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Vivere questo tempo con speranza, costruire il futuro con coraggio

25 Marzo 2020

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LETTERA DELLA PRESIDENZA NAZIONALE DEL MEIC A TUTTI I SOCI

[per scaricare la Lettera in pdf cliccare qui]

Roma, 25 marzo 2020

Carissime, carissimi,

la settimana scorsa abbiamo inviato una lettera ai presidenti dei gruppi MEIC e ai consiglieri nazionali per comunicare il rinvio dell'Assemblea nazionale e delle altre scadenze relative alla conclusione del triennio, ma ci eravamo anche ripromessi di proseguire e mantenere vivo il dialogo fra noi.

La vita del MEIC si è fermata come, in larga misura, si è fermata la vita del Paese. Ci sembra importante cogliere l'occasione di questo tempo, che ha sconvolto le abitudini, ridisegnato le nostre esistenze, generato domande e inquietudini cui non eravamo attrezzati, per avviare con voi una riflessione che sia utile a capire ciò che sta avvenendo alle nostre vite e alle nostre comunità, civili ed ecclesiali, ma soprattutto per discernere quali insegnamenti possiamo trarre e quali nuove esigenze si aprono al nostro orizzonte.

***

Vivere questo tempo con speranza

Vi raggiungiamo dunque con la proposta di sostenerci reciprocamente in questo momento così difficile aprendo, sul nostro sito, uno spazio di condivisione di esperienze e di idee, in forma libera, con l'intento di offrire dei segni di speranza, anche là dove è più facile prevalga il pessimismo, la rassegnazione e la tentazione, ancor più forte di quella che abbiamo deprecato ieri, di ricercare soluzioni semplicistiche che potrebbero ingigantire i problemi delle nostre città e delle nostre chiese locali, anziché portarli a soluzione.

Ognuno di voi può far pervenire le sue riflessioni e i contributi che gli paiono più interessanti all'indirizzo

distantimauniti@meic.net

spazio creato dalla Presidenza nazionale proprio a questo fine. Le vostre riflessioni saranno poste in rete sul nostro sito, per favorire un confronto che aiuti tutti noi a sentirci parte di una comunità viva e che continua a svolgere, in un contesto difficile, il suo servizio culturale.

Se lo ritenete, potete estendere l'invito a questo dialogo a distanza ad altri amici, anche se non appartenenti al MEIC; perché sappiamo quanto sia importante, oggi più che mai, non chiudersi, ma dar voce e ascoltare.

La Presidenza ha individuato alcune questioni, che toccano aspetti della nostra esistenza, della vita spirituale e comunitaria; ve le proponiamo, non per limitare lo spazio di questo confronto, ma semplicemente per favorirne l'avvio.

 La prova spirituale e il senso del limite

La pandemia ha sconvolto le vite di ciascuno di noi, all'improvviso, e le ha rinchiuse in una situazione esistenziale totalmente inedita. Assediati dalla paura del contagio, bombardati da notizie drammatiche sul virus, viviamo giornate di angoscia e, spesso, di estrema solitudine. Le famiglie sono costrette a ridefinire completamente spazi e tempi per poter convivere, con tutte le tensioni e le difficoltà che ciò comporta. I pochi contatti umani sono a debita distanza, oltre lo schermo di una mascherina. L'amaro pane quotidiano di questo tempo inquieta profondamente la nostra spiritualità. È opportuno confrontarci sul modo col quale, da credenti, affrontiamo questo epocale esodo/esilio, toccando i nostri limiti più intimi, scavando negli abissi della nostra umanità precaria, ma anche sperimentando la forza della preghiera, della vicinanza del cuore. È un momento di prova drammatico, forse decisivo, ma nel quale può essere riscoperta la fede, esercitata la disciplina spirituale, intensificata la comunione.

Tocchiamo con mano la fragilità della nostra condizione, che ci accomuna al di là di ogni differenza, in tutto il mondo. Il virus ha ridimensionato ogni nostra pretesa di controllo sulla realtà, di invincibilità. Occorre reimparare ad accettare l'incertezza e il rischio, perché sono connaturali alla vita. E di non pretendere l'infallibilità di chi ha la responsabilità di decidere.

