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(L)odi et amo

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23 Ottobre 2018

di SIMONE ESPOSITO

Faceva un po’ impressione, ieri, nientemeno che sul New York Times, leggere di Lodi e della linea dura del suo sindaco sull’accesso in mensa per gli scolari stranieri. Una vicenda dolorosa, come sa esserlo solo un’ingiustizia inflitta alla dignità dei più incolpevoli, i bambini, che ha finito per fare il giro del mondo. “Neanche il crack della Banca Popolare di Lodi, nel 2005, forse, aveva avuto una risonanza di questa portata”, ha commentato il quotidiano locale, il cattolico “Cittadino”.

E’ un fatto che intorno alla mensa lodigiana s’è spaccata ancora di più la già divisissima opinione pubblica nazionale, tra sostenitori e oppositori del ministro dell’Interno. E la domanda di fondo, sul NYT come nei bar, sui social come a tavola davanti al telegiornale, è sempre una sola: l’Italia è diventata un paese razzista?

La verità è che rispondere sta diventando sempre più complicato. I numeri del report finale della commissione “Jo Cox” sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, attivata dal Parlamento italiano nella scorsa legislatura, sostengono che la diffusione dei discorsi d’odio e xenofobi – che in Italia e in Europa sono alla base della maggioranza dei reati motivati dall’odio – ha conosciuto negli ultimi anni un aumento esponenziale sui social network, e di conseguenza sulla stampa nazionale: ben prima, quindi, del voto del 4 marzo. Ma è anche probabile che il nuovo indirizzo delle politiche sull’immigrazione abbia sdoganato e istituzionalizzato nel discorso pubblico uno stile più aggressivo e intollerante nei confronti dei cittadini stranieri: i dati delle ultime indagini, da Eurobarometro all’Istituto Cattaneo, sembrerebbero confermarlo.

C’è però un altro dato inconfutabile. Nella stessa Lodi del sindaco Sara Casanova è nato un coordinamento dal nome bellissimo, “Uguali Doveri“, che ha raccolto l’intera somma necessaria a garantire a tutte le famiglie discriminate l’accesso ai servizi scolastici e che sta portando avanti i ricorsi amministrativi contro il regolamento comunale. Nella stessa Italia in cui aumentano gli episodi di intolleranza (l’ultimo denunciato dalla presidente del Centro italiano adozioni internazionali), si moltiplicano anche le esperienze di dialogo, di integrazione, di accoglienza. Come “Torino la mia città”, il progetto di alfabetizzazione e cittadinanza ideato dal Meic locale, una storia bellissima che in quindici anni ha aiutato oltre 3mila donne nordafricane e quasi 1000 bambini a diventare cittadine e cittadini. I corsi sono ripartiti proprio in questi giorni.

L’Italia è un paese di razzisti? Sì, lo è: un paese di persone spaventate e rassegnate a sterilizzare le proprie paure nell’odio verso i diversi da sé. Ma è anche lo stesso paese di tanta gente che scommette quotidianamente su comunità accoglienti, generose, radicate nella propria storia e proprio per questo capaci di guardare senza paura a un futuro aperto a tutti. A ognuno di noi la possibilità di scegliere in quale Italia vogliamo vivere, noi e i nostri figli. E di lavorare per costruirla.