Menu principale
In evidenza
BANNER 5X1000
banner facebook
Banner Giovani
Newsletter
Area riservata
News
PrintE-mail

Referendum, sė o no, ma andiamo a votare

06 Giugno 2011

Immagine

VISITA LA SEZIONE
DI APPROFONDIMENTO
SUI REFERENDUM:
"SI O NO, MA ANDIAMO A VOTARE"


Gli italiani saranno chiamati alle urne il 12 e 13 giugno prossimi per partecipare a una consultazione referendaria su tre temi: costruzione di impianti nucleari sul territorio italiano, gestione del servizio idrico a società di capitali, determinazione delle tariffe del servizio idrico (questi due sono i quesiti sulla cosiddetta "acqua pubblica"), abrogazione della legge sul legittimo impedimento a comparire in udienza penale per il presidente del Consiglio e per i ministri.

La scelta del Meic è quella di invitare e stimolare tutti a una corretta informazione sui temi e sui singoli quesiti per poi recarsi alle urne. Per sollecitare questa scelta, questo sito ospita una sezione di approfondimento con materiali e link utili.

Inoltre, pubblichiamo, dal numero 2-3/2011 di Coscienza in uscita in questi giorni e scaricabile interamente qui, l'editoriale del direttore Renato Balduzzi sull'ormai imminente consultazione referendaria, alla quale gli italiani sono chiamati il 12 e 13 giugno. Scrive Balduzzi, invitando esplicitamente a recarsi alle urne, che "i prossimi referendum sono l'occasione per richiamare la nostra responsabilità di cittadini elettori ai quali è conferito uno strumento democratico capace di rendere migliore lo stato della convivenza civile e la cui atrofia prolungata concorrerebbe a ferire ulteriormente la qualità della nostra vita democratica, già per varie ragioni messa a rischio".

Coscienza affronta in questo numero anche alcuni dei temi oggetto dei referendum: acqua (con Elda Gaino e Alessandro Ludovisi) e giustizia (con Augusto Sabatini). Entrambi i contributi, oltre all'editoriale che è anche proposto di seguito, sono scaricabili in formato pdf in fondo a questa pagina.


UNA DOMENICA DI GIUGNO, FINITE LE SCUOLE...

di RENATO BALDUZZI

In Assemblea costituente, Costantino Mortati, nel presentare le ragioni a favore dell'accoglimento nella Costituzione dell'istituto del referendum, ne sottolineò la «funzione equilibratrice», nel senso di un istituto idoneo a «promuovere l'educazione politica del popolo», purché però «la formulazione dei quesiti sia fatta in modo tale da mettere il popolo in condizioni di valutarne l'importanza».

Al di là degli stessi termini usati, il costituzionalista calabrese, eletto nelle file del partito democratico-cristiano, scolpiva con efficacia i tratti caratteristici di uno strumento la cui applicazione nel corso della vita repubblicana si sarebbe però discostata, e di molto, dal modello descritto.

Sto riflettendo su queste vicende nei giorni che ci avvicinano al 12 e 13 giugno, date scelte dal Governo della Repubblica per le votazioni referendarie su servizi pubblici locali, acqua, nucleare e legittimo impedimento, in attesa (nel momento in cui Coscienza va in stampa) di sapere la sorte del quesito sull'energia nucleare e nella consapevolezza di un clima culturale complessivo in cui riemerge una, pur confusa, rinnovata volontà di partecipazione politica (non elettorale, però) alla quale tuttavia il sistema politico-istituzionale, o parte di esso, sembra opporre ostacoli tecnici e remore politiche al fine di scoraggiare la partecipazione al voto. In ciò è certamente favorito dalla circostanza che, in generale, la partecipazione elettorale tende a contrarsi e, per quanto riguarda specificamente il referendum abrogativo, ormai da molti anni non viene raggiunto il quorum richiesto dalla Costituzione per la validità della consultazione: con la conseguenza che, a chi per qualsiasi ragione sia contrario all'abrogazione delle norme oggetto dei quesiti, risulta più vantaggioso promuovere l'astensione piuttosto che il no.

Credo che a questo stato di cose occorra reagire con forza, richiamando la nostra responsabilità di cittadini elettori ai quali è conferito uno strumento democratico capace di rendere migliore lo stato della convivenza civile e la cui atrofia prolungata concorrerebbe a ferire ulteriormente la qualità della nostra vita democratica, già per varie ragioni messa a rischio.

Ecco perché mi sento di lanciare da queste colonne un invito, fermo e sereno, a partecipare alle prossime votazioni referendarie e a invitare il numero più ampio possibile di nostri concittadini a fare lo stesso.