Noi come cristiani e come cittadini

La gestione sanitaria della pandemia ha portato a molte limitazioni nelle nostre libertà, compresa la libertà di culto: da settimane non possiamo più celebrare l'eucaristia e gli altri sacramenti. Verosimilmente non potremo celebrare neanche i riti della Pasqua. Qualcosa di essenziale per la nostra vita cristiana è dunque venuto meno e lo stiamo accettando - pur con qualche significativo distinguo - in quanto cittadini responsabili, che hanno a cuore la vita e la salute del popolo al quale appartengono, e in particolare dei più fragili. Un antico adagio patristico diceva "sine dominico non possumus": senza la domenica non possiamo essere cristiani. Ciò che stiamo vivendo ci impone di pensare più profondamente, per un verso, la nostra doppia identità di cittadini e di cristiani e, per altro verso, a che cosa significhi per noi celebrare la Pasqua del Signore, settimanale e annuale. A una riflessione del genere si sarebbe probabilmente comunque arrivati, ma tutto questo è divenuto improvvisamente attuale e urgente.

***

Costruire un futuro più solidale con coraggio e lungimiranza

In una prospettiva di medio periodo vi invitiamo inoltre a inviarci, utilizzando sempre l'indirizzo di posta elettronica sopra indicato, di qui ai prossimi mesi, contributi e riflessioni che ritenete importanti per il lavoro culturale che il nostro Movimento dovrà compiere, ad emergenza superata, in vista della ricostruzione e della rinascita del nostro Paese, dell'Europa e del mondo intero. Le vostre riflessioni e i contributi che saremo capaci di raccogliere saranno la base per elaborare gli orientamenti del MEIC, che vorremmo discutere nella prossima Assemblea nazionale, inserendoli nel documento assembleare. A tal fine abbiamo, anche in questo caso, individuato una serie di questioni che ci paiono particolarmente rilevanti. 

La fraternità

Di fronte ad una situazione che diveniva sempre più ingestibile, ci hanno spiegato che dovevamo rinunciare a molte nostre abitudini - incontrarci, stringerci le mani - o a cambiarle, lavorando a distanza, proteggendoci nei rapporti interpersonali. Cambiamenti faticosi, ma necessari per garantire a noi e agli altri una salvezza da questo male invisibile. Abbiamo forse capito che ognuno è responsabile della vita dell'altro, che la dimensione del "noi" accoglierà quella dell'"altro", e che questa responsabilità comporta qualche limitazione alla libertà personale.

La fraternità è un principio che dovrebbe riguardare non solo la nostra vita personale ma anche le istituzioni. Il conflitto tra l'autonomia regionale e lo Stato nella gestione dell'emergenza ci insegna che anche i più forti hanno bisogno di chi ha meno risorse e capacità, perché un Paese o è una grande comunità di uomini e donne che si aiutano o è condannato a crisi drammatiche. Neppure l'Unione Europea ha saputo, di fronte ad una situazione che scuoteva i suoi sistemi sociali ed economici, ritrovare una consapevolezza unitaria, quando invece avrebbe potuto e dovuto dare regole comuni per gestire un problema di queste dimensioni. Nei mesi a venire l'Europa si gioca non solo la sua credibilità ma la sua stessa esistenza.

La fraternità con tutto il genere umano non può farci dimenticare che, se la pandemia è oggi al centro dell'attenzione di tutti, sussistono in molte parti del mondo, a cominciare dalla guerra in Siria, situazioni drammatiche e tragedie umanitarie risolvibili solo con un autentico spirito di collaborazione tra tutti i popoli.

Il rapporto salute-lavoro

La necessità di arginare la diffusione della pandemia ha fatto riaffiorare una questione che nel nostro Paese abbiamo a più riprese vissuto: il rapporto fra la salute e il lavoro, tra l'urgenza di chiudere le attività produttive per ridurre le possibilità di contagio, salvaguardando le persone, e la necessità di non paralizzare del tutto l'economia.

