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COSCIENZA Timothy Radcliffe: "In dialogo con l'altro, senza paura"

16 Maggio 2017

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Intervista a
padre TIMOTHY RADCLIFFE
teologo, già maestro generale dell'Ordine dei predicatori

di MICHELE LUCCHESI



Quest'anno cade il cinquecentesimo anniversario della Riforma Luterana. Quale significato può assumere oggi per la Chiesa cattolica questo evento?

Lutero chiamò tutti i cristiani del suo tempo a porsi in ascolto profondo della Parola di Dio. Questo fu un grande dono per tutta il cristianesimo ed è meraviglioso vedere come la Chiesa cattolica, specialmente negli ultimi secoli, abbia rinnovato il proprio amore verso la Bibbia. Dobbiamo davvero dire grazie a Lutero per questo. Ma cattolici e protestanti hanno qualcosa da imparare l'un l'altro su come ascoltare la Scrittura. Le nostre orecchie hanno, per così dire, lunghezze d'onda differenti e colgono enfasi diverse. La tradizione cattolica è attenta soprattutto alla richiesta, chiara in quasi tutti i documenti del Nuovo Testamento, a che i cristiani siano una cosa sola. In Gv 17, in particolare, Gesù prega il Padre «perché siano una cosa sola». L'unità, quindi, non è un extra o un optional: dobbiamo ricercarla con tutto il nostro cuore e la nostra mente. È quasi impossibile per noi immaginare quanto dolorosa e terribile fosse la divisione che esplose nel cristianesimo cinquecento anni fa e che lacerò l'unità del corpo di Cristo. Noi, invece, oggi siamo abituati a più Chiese in competizione tra loro in ogni città. Potremmo anche pensare che questo stato di cose sia buono e che ci tenga sulle spine. Tuttavia, questo anniversario è l'occasione per ricordarci che l'unità appartiene al cuore stesso del cristianesimo. Come possiamo dare testimonianza del comandamento di Cristo ad amarci gli uni gli altri, se i cristiani rimaniamo divisi? Quest'anno è pure il cinquecentesimo anniversario dell'Utopia di Thomas More, che in parte rappresenta il sogno di uno Stato perfetto e di un'armonia rinnovata. Tutti i cristiani possono aiutare tenere vivo quel sogno. C'è poi un significato che può riguardare la vita interna delle Chiese. Vale a dire, durante questo anniversario dobbiamo imparare ad ascoltare e capire chi oggi dice no al cristianesimo e al cattolicesimo. Cos'è che ci stanno dicendo e che dobbiamo udire? Dentro la Chiesa ci sono molte persone che protestano a proposito di aspetti dell'insegnamento e della pratica cattolica. Come li possiamo ascoltare? Come possiamo assicurarci che non si sentano marginalizzati nella comunità cattolica? Karl Barth, il grande teologo protestante, descrisse la musica di Mozart come un grande sì che abbraccia un no. Allora, dobbiamo chiederci in che modo il grande sì della nostra fede può dare spazio al no che ancora risuona nei cuori di tante persone. Del resto, non possiamo dimenticare che la cosa meravigliosa dell'identità cattolica è data dal fatto che è donata - come Chiesa abbiamo ricevuto le nostre tradizioni - e allo stesso tempo è ancora da scoprire: dobbiamo sempre avventurarci per diventare più cattolici. Dunque, quando incontriamo qualcuno che ci dice di essere nel torno o ci dice un no, quello è potenzialmente un momento eccitante, perché potremmo anche avere qualcosa da imparare da lui o lei.

In anni recenti, molti commentatori - religiosi e non - hanno espresso l'opinione che l'Europa e l'Unione Europea in particolare hanno perduto le loro radici dimenticando i valori cristiani. Ma come possono essere percepiti nel nostro tempo eventi passati che, certo, hanno dato forma all'Europa, ma che sono anche legati a guerre e violenze? Non c'è il rischio che l'anniversario della Riforma sia considerato importante solamente dai credenti, mentre rimanga del tutto irrilevante per il resto della società europea?

