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BENEDETTO COLUI CHE VIENE Avvento, tempo che interroga

03 Dicembre 2017

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di DON GIOVANNI TANGORRA

Il termine "avvento" sta a indicare la venuta di qualcuno o qualcosa. Nel vocabolario liturgico definisce il periodo di quattro settimane che apre il nuovo anno, in preparazione al Natale. Il motivo per cui è stato chiamato così è perché ha lo scopo di disporre gli animi al ricordo della venuta storica del redentore, tuttavia la traiettoria si allunga alla seconda venuta di Cristo, quella della fine dei tempi.

Il primo avvento spinge il popolo a esultare: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 21,9); il secondo porta a invocare, non senza un briciolo di nostalgia: «Vieni, Signore Gesù!» (Ap 22,20). Questo duplice itinerario guida la disposizione liturgica delle preghiere e delle letture: i giorni fino al 16 dicembre rievocano il secondo avvento, quelli tra il 17 e il 24 dicembre fanno da novena natalizia.

In Oriente l'avvento ha caratteri penitenziali che lo rendono simile alla quaresima: la comunità si prepara all'incontro con Cristo con l'astinenza e il digiuno. Ce ne sono tracce anche nella nostra liturgia, ad esempio nel colore violaceo dei paramenti, nella celebrazione eucaristica senza gloria e in alcune pratiche tradizionali, come la vigilia natalizia senza carne. I latini hanno però favorito i sentimenti dell'attesa, in compagnia di personaggi biblici che ne sono modello (Isaia, Giovanni Battista, Maria), e della gioia, dedicando esplicitamente la terza domenica al Gaudete. Tempo di gioia è l'attesa stessa: «Rallegratevi, il Signore è vicino» (Fil 4,4-5).

Tre temi teologici che scandiscono la riflessione di questo periodo sono: il Dio che viene, la speranza, il pellegrinaggio.

1) Il primo esprime l'incontro tra Dio e la storia. Consideriamo Dio l'invisibile, a seguito della sua trascendenza e nel rispetto della sua assoluta santità, ma non l'assente. Egli è l'Altissimo, il "Dio che è", e al tempo stesso è il Vicino, il "Dio che viene": ascolta il grido del povero e cammina con lui, «viene a giudicare la terra» (Sal 98,9), per vedere se i popoli camminano sulla via della giustizia, e soprattutto «viene per salvarvi» (Is 35,4). La nascita di Gesù segna l'ingresso del messia: Dio si fa abitante della terra (Gv 1,14), prende un corpo, entra nelle relazioni umane, si fa luogo ospitale per ogni esistenza. Gesù stesso riferisce il motivo della sua venuta: «Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

2) Cristo non è però solo il passato ma il futuro. La fede congiunge memoria e profezia, ricordo e fiducia, proclamazione e attesa, nei giorni che si succedono dal natale alla parusia. L'esistenza di un tempo di mezzo invita a metterci in gioco. Il redentore è venuto ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Di qui l'insistenza dei vangeli sull'esercizio della vigilanza: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento» (Mc 13,33). L'imprevedibilità del futuro allontana l'attesa pigra. Siamo come sentinelle che leggono i segni dei tempi per decidere il da farsi, e che annunciano il nuovo giorno. La speranza respinge l'ottimismo di chi dimentica in fretta e il pessimismo di chi vive nell'asprezza; recluta uomini che nei momenti più oscuri sanno rialzare la testa: «Risollevatevi, alzate il capo, la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). C'è sempre un'aurora aldilà della notte. Se il cuore rimane acceso è perché l'orizzonte non si perde nel nulla, bensì riflette la luce di una presenza: «Cristo Gesù, nostra speranza» (1Tm 1,1).

3) Il terzo tema richiama una specifica condizione della Chiesa: quella di essere un popolo pellegrinante. C'è chi vuole tutto e subito, chi desidera bruciare le tappe e chi si consuma nello spazio di un fiammifero. Il pellegrino sa che la sua via ha un punto di partenza e un traguardo, non è un vagabondo, conosce le distanze, e tiene lo sguardo fisso alla meta, mettendo in conto il disagio della strada. Questa condizione implica la necessità di una conversione permanente. Chi è in viaggio deve sempre fare delle verifiche: procurarsi un bagaglio ma in modo che non lo appesantisca troppo; prevedere delle soste, ma vincere la tentazione di arenarsi; procedere con il proprio passo, ma sintonizzarsi anche con quello degli altri. Pellegrina dell'avvento di Cristo è la Chiesa, e tutta la sua missione consiste in questo annuncio. Una sua illusione sarebbe pensare di procedere in una marcia trionfale, mentre deve costantemente dar prova di resistenza alla tentazione dell'accomodamento e di solidarietà con chi le cammina accanto.

L'avvento è un momento impegnativo e appassionante, stimola a capire il senso della storia e ci educa all'accoglienza. Per Romano Guardini «è il tempo che ci ammonisce a interrogarci, ciascuno nell'intimo della sua coscienza: Cristo è venuto da me? Io ho notizia di Lui? Vi è confidenza tra Lui e me? Egli è per me dottore e maestro? Ma poi subito l'ulteriore domanda: nel mio intimo la porta è aperta per Lui? E la decisione: la voglio spalancare!».