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CONGRESSO Conclusi i lavori. Alici: “Il Papa ci chiama a una stagione di generatività”

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Si è concluso questa mattina a Roma l’XI Congresso nazionale del Meic, dedicato al Concilio Vaticano II e all’orizzonte culturale della Chiesa oggi. “Il confronto di questi tre giorni è stato davvero ricco. Dalle idee e dai contenuti scaturiti in questi giorni costruiremo il percorso verso l’Assemblea nazionale del Meic del 2014”, ha detto il presidente nazionale del Movimento Carlo Cirotto tirando le somme al termine dei lavori.

L’ultima giornata dell’assise degli intellettuali cattolici ha ospitato la voce del filosofo Luigi Alici, ex presidente nazionale dell’Azione cattolica e autore di ‘I cattolici e il paese. Provocazioni per la politica’, saggio sulla presenza e sul ruolo dei cattolici nella sfera pubblica che ha fatto molto discutere negli ultimi mesi.

Guardando alla novità rappresentata dall’inizio del pontificato di Francesco, Alici ha messo in guardia dal “rischio di lasciare che il Papa, col suo dinamismo, copra le nostre inerzie”, perché “oggi la resistenza al Concilio viene soprattutto da chi vuole conservare la routine pastorale, da chi si accontenta soltanto di fare un po’ meglio quello che abbiamo fatto sempre”.

Per il filosofo, i cristiani sono chiamati a promuovere un modo nuovo di abitare lo spazio pubblico: “La crisi non può diventare il pretesto per rifugiarci in forme di privatizzazione, di spiritualismo o di tribalismo”. La sfida per i credenti, ha detto ancora Alici è “articolare in modo autenticamente comunitario la comunità delle differenze”, affinché “questa non degeneri nell’indifferenza o nell’intolleranza”. “Il nuovo nome della democrazia” dovrà essere “quello di una partecipazione che sconfigga i populismi dilaganti”.

Nel suo intervento Alici ha messo l’accento anche su uno dei temi centrali del magistero di Francesco, quello della misericordia: “Non è un dolcificante sintetico, una retorica rassicurante per una vicinanza paternalistica alle persone, ma deve avere la credibilità per incontrare e superare le miserie, soprattutto quelle senza speranza”. Ma sulla miserie “non si deve lucrare proponendo un Vangelo emozionale”, oppure “forme di retroguardia assistenzialistica che non interpellano le vittime sulle causee delle loro povertà, finendo per diventare complici della politica coprendone le inefficienze”. In questo senso i gesti del Papa non vanno “derubricati a una forma di simpatico folklore argentino, ma vanno situati nella prospettiva di un incontro ravvicinato tra miseria e misericordia”. Si tratta di “una svolta che può avere effetti straordinari se ci trova disponibili a una rigenerazione profetica dell’idea di Chiesa popolo di Dio”.

Tornare all’essenzialità della fede, dunque, è la priorità: per Alici “dobbiamo scucire le maglie dell’appartenenza ecclesiale dalle incrostazioni improprie, dettate più dal moralismo che dalla profezia del Vangelo, e cominciare a ricucirle dall’essenziale”. “Lo Spirito”, ha concluso il filosofo, “ci sta sorprendendo, provocandoci a un nuovo atteggiamento nei confronti della storia. Papa Francesco ci sta chiamando a una nuova stagione spirituale fondata sulla generatività. La nostra testimonianza cristiana personale e associata si deve far mettere in crisi dai segni dei tempi. Se uno ha la risposta a tutte le domande, vuol dire che Dio non è con lui. La tradizione e la memoria del passato, invece, devono darci il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio”.

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