Le politiche sanitarie e di welfare

La pandemia ha mostrato come un sistema sanitario pubblico e universale si riveli l'unica possibilità per affrontare eventi di questo tipo: se le persone non hanno i mezzi per curarsi diventano pericolose per tutti. In tante parti del mondo, Italia compresa, i sistemi pubblici sono stati negli ultimi anni rimessi in questione e sottoposti a pesanti riduzioni, che ora andranno ripensate.

La relazione educativa

La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e delle università ha comportato l'attivazione della didattica a distanza, ossia della classe virtuale. Fatto salvo il valore insostituibile della didattica in presenza, la situazione di allarme sanitario ha fatto emergere diverse criticità nel sistema formativo unitamente però a nuove opportunità. Tra le criticità vi è senz'altro la forte diseguaglianza tra le scuole italiane sul territorio nazionale nell'utilizzo della didattica alternativa insieme ad una certa impreparazione di una parte dei docenti nell'utilizzo degli strumenti digitali e alla disparità nella dotazione, da parte degli studenti, degli strumenti idonei. "Incontrarsi" sulle piattaforme ha rivelato, tuttavia, nuove potenzialità della relazione didattica modificando necessariamente la strutturazione della forma - lezione e della valutazione, rivelando il "bisogno di scuola" da parte degli studenti, anche da quelli forse più problematici, alla ricerca di docenti che non siano trasmettitori di contenuti ma formatori attenti, empatici, disponibili all'ascolto delle loro ansie, delle paure, delle speranze. L'emergenza sanitaria sta dunque sollevando l'urgenza di una riflessione seria e organica sul ruolo sociale svolto dalla scuola, pilastro insostituibile per la formazione del pensiero critico delle nuove generazioni.

L'economia e il lavoro

La crisi di interi settori produttivi pone interrogativi sulla capacità di una ripresa, soprattutto là (come nel turismo) occorrerà molto tempo per recuperare la fiducia. È difficile oggi capire quale scenari si determineranno, ma è anche l'occasione per disegnare nuovi piani per il futuro, in un contesto non solo italiano ma europeo. Nuove realtà produttive, nuove forme di solidarietà sociale, una maggior capacità di innovare possono trovare un terreno più fertile nella ricostruzione.

In poche settimane sono state accantonate molte regole (come il Patto di stabilità) che avevano guidato le economie dei paesi europei, ma non sappiamo se saremo in grado di individuare nuovi modelli e se le istanze etiche e di equità sociale sapranno orientare la finanza e i mercati.

Una lezione per domani

Ci siamo più volte detti in queste settimane che molte difficoltà e inadeguatezze erano figlie di scelte strategiche poco avvedute del passato. È una considerazione che ricorre sempre dopo eventi naturali tragici. Ma forse questa volta, messi tutti nella condizione di dover patire qualcosa in prima persona, potremmo decidere di agire per cambiare, di abbandonare la difesa dell'esistente per un disegno di più grande respiro in cui anche i più giovani divengano protagonisti della vita civile, economica, sociale.

Il dopo coronavirus sarà un momento difficile per tutti, una sorta di dopoguerra. Se ne potrà uscire non cercando di ripristinare la normalità di ieri, ma una nuova normalità, generata dal contributo di tutti, da uno spirito solidaristico che avevamo smarrito e da una creatività che faccia tesoro delle manchevolezze del passato. Papa Francesco ha indicato quattro parole chiave per ricominciare: radici, memoria, fratellanza, speranza. «Dovremo guardare ancora di più alle radici: i nonni, gli anziani. Costruire una vera fratellanza tra di noi. Fare memoria di questa difficile esperienza vissuta tutti insieme e andare avanti con speranza, che mai delude». Una lezione per domani.

Un abbraccio

Beppe Elia
don Innocenzo Bellante
Marinella Sciuto
Stefano Biancu
Tiziano Torresi
Maria Mansi