MEIC TORINO Donne maghrebine a scuola con il Meic
28 Ottobre 2010
![Un gruppo di mamme iscritte a ''Torino: la mia citta''' (foto (c) La Stampa) Un gruppo di mamme iscritte a ''Torino: la mia citta''' (foto (c) La Stampa)](allegati/image/2010/10/15571.jpg)
Donne maghrebine a scuola
per imparare a vivere Torino
di ELENA MASUELLI
© La Stampa
Oltre 300 le iscritte. Hanno bambini piccoli,
non lavorano, in molte non escono quasi mai di casa. L'obiettivo di
insegnati e volontarie che le seguono, in classi divise per livello di
preparazione, è quello di renderle più autonome nella vita quotidiana,
nella gestione dei figli, nella consapevolezza dei servizi cui possono
accedere. I risultati stanno nelle piccole grandi storie raccontate da
Maria Adele Roggero, responsabile del progetto del Meic: “Non posso
dimenticare Faten, che è andata in ospedale per partorire il quarto
figlio, portandosi le fotocopie delle schede di grammatica italiana
distribuite ai corsi. Hanane che non conosceva le parole “scuola” e
“anno scolastico”, pur avendo la bimba più grande in terza elementare.
Ma anche i sorrisi di Fatna, il giorno in cui per la prima volta ha
scritto il suo nome, a di Saadia, che uscendo dalle lezioni a Santa
Monica ha saputo leggere la targa di Via Vado”. Un grande successo è
l'accordo con il Centro Territoriale Permanente, che consente alle più
brave di sostenere l'esame di terza media. Come hanno fatto Sumia, una
ex allieva che oggi è una educatrice alla pari, e Fatima, allieva della
classe 2003, che è tornata per chiedere di dare una mano, e restituire
così un po' della sicurezza che il progetto le ha regalato.
“Le
lezioni sono divise in quattro livelli - spiega Marina Cancedda, una
delle veterane fra le insegnanti - si parte dalle analfabete totali,
anche nella loro lingua, per arrivare a chi nel proprio paese ha
conseguito, in qualche caso, anche la laurea”. Paradossalmente
l'approccio è più semplice con le più anziane, quelle che in Maghreb
hanno vissuto quando era obbligatoria la conoscenza del francese. Con le
più giovani è arduo, ma reso possibile dalla presenza di Amina, la
mediatrice culturale: senza di lei sarebbe impossibile capire e farsi
capire. A sostenere il lavoro del Meic la Provincia di Torino, la
Compagnia di San Paolo e l'Associazione COMENOI, impossibile
quantificare il valore dell'impegno delle volontarie.
Mentre i
bambini vengono affidati alle baby sitter, le mamme imparano come
muoversi per fare la spesa o chiedere un documento negli uffici
pubblici, acquisiscono elementi per confrontarsi con le maestre dei
figli, per seguirli meglio nel percorso educativo. Il programma prevede
incontri con una pediatra, una ginecologa, un’esperta di legge
sull’immigrazione, ma anche focus per far conoscere alle donne come
stanno cambiando i loro paesi di origine, il cammino che stanno
compiendo in materia di legislazione famigliare, che spesso cambia in
modo radicale la concezione della famiglia e dei rapporti fra uomini e
donne. Il rischio altrimenti è che chi è emigrato resti più ancorato
alle tradizioni e ai vecchi rituali di chi è rimasto, trasmettendo ai
figli un modello culturale che non c'è più.
E come per ogni scuola che si rispetti ci sono le
gite. L'anno scorso un giro con l'autobus turistico, il Mao, le piazze
storiche, il Valentino. Per alcune delle donne iscritte ai corsi di
alfabetizzazione la scoperta di un'altra Torino. Diversa da quella
rinchiusa fra i pochi isolati che separano la casa dalla scuola dei
figli che avevano sempre visto.
Il link originale dell'articolo è qui:
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/372927/