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Don Tonino, profeta smisurato

20 Aprile 2018

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di SIMONE ESPOSITO

È difficile dire la commozione nel vedere, oggi, il papa pellegrino da don Tonino Bello. Chi scrive fa parte di quella generazione di cristiani pugliesi che a don Tonino deve un pezzo essenziale delle proprie radici di fede. Addirittura conoscendone prima la voce che i libri, con le registrazioni delle sue omelie e dei suoi discorsi che circolavano nei gruppi e nelle parrocchie, in maniera quasi carbonara.

Perché don Tonino era scomodo allora tanto quanto resta scomodo oggi per le nostre coscienze sempre assediate dalla tentazione della tepidezza. Scomodo come chi, nel pantano del compromesso al ribasso, predica - e vive! - la vertigine della radicalità. Nel tempo delle mezze misure, la smisuratezza. Charitas sine modo, come recita l'iscrizione del Crocifisso di San Bernardino a Molfetta, che tanto lo affascinava: «È un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: amore senza moderazione. Smodato, sregolato. Amore senza freni, senza misura, senza ritegno. Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun'altra consegna che questa: Charitas sine modo. La misura dell'amore è quella di amare senza misura».

Ricordo distintamente (lo annotai anche da qualche parte) quello che pensai, ragazzino, ascoltandolo la prima volta da una musicassetta: questa è la voce di Isaia. Quando un giorno don Tonino sarà santo anche per le sacre congregazioni, come lo è già per Dio e per il suo popolo, accanto al titolo di vescovo bisognerà mettergli quello di profeta. A noi, invece, resta il compito di raccogliere la sua profezia. E di coltivare questo potente magistero gestuale di Francesco sulla santità contemporanea, che dopo Bozzolo e Barbiana vive oggi una nuova tappa.