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SCIENZA E FEDE

Umar Khayyam

Uno spirito matematico

 

Tra le preghiere scritte da illustri personaggi della storia, continuando sul tema “scienze e fede”, troviamo quella di ʿUmar Khayyām, astronomo e matematico persiano vissuto a cavallo tra l’XI e il XII secolo, in un periodo di forti instabilità politiche e religiose per le continue invasioni della Siria, Mesopotamia e Persia da parte dei Turchi.

Nel 1070 Khayyām si trasferì a Samarcanda dove, non ancora venticinquenne, scrisse il suo libro più importante, il Trattato sulla dimostrazione dei problemi di algebra e nel 1073 fondò un osservatorio astronomico. Per 18 anni si dedicò alla compilazione di accurate tavole astronomiche ed alla riforma del calendario. I fondi per l’osservatorio vennero a mancare e la riforma del calendario non si realizzò con pienezza. Tutto il suo lavoro scientifico venne attaccato dai musulmani sunniti, perché considerato non conforme alle norme della fede. Nel 1118 si pose il problema della soluzione dell’equazione cubica, dimostrando che non era risolvibile con riga e compasso (le sole dimostrazioni accettate all'epoca) ma mediante le curve coniche, anticipando, assieme ad altre ricerche nel campo della matematica, i risultati che 750 anni dopo ottennero gli algebristi italiani.

Impostò in modo molto generale la problematica della trasformazione dei problemi geometrici in problemi algebrici ed alla soluzione di equazioni complesse. Khayyām si occupò anche del Triangolo di Tartaglia e dei coefficienti binomiali. Affrontò anche le difficoltà poste dal V postulato di Euclide e dimostrò, inconsapevolmente, alcune proprietà delle geometrie non-euclidee. Numerosi sono stati i risultati delle sue ricerche matematiche.

Oltre ad essere un genio della matematica, ʿUmar Khayyām è stato anche un poeta. Lo possiamo immaginare meravigliarsi per la bellezza dell’universo e meditare sul suo Creatore, artefice di quella realtà che aveva saputo descrivere con rigore scientifico di “uno spirito matematico”. E forse proprio attraverso queste sue profonde riflessioni ha potuto scrivere la preghiera qui riportata (dal libro “Preghiere” di G. Ravasi):

 

Benché, Signore, non abbia quasi mai infilato

la perla dell’obbedienza alla tua legge,

benché non abbia spesso lavato

la polvere del peccato dal mio volto,

io non dispero della tua bontà,

della tua generosità, del tuo perdono.

Confesso il mio grande peccato;

tormentami, se tu lo vorrai;

accarezzami, se tu lo vorrai.

Io so però che tu desideri abbracciarmi.

 

Luigi Russo