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LODI "Liberalizzazioni e beni comuni: non possiamo tacere"

27 Gennaio 2012

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a cura del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale - Diocesi di Lodi

Non possiamo tacere di fronte all'azione annunciata dal Governo sul tema della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, un provvedimento che oltre ad aggirare i vincoli previsti dal voto referendario di giugno non ne comprende il significato più profondo, legato alla voglia di autogoverno locale e di riappropriazione dei beni comuni che la partecipazione di 26 milioni di cittadini ha sancito in modo chiaro e inedito.
Non possiamo tacere perché il risultato che si profila all'orizzonte è una svendita di beni comuni a soggetti portatori di interessi privati, un processo che rischia di dare spazio a chi dispone di grandi capitali grazie al fatto di averli esportati illegalmente, agli speculatori finanziari che da mesi attaccano gli Stati giocando sulla pelle delle persone, e alla criminalità organizzata, che dispone di una liquidità senza precedenti ed è pronta a reimmetterla nel mercato.
Non possiamo tacere perché chi in Parlamento avrebbe il compito di rappresentare altre istanze sembra non comprendere la speranza democratica che il grande movimento nato in questi anni rappresenta per il futuro del Paese, accontentandosi di mettere in discussione qualche privilegio di nicchia (taxisti, ordini professionali) e ignorando che la grande torta dei servizi pubblici locali è il "bersaglio grosso" a cui mira chi non vuole o non sa stare sul mercato.
In Italia, terra di cartelli, capitalismo familiare e capitani coraggiosi sovvenzionati dallo Stato, il mercato non è di casa: in una situazione di crisi, poi, riuscire ad entrare nella gestione dei servizi pubblici, dove i profitti sono garantiti dalle tariffe e in caso di problemi pagano comunque i cittadini, diventa una tentazione irresistibile.
Non possiamo tacere di fronte a un nuovo trasferimento di beni pubblici nelle mani di pochi, uno scenario già visto in Italia nelle privatizzazioni degli ultimi decenni; non possiamo accettare che il Governo e le forze politiche che lo sostengono non sappiano o non vogliano distinguere tra gestioni dissennate (da commissariare) e amministrazioni virtuose (da sostenere e incentivare), tra aziende pubbliche che erogano servizi di qualità promuovendo una reale democrazia dal basso e realtà create solo per garantire una collocazione a personale politico di secondo piano. Non possiamo tacere perché crediamo che solo ripartendo dai territori, da una nuova consapevolezza della responsabilità di tutti nei confronti del bene comune e dei beni comuni, la nostra democrazia può avere un futuro.
Cedere ai privati adesso, sotto l'emergenza del debito creata ad arte dalla speculazione finanziaria, beni e servizi che rappresentano lo spazio stesso dell'azione politica, sarebbe un errore imperdonabile, che le prossime generazioni pagherebbero carissimo.
Per questo anche noi, insieme a chi da anni si batte per l'acqua e i beni comuni, chiediamo con forza a chiunque ne abbia titolo di indirizzare diversamente le decisioni del Governo, facendo pesare fino in fondo la voce della società civile e della cittadinanza attiva, invertendo la tendenza inaugurata da chi, pur invocando il federalismo, ha sostenuto in questi anni misure centraliste come i tagli lineari e l'applicazione generalizzata del patto di stabilità.
Da tempo la politica è percepita come lontana dalla realtà: dobbiamo fare in modo che questa distanza non diventi incolmabile.