1. Home
  2. Notizie
  3. In questa confusione, torniamo alla politica
0

In questa confusione, torniamo alla politica

0

31 Maggio 2018

di SANDRO CAMPANINI *

La situazione cambia di minuto in minuto. E mentre lo scrivo, questo pezzo sulla situazione politica italiana rischia di non essere già più aggiornato. Si sono riaffacciate nuove ipotesi di Governo dopo la clamorosa fine del primo tentativo Lega-5stelle e l’incarico a Carlo Cottarelli. E anche questo è segno drammatico di una situazione nella quale la ricerca del vero bene per il nostro Paese, da parte di molti protagonisti della scena politica, è andata sempre più sullo sfondo. Perché è questo il punto che rischia di sfuggire nel vortice di dichiarazioni, dibattiti, contrasti. Non è in discussione – ci mancherebbe – che se si forma una maggioranza parlamentare questa abbia il diritto di governare. Ma se dopo quasi tre mesi di attesa ancora non si è arrivati a questo esito e se l’unico obiettivo politico è o governare a tutti i costi o andare a nuove elezioni (non importa se in piena estate e con un paese sempre più sotto attacco della speculazione, i cui effetti nefasti – è bene ricordarlo – sono per fortuna frenati, almeno per ora, dall’appartenenza all’Euro e da un’istituzione europea come la BCE), con la speranza di aumentare il proprio consenso, senza nessuna preoccupazione per lo stato reale e i bisogni dell’Italia, vuol dire che si stanno davvero perdendo di vista i fondamentali. Ed è preoccupante vedere tante persone agitarsi ed esaltarsi, come fossimo allo stadio, salvo poi tirare su i cocci – spenti il televisore, lo smartphone e il computer – di una situazione economica in grave peggioramento.

A rendere il quadro ancora più drammatico è la vicenda del “diktat” al Presidente della Repubblica, mai osato da nessuno, neppure da Silvio Berlusconi, per la formazione del nuovo governo di Giuseppe Conte. Una vicenda grave e assurda, in cui le due forze che avevano composto la maggioranza dopo una faticosa e a mio parere un po’ farsesca trattativa (il famoso e anche qui inedito “contratto”) hanno sfidato apertamente e cercato di piegare il Presidente Mattarella alla loro volontà, nonostante fosse noto il suo dissenso sul nome del Prof. Paolo Savona, non per una questione personale, né di preferenza politica ma di chiarezza e coerenza sia rispetto ai programmi elettorali e di Governo, sia rispetto agli impegni internazionali già assunti dall’Italia, sia infine alla necessità fondamentale di salvaguardare i risparmi e l’economia del Paese, senza i quali nessuna autonomia è davvero tale. A molti è sfuggito che è proprio per evitare una pesante limitazione – di fatto – della nostra “sovranità nazionale” (da intendersi sempre non in senso assoluto, ovviamente) che Mattarella ha dovuto respingere una proposta che nascondeva (e quindi rivelava) un’intenzione futura di radicale critica alla politica europea e di uscita dall’Euro, non ancora esplicitata per ragioni tattiche.

Del resto, il motivo per cui Lega e 5stelle hanno voluto aprire un conflitto istituzionale mai visto prima, proprio vicini al traguardo e mettendo a rischio (come poi è avvenuto) l’intera operazione di Governo per difendere un singolo ministro, peraltro tecnico, rimane oscuro. O fin troppo chiaro. Personalmente, ho due ipotesi, che possono essere complementari: si trattava di “piegare” il Presidente della Repubblica in modo da indebolirlo – e quindi avere maggiore libertà di movimento – in vista di successivi passi antieuropei; oppure, ben sapendo che non avrebbe accettato l’imposizione, ottenere di andare a votare presto potendo dare la colpa di questo esito al Presidente stesso e con la speranza di un maggiore consenso. Ipotesi comunque strana, la seconda, visto che si trattava di rinunciare a un Governo quasi fatto per difendere un solo nome; così strana che, se fosse, fa pensare anche altri elementi (una sopravvenuta perplessità sul contratto e sulla sua effettiva possibilità di realizzazione? o sulla figura di Conte? o sulla tenuta dell’alleanza?).