Sono consapevole che, in un referendum abrogativo, proprio la circostanza che la Costituzione richieda come condizione per l'approvazione della proposta anche la partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto al voto fa sì che siano tre le opzioni ammesse: votare sì (dunque a favore dell'abrogazione delle norme oggetto del quesito), votare no (dunque contro tale abrogazione), astenersi. E credo, per onestà intellettuale, che si debba ricordare che, in occasione del referendum abrogativo del 2005 sulla fecondazione artificiale, anche questa rivista e l'intero Movimento ecclesiale di impegno culturale appoggiarono l'astensione.

Ma proprio il precedente del 2005, invece di offrire argomenti all'astensionismo nel 2011, rafforza l'invito a partecipare. Infatti, in quell'occasione, i fautori dell'astensionismo sottolinearono, a loro giudizio, l'inidoneità degli argomenti oggetto dei quesiti ad essere decisi in via referendaria, reputando che questioni come quelle dei limiti alla ricerca scientifica e all'ingegneria genetica non si prestassero a soluzioni semplificate di sì o no. Non si trattava di una contrarietà al referendum come istituto, ma alla sua applicabilità a quelle concrete questioni. E infatti i fautori dell'astensionismo non boicottarono la campagna referendaria, ma promossero centinaia di incontri in tutt'Italia in cui le ragioni del sì, del no e dell'astensione potessero confrontarsi.

Tutt'altra è la situazione dei quesiti del 2011. Per quanto si tratti di argomenti pacificamente idonei ad essere oggetto di consultazione referendaria (se in materia di servizi pubblici locali e in particolare di quello idrico sia preferibile incoraggiarne la privatizzazione, se sia opportuna la ripresa della costruzione di centrali nucleari, se in tema di legittimo impedimento debba esservi una disciplina differenziata per i titolari di incarichi ministeriali), i fautori dell'astensionismo hanno scelto la strada del silenzio, della non discussione, dell'intervento legislativo non trasparente, del disincentivo alla votazione. La strada dell'opposizione allo strumento referendario come strumento di educazione alla partecipazione politica, per usare le espressioni di Mortati.

È contro questa tendenza che intendiamo reagire.

Certo, l'istituto del referendum potrebbe utilmente essere oggetto di un ripensamento in ordine ad alcune caratteristiche del procedimento, all'interno di una più ampia riflessione sullo stato di salute della nostra democrazia e sugli strumenti per migliorarlo. Ad esempio, ci si potrebbe interrogare sul momento più opportuno in cui collocare il giudizio di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, se dopo la raccolta delle firme, com'è adesso, oppure prima della medesima; o sulla congruità del numero delle sottoscrizioni richieste, che consente facilmente di promuovere referendum su temi magari poco sentiti dalla pubblica opinione o relativamente ai quali l'esito referendario porterebbe a soluzioni insoddisfacenti sia nel caso di vittoria dei sì come in quello di vittoria dei no (è quanto si verificò due anni orsono, a proposito di uno dei quesiti sulla legge elettorale politica, dove l'eventuale vittoria dei sì avrebbe peggiorato la legge Calderoli, mentre la vittoria dei no l'avrebbe consolidata ancora di più nonostante i suoi evidenti e gravi difetti: è chiaro che la promozione di quesiti siffatti non disincentiva l'astensionismo...).

Oggi però mi sembra indispensabile difendere l'istituto partecipando alle votazioni sui quesiti proposti e promuovendo occasioni di dibattito su di essi.

Il numero di Coscienza, oltre ad affrontare, nello stile pacato e riflessivo proprio della rivista, alcuni dei temi oggetto dei referendum (Elda Gaino e Alessandro Ludovisi, Augusto Sabatini), presenta altri contributi di interesse collegati al tema affrontato. Ciò vale per gli interventi volti a sottolineare la responsabilità del discernimento che ci riguarda come laici cristiani, alla luce delle sfide culturali odierne (Lorenzo Caselli) e nella prospettiva storica del rapporto tra cattolici e Unità nazionale (Giorgio Campanini), per il richiamo al rapporto tra inculturazione morale e coscienza (Cataldo Zuccaro), per l'analisi di Carlo Cirotto sul mistero della vita, per la riflessione di Roberto Cipriani sulla riforma universitaria e di Anna Civran e Marco Ivaldo sulla dignità femminile, senza dimenticare i flash sulle questioni collegate all'immigrazione nordafricana (da Lampedusa a Ventimiglia).

La ripubblicazione del messaggio al Meic che il beato Giovanni Paolo II rivolse all'Assemblea del 2002 costituisce infine uno stimolo continuo a proseguire nel nostro servizio culturale, sapendo che, se la responsabilità del discernimento storico-politico è essenzialmente su di noi laici cristiani, essa va esercitata con la mente e il cuore attenti al ruolo illuminante dei nostri Pastori.