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ACIREALE “Bene comune biodegradabile?”

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di SALVO CATALANO

Fare chiarezza sul concetto di bene comune, di cui molto si parla oggi, ma che rischia di rimanere una scatola vuota. Con questa finalità venerdì pomeriggio in una gremita sala conferenze del Credito Siciliano di Acireale si è tenuto un incontro dibattito con Luigi Alici, già presidente dell’Azione Cattolica Italiana e docente di Filosofia morale presso l’Università di Macerata, a cui è seguito un vivace botta e risposta con i presenti. Tra questi anche il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti. Ad organizzare l’evento è stata l’Azione Cattolica diocesana in collaborazione con il Meic.

L’analisi del prof. Alici è partita dai risultati di una recente indagine Ipsos commissionata dalle Acli, relativa ai cattolici e alla politica, da cui emergono dati problematici: in Italia, ad una popolazione che va velocemente invecchiando si accosta un tasso di nuzialità in diminuzione, mentre si alza, attestandosi a 31 anni, l’età media del matrimonio. Aumentano le disparità sociali: il 10 per cento della popolazione detiene il 46 per cento della ricchezza complessiva del Paese, mentre anche la Chiesa fatica a conquistare la fiducia dei giovani che, nella percentuale del 27 per cento, affermano di non frequentare per niente la comunità cristiana. Infine, il 43 per cento dei cattolici intervistati dichiara di volersi astenere alle prossime elezioni. Un dato che supera quello sul totale dei cittadini. «È evidente – spiega Alici – che i cattolici impegnati hanno qualche problema con il futuro e con il concetto di “noi”. Trovano difficoltà a trasformare sul piano civile l’individuo in cittadino e sul piano spirituale il fedele nel corpo vivo della Chiesa». Il vero problema, secondo l’ex presidente dell’Ac, non va individuato in «singoli personaggi politici», ma nella «difficoltà a riconoscersi parte di un intero, da cui invece si tende a prendere le distanze per erigere una cortina intorno al vissuto personale». Ecco dunque che la scena pubblica appare, continua Alici, come «un insieme di tribù slegate tra loro, ognuna con il suo dialetto, i suoi simboli e i suoi riti, nelle quali si entra non per un senso di giustizia ma per la cooptazione di un capo».

Come agire dunque per arginare questa degradazione? Come tornare a «dire noi senza doverci vergognare, come un pronome che ci appassiona e non come un buco nero che ci fa paura?». Il professore individua tre linee di riflessione: sulla persona umana, sul bene comune e sull’idea di partecipazione. L’individuo ha bisogno delle relazioni. È il mistero della Trinità a rivelarcelo. «La relazione tra le persone è così importante che è persona essa stessa. E’ lo spirito, è l’amore ciò che accomuna le persone. Dio non ha creato solo la persona, ma creando essa ha creato anche la relazione tra le persone». Si passa dunque al livello successivo: il bene comune che, precisa subito Alici, «non è addizione, somma di interessi ed egoismi e non è neanche soltanto il semplice insieme dei beni naturali come l’acqua e l’aria. È piuttosto una profonda riflessione, in tutti i progetti che facciamo, su quello che ci accomuna e sulla qualità delle relazioni tra le persone». A livello politico, Alici individua nel modello bipolare italiano una delle cause della confusione sul concetto di bene comune, «diviso dagli schieramenti politici come se fosse una mela». «Ogni parte – spiega il docente universitario – pretende di avere un copyright sui beni preferenziali: il valore della vita, della libertà o della giustizia sociale. Aver vissuto il bipolarismo come un’opzione manichea, con il bene o il male tutto da una parte, ha creato un cortocircuito che ha bruciato il senso di un pavimento etico comune di cui abbiamo bisogno come un fondamentale politico che consente poi, nel legittimo esercizio della dialettica, di dare interpretazioni particolari».

Il terzo passo è la partecipazione politica che i cristiani sono spinti a vivere su un doppio livello. Il primo, «in cui tutti i cristiani si spendono per mantenere un sistema valoriale superiore». Il secondo investe la responsabilità personale e prevede, per chi si impegna attivamente, l’inevitabile scelta di uno schieramento. «Da questi cristiani – precisa Alici – dovremmo esigere il rispetto della responsabilità della verità. Lo stile di sistematico fraintendimento delle cose, la difesa ad oltranza del proprio capo sono comportamenti difficilmente classificabili come una vocazione cristiana».

Nel botta e risposta finale, moderato dall’avvocato Mario Di Prima, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Acireale, sono intervenuti Ninni Salerno (presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Acireale), Alberto Rapisarda (rappresentante del settore diocesano giovani di Azione Cattolica), Elio Tringali (per il settore adulti dell’Ac),Salvatore Leonardi (socio Meic), Santo Toscano (ex presidente diocesano di Ac), Morena Patti (responsabile del settore ragazzi di Ac), Marinella Sciuto (presidente del Meic). Ha concluso il dibattito una riflessione del vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti. «La svolta comincia già nel momento in cui facciamo un gesto di discontinuità e di novità. Anche se è piccolo e insignificante», ha detto Raspanti.

Le riflessioni del professor Luigi Alici sono riassunte nel suo blog Dialogando, da cui a breve verrà pubblicato un libro dal titolo I cattolici e il paese.

E il 24 novembre si parla del Concilio “ritrovato”

Dopo l’incontro con Luigi Alici, il Meic di Acireale, sempre insieme all’Ac diocesana, si prepara ad accogliere Luca Rolandi, ricercatore di Storia sociale e religiosa e giornalista di Vatican Insider, la testata di informazione vaticana ed ecclesiale de La Stampa. A tema c’è il Concilio e la riconciliazione della Chiesa con l’età moderna, che è stata la riconciliazione con l’uomo, non solo con gli uomini e le donne di “questo tempo”, ma di tutti i tempi.

Sabato 24 novembre alle 17.30 nel Palazzo di Città di Acireale verrà presentato l’ultimo libro di Rolandi, “Il futuro del Concilio.I documenti del Vaticano II: un tesoro da riscoprire”. Il volume, uscito per i tipi di Effatà, raccoglie gli interventi di Raniero La Valle, Giuseppe Militello, Roberto Repole, Paolo Gheda, Paolo Tomatis, Marco Tosatti, Maria Teresa Pontara Pederiva, Giacomo Galeazzi, Andrea Tornielli, Fabrizio Mastrofini, Luis Badilla Morales, Marco Ronconi, Gabriele Corini, Serena Sartini, Gianni Gennari, Gian Mario Gillio, Giorgio Bernardelli e Giovanni Ferrò.