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Un Parlamento svuotato e i rischi di una democrazia che non guarda più ai diritti

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In questi giorni sta circolando il testo di un appello nato su iniziativa di alcune personalità impegnate nel Meic e attive nel dibattito pubblico: il documento lancia un forte allarme sulla tenuta della nostra democrazia parlamentare, messa a dura prova dall’ultimo, discusso iter di approvazione della legge di stabilità 2019, compiuto fuori dal quadro dell’articolo 72 della Costituzione.
L’appello è stato già sottoscritto da molti altri, non solo soci del nostro Movimento, come il presidente emerito della Corte costituzionale Ugo De Siervo. Vogliamo rilanciarlo anche sul nostro sito, sia per raccogliere nuove adesioni (basta segnalare il proprio nome nei commenti del post su Facebook) sia per aprire un dialogo sui contenuti del documento, che ospiteremo sempre su queste pagine.

Un Parlamento svuotato e i rischi di una democrazia che non guarda più ai diritti

L’approvazione della legge di bilancio da parte del Parlamento italiano suscita preoccupazioni assai profonde a motivo di un processo legislativo che appare compromesso e stravolto nella sostanza del suo rapporto con quanto previsto dall’ordinamento costituzionale della Repubblica. Una serie di istituzioni indipendenti, compreso il Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati, hanno ravvisato nella struttura della legge e nella procedura seguita una profonda criticità rispetto a quanto previsto dal nostro ordinamento istituzionale. È stato ricordato da molti costituzionalisti come l’articolo 72 della nostra Costituzione richieda ai due rami del Parlamento un esame accurato dei disegni di legge che vengono sottoposti all’attenzione dei parlamentari, al fine di garantire un processo deliberativo che consenta la necessaria ponderazione di quelli che dovrebbero diventare testi normativi e di consentire una discussione che, attraverso il veicolo dei rappresentanti eletti, permetta alle diverse componenti del paese di essere coinvolte nel processo politico e istituzionale. Il venir meno di questo processo, che viene nascosto dall’urgenza di evitare l’esercizio provvisorio delle finanze pubbliche e dalla discussione riguardante il contenuto della legge di bilancio, rappresenta un fatto di particolare rilevanza e gravità istituzionale.
Quello a cui assistiamo è il punto terminale di un deterioramento dell’istituzione parlamentare che ha radici storiche nella crisi che ha attraversato il nostro paese a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso e che ha visto ridurre, progressivamente, la centralità del Parlamento a favore di un protagonismo anche legislativo del governo mediante un ricorso via via più esteso alla decretazione d’urgenza e alla legislazione delegata. Si è trattata di una tendenza seguita da tutti i governi che si sono succeduti dal 1994 in poi che ha impoverito il dibattito pubblico in una fase storica nella quale una rinnovata centralità del Parlamento nei processi di riforma delle strutture sociali, economiche, istituzionali e politiche del paese avrebbe certamente ricostruito un senso di prossimità fra cittadini e istituzioni del cui venir meno oggi constatiamo e viviamo gli effetti più profondi e laceranti.
La scelta del governo di presentare una legge di bilancio con tempi e modalità che impediscono il vaglio adeguato da parte del Parlamento si iscrive certamente nel solco di questo deterioramento progressivo della nostra vita istituzionale, che soffre di riforme mancate e incompiute. Tuttavia, il caso di questi giorni segna un salto di qualità in questo indebolimento dello Stato democratico. Mentre è più forte la crisi della rappresentanza politica si sceglie di compromettere quella istituzione che dovrebbe ponderare le leggi e si modificano i rapporti istituzionali consegnando al governo, mediante lo strumento della fiducia e l’annullamento, di fatto, dell’appropriato iter parlamentare, una centralità anche nell’esercizio della funzione legislativa. Stupisce che a rendersi promotori di questa modificazione de facto del nostro assetto istituzionale, operata senza alcuna modifica costituzionale, si rendano responsabili forze politiche che due anni fa, in occasione del referendum sulla riforma della seconda parte della Costituzione, difesero la necessità di restituire al Parlamento la sua funzione di rappresentanza e la sua centralità nel nostro ordinamento istituzionale.
In un passaggio storico nel quale riemergono tensioni e divisioni che rispondono ad esigenze spesso contingenti e che denunciano il venir meno di una ricerca di un interesse pubblico e comune che nella coscienza del paese sembra farsi via via più opaco, il ripensamento della rappresentatività dell’istituzione parlamentare e la sua centralità rappresenta uno snodo essenziale per delineare un futuro possibile. La possibilità, per il Parlamento, di esercitare la propria funzione nella libertà e nei limiti che la nostra Carta costituzionale gli riconosce rappresenta un presidio di libertà e al tempo stesso delinea i tratti di un’Italia che sa pensare e costruire gli strumenti legislativi che rendono effettivi quei diritti e quei doveri che sono il cuore programmatico del nostro essere una comunità politica. La scelta compiuta in occasione dell’approvazione di questa legge di bilancio, compromettendo la centralità dell’istituto parlamentare, lede alla radice questa dinamica storica e politica che è la ragion d’essere della nostra Repubblica.