Sta di fatto che, in tutto questo, non vi è traccia di senso delle istituzioni, di responsabilità, di senso della misura; soprattutto, del bene dell’Italia e delle necessità dei cittadini e cittadine, anche coloro che hanno votato Lega e 5stelle.

In questo scenario, il Partito Democratico ha mantenuto una posizione di distanza e di manifesta lealtà al Presidente della Repubblica. E’ un partito che ha bisogno di ritrovare un senso di coesione interna e ridefinire le priorità programmatiche, anche alla luce di un esito elettorale molto negativo. Sull’opportunità o meno di tentare un governo con i 5stelle ci sono opinioni diverse. Personalmente, ritengo che ciò che è successo in campagna elettorale e in queste ultime settimane riveli aspetti problematici insiti ancora oggi nei 5stelle – tra contraddizioni, adattamenti furbeschi, mancanza di confronto democratico interno, mancanza di chiarezza sul ruolo di Beppe Grillo e di Casaleggio, repentini cambi di posizione dalla sera alla mattina – che mi rendono difficile pensare che sarebbe stata possibile un’esperienza di governo comune tra queste due forze. Peraltro, il Partito Democratico sarebbe andato a questa trattativa in condizioni di debolezza e con problemi irrisolti al suo interno, che probabilmente si sarebbero aggravati nella difficile navigazione successiva. Ritengo – sono certamente di parte, ma credo di poterlo dire – che una forza politica come il PD sia ancora utile al Paese, anche in posizione di minoranza, e che una sua riduzione ai minimi termini o addirittura una sua “sparizione” sarebbe un danno non solo per chi lo ha votato e lo vota. Del resto, per quanto possano valere i sondaggi, la percentuale di elettori che ha dato fiducia al PD alle scorse elezioni non sembra essersi abbassata ulteriormente dal 4 marzo in poi, anzi, sarebbe in atto (nonostante le incertezze e una leadership “provvisoria” ) un certo recupero, segno di un sostanziale consenso dei suoi elettori alla scelta di non allearsi con i 5stelle. In ogni caso, capisco benissimo la posizione di chi, ritenendo una sciagura un governo giallo-verde, avrebbe preferito un “sacrificio” del PD pur di evitarla, sperando inoltre di poter “condizionare” i 5stelle. Non condivido invece l’assunto per cui, pur avendo in mente di non arrivare all’intesa, il PD dovesse “vedere le carte”, aprire cioè una trattativa solo apparente, per far emergere le contraddizioni altrui. Sinceramente, sentire in taluni casi passare da grandi e giusti discorsi di principio al tatticismo estremo mi ha lasciato perplesso. O si aveva il coraggio di sostenere ed argomentare la necessità e l’opportunità di un accordo PD-5stelle e allora andava sollecitata una trattativa che avesse come scopo il raggiungimento di questo esito (poi magari non riusciva, ma questa è un’altra faccenda); oppure non mi pare fosse molto corretto (e mi chiedo quanto poi utile, con un fattore-tempo sempre più drammatico), anche di fronte al Paese, aprire una finta trattativa, con un finale negativo già scritto e rischiando, peraltro, di essere additati come colpevoli della mancata nascita del nuovo Governo.

In questo momento non so se Cottarelli formerà il nuovo Governo (e quindi si andrà a nuove elezioni, o in estate o fra qualche mese) o si tornerà a un accordo Lega-5stelle o altre ipotesi (dopo quello che è successo dopo il 4 marzo, non si può escludere nulla!).

