1. Home
  2. Opinioni
  3. SICILIA Alla ricerca di futuro
0

SICILIA Alla ricerca di futuro

0

15 Novembre 2018

di MARINELLA VENERA SCIUTO
vicepresidente nazionale Meic

L’incontro seminariale di cultura politica svoltosi a Catania il 27-28 ottobre scorso,  presso l’accogliente sede del Seminario Arcivescovile della Diocesi, ha avuto esiti assai interessanti sotto diversi profili: sociologico, politico-costituzionale ed ecclesiologico-pastorale. 

In apertura, Padre Gianni Notari, noto per il suo appassionato impegno nella pastorale sociale della diocesi di Catania, oltre che per le sue competenze disciplinari nel settore degli studi sociologici, nel prendere le mosse dalla  “retrotopia”, come Bauman definisce la condizione antropologica europea,  post crisi del 2008, ha invitato ad una inversione di rotta imperniata sulla categoria della  “generatività sociale” che si pone come alternativa radicale alla società consumistica che esalta l’individualismo dei desideri dei singoli, che si ritrova nel “compro, ergo sono”,  che si esprime nel “ritorno alle tribù” ossia  alla divaricazione tra il “noi” e il “loro” che è poi alla radice dei processi di discriminazione, intolleranza, xenofobia.  La generatività sociale è in grado invece di attivare processi creativi che debbano prendere congedo dai modelli del passato e che siano quindi pronti a prendersi cura del “nuovo” per poi lasciarlo esistere autonomamente, proprio come avviene nella relazione sana tra genitori-figli. Si tratta di modelli di attuazione pratica e non solo teorica che siano in grado di dare vita, ad esempio, a nuove forme di conduzione aziendale, utilizzando anche lo strumento della Rete, che abbandonino, al Sud, dinamiche assistenzialistiche e attivino piuttosto dinamiche imprenditoriali, tenuto conto ovviamente del grave deficit di legalità presente nel territorio del Mezzogiorno, ma non solo. Occorre in definitiva, come ha suggerito padre Notari, che le comunità cristiane, di fronte alla “transizione antropologica nuova”,  si abilitino sempre di più a comprendere i processi politici, economici, culturali in atto seguendoli non più su scala italiana o europea ma su scala geopolitica mondiale. 

In questo quadro, il contributo della cultura democratica espressa dai cattolici nei lavori della Costituente, richiamato da  Luigi D’Andrea,  consigliere nazionale e già vicepresidente nazionale del Meic, può essere ancora oggi fecondo nella misura in cui esso apre ad un modello di mediazione culturale e politica di cui si avverte il bisogno, specie in relazione allo scenario politico italiano apertosi dopo le elezioni del 4 marzo 2018, elezioni non a caso definite watershed elections, elezioni spartiacque. Di fronte a questo quadro certamente inedito, D’Andrea ha suggerito di guardare ai problemi complessi con un approccio globale e non settoriale. Occorre attraversare la differenza e il conflitto e quindi superare la tentazione della identità, del “primato”, per aprirci alla categoria della “relazione”. Occorre infatti comprendere che le due categorie del “primato” e della “relazione” non possono vivere l’una senza l’altra. La categoria del primato non è in sé “illegittima” ma non può esaurirsi nella forma del primato gerarchico o monologante, dovendosi declinare in termini di primato dialogante. Il primato deve muovere dalla relazione. Non può esistere primato senza relazione e, del pari, il primato deve essere “per la relazione”, deve cioé essere esercitato per irrobustire la relazione e non per soffocarla.  Esemplare, sotto il profilo del diritto costituzionale, la formulazione del principio di sussidarietà così come espresso nell’art. 118 della Costituzione della Repubblica Italiana che trova un suo immediato riferimento nel diritto comunitario, all’art. 5 paragrafo 3 del Trattato di Maaastrict del 1992.

