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LECCO Una serata per ricordare Martini

23 Ottobre 2012

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di LAMBERTO RIVA

Venerdì 12 ottobre scorso su iniziativa del Meic di Lecco si è tenuta una serata completamente dedicata a Carlo Maria Martini, un momento di ricordo e testimonianza nel trigesimo della morte. "Un Martini visto da vicino" era appunto scritto nel volantino-invito. E sono stati invitati a darci "il dono della loro testimonianza e della loro conoscenza diretta... anzi della loro familiarità con lui" due nostri amici che sono stati amici intimi dell'indimenticabile nostro vescovo e padre, la nostra Dora Castenetto, teologa, a lungo collaboratrice di Martini, e il sen. Franco Monaco, che da Martini fu fatto presidente diocesano della A.C. ambrosiana. Introducendo la serata il moderatore la presenta appunto come ‘un caminetto' tra amici per parlare di un grande ‘amico' e nel contempo anticipa due caratterizzazioni di Martini: per lui "l'essere cristiano" era materia non disponibile a mediazione ma il suo ‘essere cristiano' aveva una sostanziale apertura teologica allo ‘umano', come una vocazione ‘a far pace con l'umanità', alla comprensione di tutti e di ciascuno.
Comincia Dora che dice che si affiderà solo a ricordi ed esperienze che conserva nel cuore con nostalgia e tenerezza ma il suo dire coinvolge con vivissimo interesse ed emozione i presenti in un lungo percorso fatto di innumerevole annotazioni che dicono la affettuosa comunanza di vita tra Dora e Martini, che non possono essere riassunte che per brevi tratti. Dora presenta subito Martini come l' "uomo della Parola", colui che ha insegnato a ‘conoscere ed assaporare la Parola di Dio', passando poi a raccontare la sua vicinanza a lui, la lunga frequentazione , che le ha consentito di apprezzarne la profonda sensibilità umana. Dice di avere potuto provare per esperienza diretta la sua apertura al laicato, la sua capacità di valorizzare uomini e donne: la stessa Dora , eletta moderatrice al 47^ sinodo diocesano, insieme a due altre donne e ad un solo uomo, si è sentita pienamente accettata e direttamente valorizzata e sostenuta da Martini nello svolgimento di questa funzione importante e delicata tra la maggioranza altissima di preti e perfino di monsignori e professoroni. Ma ne ha potuto sperimentare la delicata attenzione al suo essere donna, insieme a tratti di affettuosa amicizia, in tante altre occasioni , come nei pellegrinaggi - Dora ne ha contati ben sedici - con l'ISMI dei sacerdoti diocesani, nei quali lei era sola donna. Nella conclusione Dora ha tenuto sospesi tutti i presenti coinvolgendoli emotivamente nel racconto degli ultimi tempi di vita di Martini quando lei ha potuto fare visita spesso allo stesso che si trovava nella casa dei Gesuiti a Gallarate: ci ha detto la sua sorpresa quando lo ha sentito chiamare semplicemente padre Carlo (egli infatti con estrema umiltà ha voluto essere allora semplicemente fratello tra i fratelli , nella stessa condizione di ammalato come tutti gli altri) ed ha aggiunto la testimonianza di altri tratti della umanissima accettazione della sua gravissima malattia. Alla domanda su che cosa gli pesasse di più di questa condizione egli rispose: "la dipendenza dagli altri anche per i bisogni più intimi, soprattutto di notte". Ma lo accettava come una normalità! Dora ci ha infine attanagliati dandoci la testimonianza di diretta esperienza‘ (come la messa con i soli Martini, don Damiano e Dora, lo scambio reciproco di un proprio libro con dedica e persino Martini che si lascia dare due baci da Dora!!!) che soprattutto negli ultimi tempi Martini non s i è sottratto alla trasparenza di un sentire con una paternità senza veli e con un'amicizia affettuosa, superando i limiti del suo temperamento piuttosto riservato, anzi timido e sobrio e dai tratti signorili che poteva essere stato letto talvolta come freddo e incurante.