Le violenze e le divisioni che seguirono la Riforma - penso soprattutto alla Guerra dei Trent'anni - non riguardarono solo le differenze religiose. Quello fu anche un tempo in cui crebbero il nazionalismo e il potere degli Stati centralizzati. Ad esempio, Enrico VIII in Inghilterra voleva esercitare sulla vita del popolo inglese un potere che non aveva precedenti. Lutero stesso diede espressione al senso crescente dell'identità e del linguaggio tedeschi. Il filosofo canadese Charles Taylor ha parlato in proposito dell'ascesa di una cultura del controllo e della società disciplinata in concomitanza con l'espansione dei poteri di ciascuno Stato nazionale centralizzato. Nei vari conflitti le nazioni sostennero le diverse denominazioni religiose, ma gli scontri riguardarono maggiormente la fine della cristianità unita e l'emergenza dell'Europa come campo di battaglia delle nazioni, una situazione che culminò nella terribile catastrofe della Prima Guerra Mondiale. L'Unione Europea fu fondata come risposta alla violenza immane della prima metà del ventesimo secolo. Di nuovo adesso l'UE sta attraversando i propri conflitti e io stesso mi rammarico profondamente del voto inglese per abbandonarla. Tuttavia, in qualche modo, in un mondo che sta diventando sempre più violento con la crescita del fondamentalismo religioso dovunque, dobbiamo trovare dei modi per incarnare una nuova pace e la chiamata di Cristo alla nonviolenza. Dobbiamo trovare dei modi per riconoscere e apprezzare la bellezza delle identità nazionali, che diventarono più forti cinquecento anni fa, ma al contempo anche l'unità dell'Europa che le precedette. Se non troviamo questo bilanciamento, l'Unione Europea potrebbe sgretolarsi.

L'Europa, è sicuramente centrale per il discorso che stiamo facendo, però non si può dimenticare che per molti versi Cattolicesimo e Protestantesimo sembrano essere più vitali in Sud America, Africa e Asia, in aree, cioè, lontane dall'Europa e dal Medio Oriente in cui entrambi nacquero. L'anniversario della Riforma cosa può dire alle Chiese e alle comunità al di fuori del Vecchio Mondo?

L'anniversario della Riforma potrebbe avere delle risonanze ambigue per gli altri cristiani del mondo, in continenti lontani dalla vecchia Europa. Il tempo della Riforma fu anche il tempo di un imperialismo crescente e ogni potere imperiale mandò i propri missionari: Spagna e Portogallo inviarono missionari cattolici, l'Impero Britannico quelli anglicani, l'Olanda quelli protestanti. I conflitti europei si rigiocarono in Paesi che noi conquistammo, governammo e su cui imponemmo le nostre tradizioni religiose. Questi Paesi, però, liberati ora dall'imperialismo nazionale, sebbene non da quello economico, hanno la loro vitalità religiosa e possono forse aiutare noi Europei ad andare oltre le vecchie divisioni. Non è un caso che sia stato papa Francesco, il primo pontefice dall'America Latina, ad aver compiuto gesti di avvicinamento così potenti verso i protestanti in tutto il mondo. Così, forse, i cristiani in Asia e Africa possono aiutarci ad andare oltre le vecchie inimicizie che si instaurarono cinquecento anni fa. C'è, poi, una memoria positiva del tempo della Riforma che dovremmo valorizzare: il rafforzamento della comprensione della santità della famiglia. Lutero sottolineò fortemente l'importanza della famiglia come un luogo di santificazione e il matrimonio come un luogo della benedizione di Dio: per ricercare la santità non si doveva per forza diventare monaci o suore. Un analogo rinnovamento della religione laicale avvenne nel cattolicesimo romano nello stesso lasso di tempo, come ha dimostrato il grande storico Eamon Duffy. Quando visito i cristiani in Africa e Asia, resto sempre colpito dalla forza della religione della casa. Dio abita nella nostra felicità domestica. Forse anche questo dovremmo imparare in modo più forte in Europa. Del resto, come si dice spesso, la famiglia è la chiesa domestica.

Ci sono, dunque, spazi concreti per approfondire il dialogo ecumenico. Del resto, il movimento ecumenico è cresciuto tanto nei decenni scorsi. Molte delle incomprensioni del passato, anche da un punto di vista dottrinale, sono state superate. Tuttavia, molti teologi, anche protestanti, sostengono che, nonostante il riavvicinamento, restano delle differenze che sono forse impossibili da riconciliare. Si pensi alla dottrina della giustificazione, che non riveste la stessa importanza per cattolici e protestanti. Questo ci rende impossibile il raggiungimento della piena comunione?

