più completa preparazione umana, in quanto la politica non può fare astrazione dall’uomo con il quale sta a diretto contatto nello svolgimento quotidiano di una attività prettamente umana. E in ciò l’uomo politico deve curare che il suo impegno sia pieno, ed investa tutta intera la propria personalità.

Avanti al fatto poi che nella politica le ideologie sono diverse ed assai numerose, l’uomo politico deve essere fedele alla propria, che, pur differenziandosi dalle altre, avrà con esse anche però qualcosa in comune; della moltitudine degli avversari non dovrà mai temere, facendo coesistere la propria con le idee altrui; non solo tollerando queste ultime, ma rispettandole con carità ed in base ai sani principii democratici.

Né si può astrarre da alcune manifestazioni particolari della attività politica, come la polemica, che ha diritto di esistere, ma che deve cessare ogni volta che le idee possono convergere.

La tattica politica poi corrisponde ad un retto e prudente giudizio della situazione nella quale deve agire.

In politica deve essere sostenuta la propria personalità ma senza che ciò sia oggetto di vana ambizione.

Particolare responsabilità hanno i rappresentanti democratici della vita politica. Essi devono ascoltare ed appoggiare quanto viene loro richiesto dal gruppo elettorale dal quale deriva il loro potere, ma non indulgere, per desiderio di popolarità, nel loro giudizio, e svolgere piuttosto attività di sano orientamento.

Questi problemi morali della politica in particolare devono essere sentiti da noi, che abbiamo vissuto intimamente una vita di formazione morale cristiana, e che i principii cristiani vogliamo tradurre con la medesima coscienza nella vita pubblica.