Hanno sottoscritto l’appello:

Riccardo Saccenti
Vito D’Ambrosio
Ernesto Preziosi
Ugo De Siervo
Vittorio Possenti
Ugo Perone
Annamaria Pastore
Mario Chiavario
Maurizio Ambrosini
Carlo Cirotto
Giovanni Pieroni
Sandro Campanini
Luigi Fusco Girard
Giovanni Ferretti
Beppe Elia
Marinella Sciuto
Stefano Biancu
Tiziano Torresi
Francis Contessotto
Stefania Di Terlizzi
Giancarlo Galeazzi
Luca Rolandi
Paolo Daccò
Marta Margotti
Paolo Pellegrini
Leopoldo Cassibba
Maria Cristina Volpe
Salvatore Lezzi
Maria Rita Valli
Roberto Nicolò
Paolo Gallo
Salvatore Iannitto
Rita Caracciolo
Ivanna Preto
Elisa Verrecchia
Luigi D’Andrea
Gaetano Quadrelli
Enrico Peyretti
Maria Adele Roggero
Walter Cavallini
Salvo Mangano
Paolo Nepi
Giuseppe Migliorini
Sergio Rancati
Giulio Modena
Oreste Aime
Maria Angela Monti
Mario Serafin
Luigi Galmozzi
Claudio Ciancio
Ivano Mariconti
Domenico Laruffa
Simona Borello
Lanfranco Peyretti
Francesco Laruffa
Maria Consolata Bertola
Antonio Puccio
Salvatore Misiano
Doriana De Alessandris
Simone Esposito
Roberto Bornacin
Silvia Ponte
Marina Eusebi
Matteo Garzetti
Luisa Iotti
Cesare Raviolo
Maria Teresa Gino
Piero Bongiovanni
Giuseppe Scavone
Angelo Toscani
Augusto Sabatini
Alessio Terzi
Emanuela Melchiorre
Maura Bertini
Maria Laura Gelmini
Sergio De Carli
Daniela Mazzuconi
Paolo Tini Brunozzi
Paola Cipelli
Costantino Mustacchio
Marco Tommasino
Cristina Giorcelli
Piero Tani
Gabriella Corsi
Giuseppe Poletto
Terelisa Cotessotto
Umberto De Conto
Fabio Caporali
Raffaele Savigni
Lucia Rugani
Valeria Ricci
Enzo Cacioli
Monica Rimoldi
Antonietta Gronchi
Giorgio Mandoli
Giuseppe Matulli
Luigi Giraldi
Sergio De Carli
Riccardo Rossi
Giovanni Bombelli
Bruna Bocchini Camaiani
Paolo Viani
Don Stefano Cucchetti
Pierluigi Granata
Antonio Cipolla
Gabriele Pecchioli
Jacopo Locatelli
Costantino Bolis
Rosaria Capone
Elena Bulzi
Saverio Mariotti
Anna Vignali
Mariachiara Fincati
Carla Tilli
Mauro Garuglieri
Valeria Stagi
Gaetano Mercuri
Paolo Tonini
Silvano Priori
Ezio Andretti
Massimo Carli
Elisa Gianassi
Lucia Preve
Giuseppina Amico
Rosalba Bo

IL TESTO DELL\’APPELLO

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