Molti studiosi della Bibbia - cattolici, anglicani e protestanti - ci stanno aiutando a rileggere le lettere di San Paolo e ci invitano a chiederci se abbiamo il diritto di mettere un'enfasi così forte sulla giustificazione per la sola fede come la chiave per la teologia di San Paolo e, quindi, per il cristianesimo. Nicholas Tom Wright, il vescovo anglicano emerito di Durham, ha sottolineato l'importanza dell'accento posto da San Paolo sull'unità e la riconciliazione. Allo stesso modo, nuovi studi biblici ci stanno spingendo ad oltrepassare le divisioni della Riforma. Certo, rimangono delle differenze, ma questo è un bene. Non c'è gusto a conversare, se siamo d'accordo su tutto. Del resto, persino il Nuovo Testamento contiene quattro Vangeli, che offrono racconti molto diversi della vita di Gesù. La Chiesa, tuttavia, è stata animata e rivitalizzata dalle tensioni tra i Vangeli e tra i Vangeli e San Paolo. Allo stesso modo, nella Chiesa dei primi secoli le differenze tra le varie comunità erano molteplici sia nella liturgia sia nell'approccio teologico alle verità di fede. Più in là nel tempo, non possiamo non citare le differenze all'interno della Chiesa tra benedettini, francescani, oratoriani, domenicani: le loro forme di spiritualità sono davvero molto diverse. Ancora, abbiamo differenze tra la teologia cattolica inglese e quella francese. La comunione, dunque, cresce tanto quando impariamo ad apprezzare le differenze. È noioso andare avanti a ripetere che dobbiamo concentrarci su ciò su cui siamo d'accordo e che dobbiamo dimenticare le nostre differenze. Le differenze sono il sale del conversare perché ci permettono di imparare dagli altri. Da questo punto di vista, mi sembra sempre utile ricordare l'esempio di San Tommaso, che non era mai spaventato dal porsi in relazione con coloro dai quali differiva e con cui era in disaccordo. Nei suoi scritti dice: «Ringrazio Dio per coloro che mi hanno istruito, per coloro che sono d'accordo con me, e ringrazio Dio specialmente per coloro che sono in disaccordo con me». Davvero, preferisco incontrare un protestante con cui sono in disaccordo profondo per avere con lui una vera e fruttuosa conversazione e per apprendere da lui qualcosa di nuovo piuttosto che perdere tempo a ripetere che in fondo tra cattolici e protestanti i punti di condivisione sono maggiori di quelli di divisione. Un'altra cosa estremamente importante, invece, è l'imparare ad essere in disaccordo felicemente, senza cessare di essere fratelli e amici. Penso che non ci sia vera amicizia se non con persone con cui si può godere nell'essere in disaccordo. In questo, penso che dobbiamo imparare ad usare la nostra immaginazione per capire in cosa l'altro suscita interesse, cosa ama, cosa teme.

Un altro tema importante è quello della liturgia e di come comunità differenti possono esprimere e vivere insieme la loro fede. Le liturgie ecumeniche occasionali rappresentano una soluzione oppure dobbiamo aspirare a forme più stabili di comunione eucaristica o comunione aperta? E, più in generale, è questo un obbiettivo che dobbiamo continuare ad inseguire, pur sapendo che, semplicemente, per ora non abbiamo una risposta?

Di certo dobbiamo pregare l'uno con l'altro e gli uni per gli altri; dobbiamo ascoltare le omelie altrui e leggere i libri altrui. Questo già avviene. La questione dell'intercomunione è complessa ed estremamente delicata. I cristiani non cattolici sono spesso profondamente feriti ed offesi che la Chiesa non li inviti a ricevere la comunione. Quando spiegai la posizione cattolica in un articolo, un'amica protestante si arrabbiò talmente tanto che non mi parlò più. Ma per quanto mi piacerebbe che ci muovessimo in direzione dell'intercomunione, non credo che sia quella la soluzione. L'intercomunione occasionale, come il sesso occasionale, potrebbe sembrare una buona idea, ma non aiuta in ultima analisi. Ci sono, comunque, differenze di fede che sono salutari, come quelle tra i Vangeli di cui dicevo prima, o tra domenicani e gesuiti. Però ci sono differenze profonde, per esempio quelle riguardo al ruolo del vescovo di Roma nell'unità della Chiesa, che necessitano di essere sanate prima di poter condividere a buon diritto la stessa mensa. Bisogna distinguere tra differenze che sono stimolanti e quelle che mostrano un'incomprensione gli uni verso gli altri reale e profonda. Se pensiamo e preghiamo insieme e troviamo un terreno comune sulle seconde, allora potremo essere pronti ad essere in comunione gli uni cogli altri.