Di grande interesse le osservazioni anche sul piano ecclesiologico pastorale: è stato opportunamente richiamato dal presidente del gruppo di Catania, Salvo Di Leo, che il MEIC ha dedicato l’ultima settimana teologica di Camaldoli al dibattito sulla presenza del cattolicesimo democratico nella vita politica italiana “coniugandolo giustamente al tema della sinodalità posto che l’impegno dei cattolici nella polis non può essere disgiunto da quello nella Chiesa”. La sinodalità, ha sostenuto Di Leo, proprio nelle ore successive alla approvazione del documento finale del Sinodo dei Giovani, “deve diventare la cifra di normalità nella vita delle nostre Chiese: vero è che la tentazione verticistica è presente tra i presbiteri ma è anche vero che i laici non sono realmente preparati e disponibili ad assumere il loro ruolo sinodale in una Chiesa nella quale in tempi brevi non ci saranno più sufficienti chierici per potere far fronte alla gestione perfino delle esigenze correnti. Le esperienze che i laici hanno acquisito in ambito professionale, sociale, religioso costituirebbero una importante risorsa culturale ed operativa da mettere al servizio della Chiesa”. 

Sotto il profilo della formazione come esigenza urgente per rendere il laicato cattolico sempre più vigile e preparato rispetto alle sfide del presente, è risultata decisiva, nel quadro del seminario, la proposta, già avanzata nei mesi scorsi alla CESI ( Conferenza Episcopale Siciliana) da parte di don Paolo La Terra, assistente regionale del Meic, di un radicamento dell’ Università Cattolica nel territorio siciliano con indubbi effetti positivi di volano di idee e di progetti che abbiano nei giovani la linfa vitale, contrastando così la desertificazione in corso degli atenei siciliani.

La strategia da costruire, ha concluso il presidente Elia, fa leva sulla forza dei territori, sulla diffusione delle esperienze positive di coesione sociale. Rispetto alle sterili nostalgie di un passato ormai concluso, è il momento che la “minoranza profetica” dei cattolici impegnati, nella attuale crisi dei corpi intermedi, intese come forme di aggregazione sociale pre-politica  e politica, abbia il coraggio della parresìa esprimendo nell’agire concreto la necessità di creare reti di collaborazione stabili e permanenti con quanti vogliono lavorare per edificare la casa comune certamente a partire dalla vicinanza con la grande famiglia dell’ Azione Cattolica. Da segnalare, a tal proposito, la partecipazione al seminario del delegato regionale dell’azione cattolica siciliana, Sebastiano Distefano.

Il seminario è stato anche occasione propizia per vivere l’Eucarestìa conclusiva, concelebrata da don Giuseppe Schillaci, assistente del gruppo di Catania, e da Don Paolo La Terra, come coronamento di un esecizio di meditazione comunitaria sulle metafore del lievito che scompare nell’impasto, della lucerna che illumina senza abbagliare, del chicco di grano che deve morire per poter portare frutto, nonché sulle tre parole rivolte dai discepoli di Gesù al cieco Bartimeo, “Coraggio! Alzati, ti chiama!”.  La chiave di lettura del senso del discernimento spirituale ci viene offerta da Giovanni Battista Montini, ora San Paolo VI, quando nel testo Spiritus Veritatis scriveva nel 1930 che “mi farò precetto di conoscere con sufficente esattezza ed ampiezza la dottrina cristiana. Ma tutto ciò per illuminare e sorreggere, non per sostituire o inceppare lo studio che mi sono scelto come ramo della mia competenza; perché devo dare alla mia preparazione professionale le migliori fatiche intellettuali, vincendo l’indolenza dilettantista per precisare un campo di studio e di lavoro“.

Come affermato in apertura del seminario il delegato Iannitto: “Ecco di che cosa ha bisogno, di che cosa abbiamo bisogno noi del Meic, per custodire la casa comune e la Costituzione: farci una vita interiore, di studio, affetti e interessi e dare “testimonianza alla verità, per imitare così Gesù Cristo, come a [noi] si conviene”. Impresa possibile nello stile unico e irripetibile dell’amicizia vissuta nel Meic.

Appuntamento dunque al prossimo seminario: il cammino continua.