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SETTIMANA TEOLOGICA 2016 “Peccatori sì, corrotti no”: educhiamoci al Vangelo della giustizia

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Proseguono a Camaldoli i lavori della Settimana teologica 2016 del Meic, dedicata al tema della corruzione. Anche quest’anno l’iniziativa ha richiamato al monastero toscano oltre cento tra soci e simpatizzanti del Movimento, docenti, professionisti e animatori culturali di molte diocesi italiane. Una partecipazione richiamata anche dall’occasione di celebrare gli 80 anni delle Settimane camaldolesi, nate nell’estate del 1936 su impulso del progenitore del Meic, il Movimento laureati dell’Azione cattolica, fondato tre anni prima da Igino Righetti e Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI.

La prima parte dell’edizione di quest’anno è stata dedicata all’approfondimento del fenomeno della corruzione sotto il profilo spirituale, teologico, biblico ed ecclesiale: sono intervenuti i teologi padre Giulio Parnofiello e suor Anna Maria Vissani, il monaco camaldolese padre Matteo Ferrari e il filosofo don Rocco D’Ambrosio.

L’invito a ripartire dalla spiritualità è arrivato da suor Anna Maria Vissani, religiosa delle Adoratrici del Sangue di Cristo e direttrice del Centro di spiritualità “Sul monte” di Castelplanio (AN). “La corruzione vive nel mondo perché abita nel cuore dell’uomo”, ha spiegato la teologa: “Ecco perché la spiritualità può dare un senso nuovo alla vita e contrastare questa tentazione”. Per la religiosa “il cielo e la terra devono ricongiungersi: è questa la dimensione profetica alla quale sono chiamati i credenti. La sfida è abitare questo mondo sempre più fragile con cuore puro, con la consapevolezza che a piccoli passi un’anima radicata nel Vangelo può sanare le ferite della società”. In fin dei conti, ha concluso, “la vita spirituale è tutta qui: portare in noi la realtà e trascinarla verso Cristo”.

Don Rocco D’Ambrosio, ordinario di filosofia politica alla Gregoriana e docente di etica della Pubblica amministrazione alla Scuola superiore del Ministero dell’Interno, ha sottolineato invece l’importanza di affrontare la corruzione a partire da un forte approfondimento culturale: “Non basta solo parlarne, abbiamo bisogno di studiare, perché si tratta di un fenomeno complesso che tocca aspetti giuridici, economici, politico-istituzionali e anche ecclesiali, e per essere contrastato va prima di tutto compreso bene”. “Bisogna partire dalle radici etiche e antropologiche e poi comprenderne a fondo gli effetti”, ha continuato: “Come dice papa Francesco, le prime vittime della corruzione sono i poveri, perché le risorse pubbliche sottratte indebitamente alla realizzazione del bene comune finiscono nelle tasche dei ladri principalmente a scapito delle persone più fragili”.

D’Ambrosio ha richiamato a questa responsabilità formativa innanzitutto le comunità cristiane: “Solo una visione completa del fenomeno ci permette di identificare le responsabilità, che sono innanzitutto personali, ma anche sociali ed educative: penso alle comunità cristiane, alle associazioni e ai gruppi che hanno il compito di formare alla presa di coscienza e alla testimonianza nei confronti della società”. Per il filosofo un grande impulso in questa direzione sta arrivando da Francesco: “Il papa ci sta aiutando molto, sottolineando gli aspetti spirituali della corruzione e la sua estrema gravità: peccatori sì, corrotti no. E riprendendo il discorso di Giovanni Paolo II sulla struttura di peccato, Francesco ci fa capire come la scelta interiore di rimanere fedeli al Vangelo della giustizia è quella che ci difende da qualsiasi tentazione di corruzione”.