Al di là di come vada a finire, ciò che è successo negli ultimi mesi, ma anche negli ultimi anni, richiama tutti coloro che hanno a cuore il bene comune ad alcuni impegni prioritari:

– una rinnovata diffusione dei valori civili, democratici e costituzionali e delle regole scritte (e non scritte) che ne derivano, le quali precedono e sovrastano il confronto politico, le appartenenze, le maggioranze/minoranze. Dobbiamo curarci di una nuova “alfabetizzazione” politica e costituzionale, soprattutto nei confronti dei giovani (ma non solo) senza la quale tutto e il contrario di tutto è considerato legittimo in base a un reale o presunto “consenso” o alle proprie personali preferenze e sensibilità;

– una diffusione di una cultura del confronto politico che rinunci all’aggressione verbale, alle offese personali, alle riduzioni semplicistiche, alla continua caricaturizzazione degli avversari, alle false notizie, ecc. Occorre molto lavorare su una nuova etica della comunicazione, non solo nel dibattito politico ma anche più in generale;

– una chiarificazione, sul piano informativo e culturale, di alcuni temi controversi spesso conosciuti solo superficialmente, con la conseguenza di interpretazioni estremizzate. Cito solo tre temi a mio parere urgenti. Si pensi al fenomeno delle migrazioni e dei richiedenti asilo (diventato “un’invasione”…), seppure senza nascondere ingenuamente – ma anzi affrontando – i problemi che comunque ci sono al di à delle strumentalizzazioni; si pensi all’Unione Europea, che va difesa nella sua funzione fondamentale – grazie alla quale siamo da decenni in un contesto di pace, cooperazione, libertà di scambio e circolazione, tutela dei diritti ecc., con meccanismi di codecisione comunitaria da migliorare ma comunque presenti – ma per la quale richiedere riforme importanti nel segno della democratizzazione, di una politica economica, fiscale ed estera comune e di un più marcato impegno sul piano sociale e occupazionale; si pensi ai temi dell’economia, della finanza e del lavoro, con la necessità di perseguire modelli economici a servizio dello sviluppo di imprese, cooperative e persone e non dell’avidità delle centrali finanziarie; un’economia più umana e una finanza finalizzata a sostenere uno sviluppo etico e sostenibile, non l’arricchimento ingiusto di pochi privilegiati.

Questo impegno può essere, in particolare, fatto proprio dai cattolici – singoli, nelle parrocchie, associati come nel MEIC – i quali hanno anche il dovere di testimoniare modalità sobrie e rispettose di confronto e discussione, di mettersi in ascolto e in dialogo con le persone più arrabbiate e a disagio, di favorire relazioni e scambi tra opinioni anche diverse, di costruire spazi e occasioni di confronto, approfondimento dei problemi, discernimento, di formazione per tutti/e ma in particolare per i / le giovani.

In questo senso, noto un positivo fermento nel cosiddetto “mondo cattolico” – a partire proprio dal MEIC, ma si pensi anche al recente libro del Presidente di AC Matteo Truffelli e ad altre esperienze (come la Rete di associazioni cattolico-democratiche “Costituzione, Concilio, Cittadinanza-c3dem“, di cui sono coordinatore pro-tempore, il Forum di etica Civile, le realtà ispirate al Movimento dei Focolari, fino alle espressioni sociali e sindacali “storiche”). Un fermento che andrebbe valorizzato e che mi fa sperare in una nuova stagione di attenzione all’ambito socio-politico, non finalizzata ad ambigui rassemblement più o meno confessionali o a collateralismi di sorta ma alla creazione di spazi e occasioni comuni di dialogo ed elaborazione e alla promozione di attività formative e informative condivise.

Ho già scritto davvero troppo eppure tanto ci sarebbe da aggiungere. Mi fermo qui e ringrazio il MEIC per lo spazio concessomi, in tutta libertà e quindi, ovviamente, senza alcun suo coinvolgimento.

* coordinatore Rete c3dem