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CONVEGNO DI CASERTA Una Chiesa accogliente per un’Italia più coesa

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Una Chiesa accogliente, profetica e coraggiosa: è quella che occorre al Sud, ma anche all’Italia tutta e all’Europa, per crescere e aprirsi al mondo e generare comunità più solidali e ricche di umanità. E’ il messaggio che arriva dall’ultima giornata di lavori del convegno nazionale del Meic “Dal Sud al Nord. Un’Europa aperta al Mediterraneo”, che si è concluso oggi a Caserta.

“In Italia possiamo ripartire da una Chiesa sognatrice”, ha detto il teologo don Massimo Naro, “o più precisamente da una Chiesa che si lasci coinvolgere da quello che è il sogno che papa Francesco ci ha confidato un anno fa al Convegno di Firenze: una Chiesa inquieta e lieta”. Per Naro “le due aggettivazioni sembrano fare a pugni fra di loro e invece si esigono a vicenda: serve una Chiesa capace di uscire dalle proprie sicurezze per incontrare le incertezze della nostra gente e contemporaneamente una Chiesa con il volto di mamma, una Chiesa accompagnante. E’ un compito molto concreto e tutt’altro che poetico”.

Per Augusto Sabatini, magistrato reggino ed ex consigliere nazionale del Meic “c’è un aspetto ecclesiologico che sta emergendo anche attraverso il papato di Francesco: questi sono tempi in cui la Chiesa si avvia sulla strada del coraggio piuttosto che su quella del conflitto. E’ cioè una Chiesa che cerca di testimoniare la straordinaria forza dell’amore misericordioso di Dio, e questo deve farlo ovviamente con umiltà e con una capacità di ascolto che dovrebbe esserle congeniale ma che probabilmente anche nel corso del tempo si è un po’ atrofizzata”.

Il convegno si è chiuso con la condivisione di due testimonianze concrete. La prima è arrivata da Vincenzo La Monica, responsabile immigrazione e povertà della Caritas di Ragusa: “La nostra è una Caritas di frontiera che vede il suo impegno nell’accoglienza dei migranti, non solo quelli che arrivano dal mare ma anche quelli che lavorano nell’agricoltura subendo situazioni di sfruttamento molto pesanti che vanno denunciate. Noi stiamo sperimentando forme di soluzione concrete dei problemi, messe in campo dalla Chiesa locale insieme alla Chiesa italiana, per esempio “Rifugiato a casa mia” che è un’iniziativa che chiede alle parrocchie di accogliere in famiglia i migranti rifugiati e quindi risponde concretamente all’appello di papa Francesco”.

L’altra testimonianza è stata portata da suor Rita Giaretta, responsabile di Casa Rut, una importante realtà casertana di accoglienza delle donne vittime di tratta: “Sono qui per portare una voce di speranza in questa terra grazie all’esperienza che stiamo vivendo con Casa Rut e con la cooperativa sociale New Hope, con le quali diamo accoglienza, riscatto e dignità a tante giovani donne vittime del traffico di esseri umani in questo nostro territorio. Dobbiamo trasformare questo mondo che così come va avanti adesso non ci piace, ma se siamo uniti e troviamo segni di positività, e se abbiamo il coraggio di stare insieme possiamo veramente realizzare cieli nuovi e terra nuova, un mondo nuovo e più umano”.

“Il convegno ha voluto non solo analizzare dei problemi ma trovare individuare anche delle soluzioni offrire delle strategie per il futuro”, ha concluso il presidente nazionale del Meic Beppe Elia. “Credo che in quanto emerso qui a Caserta ci sia una possibilità per il Meic e per tutti noi di individuare delle forme operative, delle collaborazioni, e non solo, con altre associazioni ecclesiali, per costruire iniziative e progetti che vadano nella direzione che abbiamo inteso percorrere in questo convegno, quella di una relazione tra il Nord e il Sud per la costruzione di una società più coesa capace di superare i problemi che viviamo nel Paese e che nel Meridione sono particolarmente acuti”.

Per Elia “il tema delle relazioni e della solidarietà tra le persone oggi è centrale e la politica non può fare a meno di considerare tutto questo. La crisi della politica affonda anche il questo, ma è un problema anche della comunità ecclesiale. Come Meic dobbiamo impegnarci su questo. È vero, siamo piccoli, ma da credenti non possiamo non generare segni di speranza. I nostri gruppi devono crescere nella consapevolezza del loro di compito di far crescere culturalmente la comunità ecclesiale”.

“Dobbiamo elaborare cose nuove, persino cose scomode”, ha concluso il presidente: “Le forme ecclesiali, anche le nostre forme associative, forse non sono più adeguate alle sfide del nostro tempo. Servono scelte di forte innovazione, questa è una vera sfida per il Meic, e serve il coraggio, come ha detto il Papa nel suo discorso ai movimenti popolari, di sporcarsi le mani con i problemi veri della società”.