Franco Monaco rincalza sul medesimo tono di testimonianza diretta, proprio di uno che l'ha conosciuto da vicino ed ha collaborato a lungo strettamente con lui. Ma desidera offrire qualche spunto di riflessione su tre temi principali: La sua ‘visione' della Chiesa, il rapporto con la politica e come "uomo tra gli uomini". Per il primo tema Monaco legge un lungo passo de' "La Chiesa dei miei sogni", discorso pronunciato da Martini nel primo anniversario della sua entrata a Milano da vescovo e tappa essenziale del suo intendere la Chiesa. Innazitutto emerge anche qui che Martini è il vescovo della ‘PAROLA' e Monaco ricorda che Martini ha scelto per la sua tomba la frase biblica "Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino".Di conseguenza Martini vuole una Chiesa ‘sciolta', aperta a tutti,al di là di ogni chiusura formale o strutturale, una Chiesa che valorizzi anche una forte dimensione del cuore,non troppo preoccupata di sbagliare nell'aiutare la gente,una Chiesa piuttosto dell'interrogazione che della risposta (emerge qui la sua formazione alla scuola di S. Ignazio), infine una Chiesa del Concilio, cioè una Chiesa sinodale e collegiale. Per la politica, dice Monaco, Martini non spasimava, non era il suo ‘sogno', ma rispettava in pieno l'autonomia dei laici e ne sosteneva l'impegno e la necessità della mediazione tra i valori ‘in grande', quelli scritti nella Costituzione e l'aderenza al reale, alla necessità che anche i cattolici fossero capaci di collaborare con gli altri per costruire la città dell'uomo a misura di uomo. Quando, comunque, nella sua funzione di Vescovo si è trovato di fronte, magari coinvolto suo malgrado, problemi grossi di carattere socio-politico e morale, che hanno segnato la dura temperie di quegli anni a Milano ( come il terrorismo o tangentopoli) Martini non ha esitato a prendere posizione anche pagando di persona e pronunciando con forza profetica parole adeguate alla situazione.
Infine anche Franco sottolinea la ‘vocazione' di Martini a comprendere tutti, e fa l'esempio del suo impegno diretto per i carcerati (la messa di Natale era sempre per gli ‘ospiti' di S. Vittore ) anzi evidenzia la sua capacità di mettersi uomo tra gli uomini (riferisce che il titolo del libro di Valli ‘Vita di un uomo' è stato voluto da Martini stesso) fino a condividerne la sofferenza con totale immedesimazione , anzi fino a sentire con drammaticità l'avvicinarsi della morte come un qualsiasi mortale: la accetta con serenità anzi con fede nel Gesù che ci ama, che ha dato la vita per amore di ciascuno di noi, ma ciò non toglie che la morte è un passaggio duro per tutti, difficile, per un cunicolo strettissimo , soffocante. Commentando il testamento spirituale di Papa Montini, al cui centro sta ‘la morte di un cristiano' Egli ne sottolineò la profondità spirituale ma giunse a dire che un conto è scrivere della morte quando se ne è lontano, un conto è viverla sulla tua pelle come un passaggio inevitabile ma duro,come la prova suprema della tua fede in Dio, come abbandono totale a Lui. E' stato così anche per Gesù. Martini maestro di vita, quindi, proprio con la testimonianza della sua malattia e della sua morte.
Su invito del moderatore, seguono altre interessanti testimonianze, sempre sullo stile del ‘caminetto',che, tra l'altro, era consueto a Martini nelle serate di convegni , incontri, pellegrinaggi. Interviene mons. Franco Cecchin, allora direttore della Radio diocesana,che ricorda la consuetudine di Martini nella ‘comunicazione della Parola' di riferirsi alla "icona" dei discepoli di Emmaus, ai quali ‘ardeva il cuore' quando stavano con Gesù... soprattutto allo 'spezzar del pane'. Il prof. Mario Mozzanica, pure intimo amico e collaboratore di Martini (hanno scritto anche un libro insieme!) ne sottolinea lui pure la capacità di amicizia, proprio come tra amici al di là delle prerogative di vescovo e di cardinale (come la sua discrezione e semplicità di approccio: quando gli telefonava a casa - e capitava spesso - chiedeva umilmente scusa del disturbo, specialmente se rispondeva la moglie). Mozzanica dà anche qualche simpatico esempio del vivo umorismo di Martini che non contrastava affatto con la riservatezza del suo carattere, ma era una ulteriore testimonianza del la sua umanità ("Sono rimasto abbindolato...", disse di una telefonata con la on. Bindi!). Anche il prof. Bernasconi, per undici anni membro del Consiglio pastorale diocesano, ne ricorda la familiarità del tratto.
E il moderatore conclude la serata riportando la testimonianza del prof Veronesi che da laico esprime tutta la sua ammirazione e stima di Martini e ne sottolinea particolarmente la morte esemplare, giungendo ad affermare che Martini morendo in casa, la casa sua e dei suoi confratelli, come uno di loro, alla presenza di confratelli e parenti, anzi con una mano nella mano di sua sorella, ci ha restituito la morte come fatto normale, di un uomo tra gli uomini, vissuta in famiglia tra il dolore, le lacrime e l'affetto di coloro che fanno parte della tua vita... come una volta, mentre oggi si tende ad esorcizzare la morte, tenendola lontana, lasciandoti morire in ospedale o in ricovero... tra estranei.
Insomma una serata di affetto e riconoscenza, molto motivante ed indimenticabile!