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VIENI AL MEIC "Metti che Dio si scopra una passione": l'esperienza di Giancarlo

23 Febbraio 2018

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Fra una settimana termina la campagna per l'adesione 2018 al Meic. Un momento importante per riflettere sulle ragioni della propria scelta di presenza e partecipazione nel Movimento, una scelta anche da testimoniare agli altri. Per questo, sul nostro sito, abbiamo chiesto ad alcuni soci di raccontarci la loro adesione. L'ultima voce è quella di Giancarlo Casella, da Cremona.


"METTI CHE DIO SI SCOPRA UNA PASSIONE"

di GIANCARLO CASELLA
Meic Cremona

Metti che Dio, un giorno, si sia scoperto la passione – sì, la passione, come le nostre per lo sci, la caccia, la lirica, la filatelia, forse qualcosa come quelle passioni che il monaco anatolico Isacco voleva che Lui avesse messo nell'uomo, a immagine, chissà, delle sue, a favore e non a danno dell'uomo – la passione, dicevo, per la creazione, per fare esistere ciò che non esisteva. 

Non parlo di gioco, come fa Moltman, per sottolineare la gratuità del gesto. Mi sembra infatti che il paragone sia pericoloso, per la connotazione negativa che al giocare diamo oggi, giustamente preoccupati della responsabilità, e quindi del rischio di un gioco irresponsabile. Naturalmente la passione come termine esplicativo dell'agire divino presenta rischi più grossi, ma consentitemi, per dimostrare il mio assunto, di usare provvisoriamente il termine improprio, ma anch'esso in grado di evidenziare che si tratta di operazione gratuita. 

Dicevo dunque che Dio - nell'eternità, naturalmente, ma di necessità a un certo punto - si scopre la passione per la creazione. Meno male che spunta la contraddizione fra l'eternità e il certo punto e così ci mettiamo al sicuro dal contraddire la scrittura: “Il Padre nessuno lo conosce, tranne il Figlio e coloro cui il Figlio lo voglia rivelare”. Sono comunque cose infinitamente più grandi di noi. 

Metti che si accorga che, nella sua onniscienza, che, prima ancora della rivoluzione informatico-virtuale, gli permette di conoscere a perfezione - qualità che sommamente gli si addice - tutti i segreti dell'intelligenza artificiale, metta in funzione una formidabile macchina dotata di capacità di autocorrezione. 

Metti che il progetto gli riesca – naturalmente lo sapeva già - così bene che, nell'entusiasmo, all'ultimo gradino del progredire del marchingegno, al sesto giorno, all'uomo – e alla donna: se no le femministe si arrabbiano – decida , sempre ab aeterno, di donare addirittura un tocco della sua stessa natura, quella libertà che li costringe, primi fra le creature, a scegliere fra il bene ed il male. E per fare loro questo dono, che è il più grande, perché è dono di sé, si retragga e lasci fare (la Kenosi), magari mandando ogni tanto qualche esortazione e qualche avviso (la profezia e altro ancora).

Ebbene, così facendo, visto che nella storia, come del resto da Lui previsto ab aeterno, l'uomo – e la donna, se no le femministe si arrabbiano - ne combina di tutti i colori, decide - sempre naturalmente ab aeterno – di fare quell'operazione che i teologi chiamano redenzione. Viene allora a cadere l'accusa di aver giocato – nel senso di chi, giocando, non si assume le responsabilità del suo operato. “Et Verbum caro factum est et abitavit in nobis”. E così il dono della libertà si perfeziona e diventa la libertà dei figli di Dio, cioè oltre alla libertà, ci viene donata la bontà, l'altra scintilla divina. Tutta la Trinità, Dio trino per essenza, all'opera per noi, gratuitamente.

A pensarci bene il tutto ha dell'incredibile. Troppo bello per essere vero? Oppure l’unica spiegazione? Un po’ di questa libertà mi capita di viverla nel Meic.