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I 150 anni dell’Ac: una storia di fede e libertà

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di BEPPE ELIA

L’Azione Cattolica inizia la sua Assemblea nazionale, e domenica mattina festeggia con papa Francesco i suoi 150 anni.

Sono due momenti importanti anche per noi del MEIC, che siamo innestati nello stesso tronco associativo. Perché la vicenda dell’AC attraversa un tratto lungo di storia, del Paese e della Chiesa, e nulla di quanto è avvenuto in questo tempo ci è estraneo.

Esprimendo un mio personale sentimento, ringrazio per quello che essa ha rappresentato per me, la mia vita, la mia fede, la mia formazione. E credo che moltissimi altri possano dire la stessa cosa, alcuni magari senza esserne più parte; perché vivere in profondità l’AC, anche solo per una porzione della vita, lascia una traccia di amicizie e di esperienze non facilmente dimenticabili.

Mi son domandato talvolta chi sarei stato se non avessi incontrato nell’AC animatori che ho ammirato e mi hanno aiutato a capire, assistenti che mi hanno educato alla responsabilità personale, amici con cui ho condiviso momenti importanti, se non avessi respirato l’aria dei suoi gruppi giovanili; e mi son detto che difficilmente avrei avuto la stessa possibilità di vivere una esperienza di Chiesa così intensa e libera. Ho accettato dei compiti associativi perché qualcuno, più esperto di me, ha avuto fiducia in me, mi ha aiutato a superare la mia timidezza e mi ha chiesto di assumere responsabilità alle quali ritenevo di non esser preparato. Perché l’AC è così: non la sequela di un leader bravo e carismatico, ma lo spazio in cui, nella preghiera, nella riflessione, nel dialogo vivace e talvolta anche conflittuale, si impara a vivere la propria fede. Un responsabile nazionale della GIAC mi diceva che, in AC, ai ragazzi non si compra il biglietto del treno per fare un bel viaggio, ma gli si chiede di andare lui stesso in biglietteria per acquistarlo.

Non so come sarà l’AC domani (né come sarà il MEIC), e vi è chi pensa, nella Chiesa, che queste forme associative appartengano ad un passato glorioso, e non abbiano futuro. Ma l’annuncio del Vangelo, soprattutto domani, passerà ancora attraverso la voce e la vita di tanti laici credenti che sappiano dare ragione della loro fede. Chiamiamolo come vogliamo, ma uno spazio, come quello dell’AC, in cui il laicato matura in libertà e creatività la sua fede, dovremo comunque costruirlo.