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La lezione di Moro, che non temeva il cambiamento

23 Settembre 2016

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Il 23 settembre di 100 anni fa nasceva uno dei più grandi statisti della storia italiana, formatosi nella Fuci e nel Movimento laureati, di cui fu presidente nazionale. Uno sguardo lungimirante che oggi manca a una politica miope


di BEPPE ELIA

Il ricordo di Aldo Moro è associato molto spesso a quei 55 giorni della sua prigionia, al barbaro rapimento in cui furono assassinati gli agenti della sua scorta, a quel corpo ritrovato nel bagagliaio di un'auto. Di quel tempo certo bisogna fare memoria, cercare di capire i lati oscuri, sanare le ferite di una lacerazione che ha riguardato anche molti suoi amici e che la figlia Agnese ha narrato, con grande dignità e umanità, a Camaldoli, nel recente incontro di Cristiani in ricerca.

Ma fermarsi a quelle dolorose vicende significa dimenticare ciò che Aldo Moro è stato per la storia del nostro Paese e per la stessa comunità ecclesiale, quando la sua eredità di pensiero e di impegno civile costituisce una ricchezza ancora molto da studiare e da approfondire.

Qualunque sia il giudizio sulle scelte che hanno caratterizzato il suo servizio all'Italia, rimane viva la sua grande capacità di dialogo, quel suo modo mite (nel senso evangelico del termine, che non equivale ad arrendevole) di stabilire rapporti con le persone più vicine come con quelle più ostili; a dire, anche nello stile, che solo nell'ascolto dell'altro, nel rispetto reciproco, nel confronto pacato si possono individuare vie di soluzione ai problemi che la storia ci pone.

Dalla sua attenzione alle attese della gente, dalla sua intelligenza, dal suo saper guardare oltre la contingenza del presente, sono venuti progetti e prospettive di rinnovamento, perché egli aveva la consapevolezza che ci sono momenti in cui occorre superare schemi predefiniti per imboccare strade nuove. Non temeva il cambiamento, forse perché sapeva che la fede cristiana richiede di essere vissuta con sguardo aperto, senza difensivismi o paure.

Non è stato un uomo semplice, e non solo per la complessità del suo linguaggio, così come non è stato sempre compreso. Dovremmo provare nuovamente a ripensare la sua lezione di vita e di pensiero in un tempo in cui lo sguardo della politica (e non solo della politica) si è fatto molto miope.