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Chiarinelli e Sanna: teologia delle religioni, antropologia del limite e le sfide del cristianesimo

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CAMALDOLI (AR) – Teologia delle religioni e antropologia cristiana: sono questi i due temi, complessi e cruciali, che hanno impegnato gli oltre cento partecipanti alla prima giornata della Settimana teologica del Meic, inaugurata ieri sera a Camaldoli dall’introduzione del presidente Carlo Cirotto. E’ toccato a due vescovi, il viterbese monsignor Lorenzo Chiarinelli e monsignor Ignazio Sanna, ordinario di Oristano, di dare l’avvio alla riflessione generale dell’appuntamento camaldolese, dedicato a “L’uomo nelle religioni”.
Chiarinelli, che è intervenuto in mattinata sulla prospettiva teologica, ha sottolineato come la compresenza delle diverse religioni nella società moderna sia una grande sfida per il cristianesimo: “Mi pare che noi ci troviamo bene quando giochiamo il ruolo della ‘maggioranza’, che è comodo, o quello della ‘minoranza’, che rafforza la nostra identità.Invece non siamo affatto abituati a percepirci semplicemente ‘come’ gli altri, in mezzo agli altri. Ma l’uomo è relazione, e come ha detto chiaramente Benedetto XVI nella ‘Caritas in veritate’, solo in questa dimensione si realizza la nostra identità autentica”. Quindi per il vescovo di Viterbo “il cristianesimo dovrà innanzitutto impegnarsi a comprendere se stesso in una pluralità di religioni e dovrà riflettere in concreto sulla verità e l’universalità che esso rivendica” in questo stesso contesto plurale. Per questo il presule ha evidenziato “l’esigenza di una maggiore conoscenza di ciascuna religione” e l’avvio di “un nuovo lavoro teologico: bisogna che la nostra Chiesa coltivi di più le vocazioni teologiche perché forse non lo facciamo abbastanza”.
Questo pomeriggio è stata la volta di monsignor Sanna, che ha parlato di “Antropologia del limite ed etica dell’infinito” nella prospettiva del cristianesimo. “L’esperienza del limite è forse molto più forte oggi che in altri tempi. I continui progressi nei diversi campi della tecnica e soprattutto in quello della medicina e della genetica rendono più acuta la percezione della necessità di superarlo”. Ma “l’avanzamento della tecnica non ha diminuito, bensì acuito le incertezze, non ha eliminato, ma moltiplicato le ragioni dell’angoscia esistenziale”. Tutto questo, ha proseguito l’arcivescovo di Oristano, “sfida l’antropologia cristiana a trovare delle coordinate concettuali per vivere il limite in modo umano, sia quando lo si considera valicabile che quando lo si considera invalicabile”. La risposta, secondo Sanna, sta nel promuovere una “etica dell’infinito” radicata nell’incarnazione di Cristo: “La storia umana ha accettato miti in base ai quali un uomo è diventato dio, perché questa possibilità esalta la potenza dell’uomo, ma non ha trovato facile ammettere che un Dio diventi uomo, perché questa eventualità deprime la potenza di Dio”; ora “Gesù ha assunto il limite umano, per superarlo dal di dentro, e, nell’accettare il limite della natura umana, ha trasformato questa natura umana in una promessa di salvezza”.

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Ignazio Sanna – ”Antropologia del limite ed etica dell’infinito”