Dal voto la richiesta di una politica pił "prossima"
21 Giugno 2016
![Immagine Immagine](allegati/image/2016/06/35011.jpg)
di BEPPE ELIA
presidente nazionale del Meic
Che i risultati dei ballottaggi
delle elezioni amministrative si presentino molto frastagliati è sotto gli
occhi di tutti: ed inevitabilmente ogni parte politica, anche la più colpita
dagli esiti complessivi, si aggrappa alle situazioni ad essa favorevoli per
trarre ossigeno e disegnare il proprio futuro.
L’impressione che si ricava è
tuttavia quella di non voler spesso indagare le cause profonde dei propri
insuccessi, ma anzi semmai di leggere i dati per continuare o addirittura
intensificare la propria azione lungo direttrici già definite e che non si
intendono modificare.
I cittadini hanno manifestato, in
larga misura, un bisogno di cambiamento; dice Renzi, l’esigenza di un
rinnovamento più che una protesta. Eppure, quando la domanda di cambiamento si
esprime con tale determinazione, essa contiene anche un elemento di protesta.
La sconfitta del PD in molte città non appare strettamente correlata a
demeriti amministrativi, ma semmai alla
percezione che questo partito non abbia la capacità di dare risposte alle
attese delle persone, soprattutto là dove vivono situazioni di difficoltà.
L’istanza di rinnovamento non è quindi tanto da intendere in senso anagrafico
(anche perché il necessario ricambio generazionale, se non è accompagnato da un
virtuoso percorso formativo e di integrazione,
rischia di far perdere anche i
significati che hanno ispirato la nascita di questo partito), quanto
soprattutto nella capacità di cogliere la profondità della crisi che riguarda
la vita delle persone e delle comunità.
Per fare questo occorre però una
immersione nella realtà della gente comune, delle periferie urbane, dei luoghi
in cui si svolge la vita ordinaria dei paesi e delle città. Probabilmente i 5
Stelle, accusati di essere una realtà virtuale, sono stati capaci di stabilire
relazioni umane, fatta anche di prossimità, più che non le formazioni politiche
tradizionali, più dello stesso Partito democratico che dovrebbe avere nel suo
DNA un solido radicamento territoriale.
E questo non si costruisce in poco tempo, perché occorre anche vincere una
diffidenza e un astio verso la politica e i partiti che sono profondamente
sedimentati nelle persone: non dimentichiamoci
che la metà dei cittadini non è andata a votare, segno che non ritiene
credibili neppure le proposte più radicalmente innovatrici.
Serve davvero un grande spirito
riformatore in questo Paese, ma le riforme profonde non si costruiscono con l’accetta, attraverso
degli atti di forza e la delegittimazione degli avversari (interni ed esterni).
A tal riguardo vedo emergere, negli auguri che si stanno facendo alle nuove
sindache di Roma e Torino, un atteggiamento di sfida (vediamo cosa sapranno
fare!), confidando nascostamente che esse non riescano nei loro intenti di
cambiamento. Io, che nutro molte riserve sul movimento politico cui esse appartengono, vorrei invece
esprimere la speranza che esse governino bene, e che tutte le risorse personali
e collettive presenti nelle loro città collaborino per realizzare questo
obiettivo. Come spero che chi farà opposizione nei palazzi civici avrà la capacità di elaborare proposte
realistiche e su di esse costruire la propria credibilità, e non si adatterà semplicemente
a frantumare quelle provenienti dalla maggioranza.