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Ricordo di Marta Margotti in Consiglio Nazionale

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Come immaginate, non avrei mai voluto essere qui per ricordare Beppe. La morte fa parte della vita, però, e, alla fine, non ci può togliere ciò che tutti noi, singolarmente e come Movimento, abbiamo ricevuto da Beppe.
È sempre difficile condensare in poche parole la vita di una persona, a maggior ragione quella di Beppe che è stata caratterizzata da una molteplicità di circostanze, di impegni, di progetti, di incontri, a Torino e in tutta Italia. Se dovessi riassumere in una immagine la sua vita, direi che è stato un uomo che ha amato le profondità e le ampiezze: profondità dell’intelligenza, nel senso soprattutto di capacità di leggere dentro la realtà, e ampiezza delle relazioni, con una speciale propensione a costruire reti tra persone, gruppi, istituzioni. E nonostante questa spiccata ricerca di profondità e ampiezze, era anche l’uomo della leggerezza, che è la vera consistenza dell’essere cristiano: essere nel mondo e non del mondo, con i piedi per terra, in cammino, il cuore sempre in ricerca e gli occhi che guardano avanti e in alto.
Nato a Carignano nel 1948, ancora bambino si è trasferito con la famiglia a Torino. Si è formato nell’Azione cattolica di cui è stato presidente diocesano dal 1979 al 1983. L’attenzione alla formazione dei cristiani lo porta nel Movimento ecclesiale di impegno culturale che ha guidato a livello diocesano dal 1999 al 2005. La sua lucidità e la pacatezza, accompagnate sempre da una sottile vena ironica, lo hanno fatto rapidamente apprezzare in tutto il Meic, tanto da divenirne presidente nazionale dal 2014 al 2021. Segretario del consiglio pastorale diocesano di Torino dal 1988 al 1993, ha partecipato alla commissione preparatoria dell’Assemblea diocesana che nel 2021 ha riflettuto sui molti nodi da affrontare «nella prospettiva di una Chiesa in uscita e missionaria». L’impegno di Beppe si è radicato infatti nella convinzione – come ha scritto su «Coscienza» qualche tempo fa – che «Solo un popolo di Dio che sa di essere una minoranza sotto il profilo numerico, senza potere, senza ambizioni, ma ricco di umanità, può davvero rendere incontrabile la Parola di cui è testimone. La sinodalità, prima ancora che a livello istituzionale, si declina attraverso questo camminare insieme». Con tale intuizione, già dal 2007 ha promosso a Torino le iniziative di Chicco di senape, il coordinamento tra associazioni e gruppi cristiani torinesi (tra cui il Meic) che riflette sull’urgenza del rinnovamento della Chiesa, offrendo negli ultimi mesi un contributo originale anche al “cammino sinodale”.
Laureato in ingegneria al Politecnico di Torino, Beppe si era specializzato in acustica tecnica, con particolare attenzione alla sicurezza e all’igiene del lavoro e dell’ambiente; in questo campo, ha svolto numerose iniziative di formazione e attività per l’innovazione per molte imprese italiane. È stato consigliere di amministrazione nella società per cui lavorava e ha ricoperto incarichi in associazioni scientifiche e in organismi tecnici. Sposatosi con Luciana Castellarin, ha avuto due figli, Fabrizio e poi Cecilia. È rimasto vedovo e si è risposato nel 2015 con Stefania Di Terlizzi.
All’inizio degli anni Novanta, ha partecipato a Torino alla nascita del Laboratorio di cultura politica, promosso da numerose associazioni, con l’obiettivo di aiutare i cristiani a riflettere sulla crisi del sistema dei partiti negli anni di “tangentopoli” e sui rapidi cambiamenti della società e delle forme di governo. Era convinto che di fronte a queste trasformazioni fosse urgente rinnovare le motivazioni e le forme della presenza del cattolicesimo democratico. Per questo motivo contribuisce con altri a sostenere attivamente l’elezione a sindaco di Torino di Valentino Castellani, nel 1993. Ha poi aderito al movimento dei Cristiano sociali di cui diventò coordinatore regionale per il Piemonte. Negli ultimi mesi, ha operato a stretto contatto con il Comitato nazionale per il Forum di Etica civile, al quale partecipano associazioni di diversa ispirazione che puntano a cercare “buone ragioni” per vivere insieme nelle città, nel nostro paese e a livello globale.
Consapevole del valore della laicità, Beppe ha distinto sempre, nei suoi diversi campi di azione, la dimensione politica dalla dimensione religiosa. La precisa coscienza dell’importanza dell’impegno politico lo ha spinto a richiamare l’urgenza di chiare scelte di giustizia sociale per costruire la “città dell’uomo a misura d’uomo”. Attento a cogliere i segnali di cambiamento e a tradurli in proposte operative, era convinto – nei fatti prima ancora che nelle parola – che senza la passione non sia possibile alimentare la coscienza civile e costruire istituzioni democratiche. Di fronte ai rischi incombenti per la democrazia, ha ricordato su «Coscienza» che la passione è «la convinzione che non ci si può arrendere all’avanzata di atteggiamenti autoritari, alla domanda di uomini forti, o ai proclami di facili scorciatoie per risolvere i problemi». Alla fine, il destino non è segnato e può essere cambiato. Infatti, concludeva, «il futuro sarà quello che noi sapremo essere: protesi a ricercare solo la propria individuale prosperità, e allora si produrrà un mondo ancor più disuguale ed impoverito, o capaci di guardare al bene di tutti. Spero avremo il coraggio di imboccare questa seconda via».