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Un Sinodo per l’Amazzonia, un bene per tutta la Chiesa

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di MARINELLA V. SCIUTO

Chiusi i lavori del Sinodo dell’Amazzonia, “Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, si apre un periodo opportuno di meditazione sulle scelte da intraprendere per il futuro delle comunità ecclesiali non solo in America Latina ma anche nel nostro Occidente secolarizzato, in particolare l’Italia, paese in cui, nel 2018, le persone che non si recano mai in un luogo di culto hanno superato quelle che ci vanno regolarmente.

Papa Francesco, con la convocazione del quarto sinodo dei vescovi del suo pontificato, prosegue con determinazione sulla via tracciata dal Concilio consapevole dei venti contrari che soffiano da parte delle frange conservatrici interne al tessuto ecclesiale. Nella cronaca dei lavori sinodali, ad esempio, non è passato inosservato il furto di quattro statuette di legno, le «Pachamama», raffiguranti donne incinte dai tratti indigeni, indicate dai blog e siti conservatori, come “simboli pagani”.

A parte questi tratti pittoreschi, l’esame dei voti espressi dai 185 padri sinodali al documento finale, richiede qualche osservazione su questioni ben più complesse. In particolare, nel documento conclusivo di 120 paragrafi, articolato secondo quattro “conversioni”, pastorale, culturale, ecologica e sinodale, ci sono alcuni paragrafi particolarmente delicati, quali il 111 e il 103, che sono stati approvati a maggioranza. Il paragrafo 111, quello che apre alla possibilità, «nelle zone più remote» di «ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo» «potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile», è stato ricevuto con 41 «non placet». Si tratta di un’ipotesi eccezionale motivata dalla necessità di garantire l’Eucarestia a comunità che sono costrette a privarsene per mesi se non per anni. Nella Chiesa cattolica peraltro, come ricordato da alcuni osservatori, esistono già preti sposati con figli: si pensi alle chiese uniate in cui non vi è obbligo del celibato e il caso dei fedeli anglicani, compresi sacerdoti con famiglia, che hanno ricevuto nel 2009 il permesso papale di rientare nella Chiesa Cattolica.

Per quanto riguarda il ruolo delle donna nella realtà amazzonica, quale «coordinatrice di comunità», tema presentato nel paragrafo 103 del documento finale, occorre ribadire il dato positivo della riapertura della Commissione di studio sul diaconato femminile ferma al 2016 al fine di discutere della proposta dell’istituzione del diaconato permanente esercitato anche dalle donne. Tuttavia la mancanza dell’unanimità nella votazione del paragrafo 103 in questione, con 30 «non placet» invita alla riflessione ponderata.

Pronto il giudizio in tal proposito del Coordinamento delle teologhe italiane: “La storia del mondo oggi – ha dichiarato Marinella Perroni – corre certamente molto più veloce della storia della Chiesa”. Guardare alla «Chiesa dal volto amazzonico», con l’apertura all’introduzione di uno specifico rito, sarà pertanto salutare per l’intera Chiesa universale, in quanto l’annuncio di Gesù Cristo esige una Chiesa accogliente e missionaria, capace di coniugare inculturazione e interculturalità con fedeltà, audacia e passione e che sa ascoltare il grido di allarme che proviene dai popoli della Foresta amazzonica per la tenuta dell’ecosistema mondiale.