Eppure, nonostante le difficoltà appena citate, le somiglianze tra Chiesa cattolica e le Chiese protestanti restano molteplici. Non ultimo, in tutte loro sono sorti fenomeni culturali e religiosi simili. Da un lato, il (neo-)Pentecostalismo e le denominazioni e i movimenti carismatici sono progressivamente diventati più popolari e numericamente più consistenti delle correnti tradizionali, specialmente in America e Asia. Dall'altro lato, anche i movimenti più conservatori hanno aumentato la loro "forza". Dentro la Chiesa cattolica e il mondo protestante, quindi, un approccio più "moderato" è destinato a perdere progressivamente rilevanza?

È vero che la religione carismatica, sia fuori che dentro la Chiesa cattolica, è cresciuta enormemente negli ultimi anni. Perché avviene questo? In parte perché le persone vogliono un cristianesimo che tocchi le loro esperienze e che sia pieno di gioia: questo si trova nelle forme carismatiche di cristianesimo. Spesso la religione sia nel cattolicesimo sia nel protestantesimo può sembrare arida e astratta. Un'altra ragione è che le persone possono sentirsi senza importanza e anonime nelle nostre celebrazioni. La loro partecipazione è passiva, mentre vorrebbero che la loro voce fosse udita. Poche Chiese riescono ad offrire tutto ciò. La difficoltà è che molte persone che si uniscono a Chiese carismatiche non rimangono. Voglio dire che l'esperienza potente dello Spirito di solito non dura a lungo. Così, molti che lasciano il cattolicesimo per unirsi a Chiese carismatiche scoprono che, quando l'esperienza potente scema, non rimane nulla. In America Latina ho sentito dire l'espressione «Il cattolico di ieri è il carismatico di oggi e l'ateo di domani». La forza delle antiche tradizioni cattoliche e protestanti è quella di offrire, appunto, una solida tradizione intellettuale, che può ancora essere significativa anche quando si fa esperienza di un tempo di aridità. Abbiamo forme di spiritualità che sono più profonde dell'esperienza immediata. Le persone hanno bisogno di questo, se persistono nella fede, quando i tempi si fanno difficili. Pertanto, dobbiamo dare una risposta al desiderio delle persone di avere un'esperienza di fede attiva e potente. Le persone hanno bisogno di sapere che la loro voce è ascoltata nella Chiesa. Questo è buono e giusto. Tuttavia, è anche necessario formare le persone con una profonda comprensione della nostra teologia e spiritualità, cosicché abbiano pane da mangiare in tempi bui.

Nell'enciclica Laudato si' papa Francesco incoraggia non solo i cattolici e i cristiani ma anche tutti gli uomini e le donne di buona volontà a prendersi cura tanto dell'ambiente e dei cambiamenti climatici quanto della povertà del mondo, modificando gli stili di vita. In che modo questo può diventare una responsabilità comune per cattolici e protestanti?

Nella Laudato si' ci viene insegnato che la sfida di fare i conti coi cambiamenti climatici non è solo una questione legata a delle soluzioni tecniche per una probabile catastrofe. Abbiamo necessità di qualcosa di molto più radicale: un cambiamento nel modo in cui guardiamo al mondo. Ci dobbiamo liberare da un paradigma mentale, secondo il quale vediamo il mondo solo in termini di domino e manipolazione della realtà. Dobbiamo aprire le nostre menti per osservare il creato come un dono che di parla. Dobbiamo imparare a vedere il creato come qualcosa che irradia la bellezza di Dio. Papa Francesco ammette che sarà estremamente difficile raggiungere questo mutamento di mentalità. Siamo così prigionieri di un paradigma utilitaristico. Questa è una sfida che affronteremo in modo tanto più potente quanto più cattolici e protestanti parleranno insieme. Il cattolicesimo offre un'immaginazione sacramentale che ci apre al mondo che è raccontato da cose naturali come pane, vino e acqua. Anche la nostra radicale povertà tradizionale può rappresentare un invito provocatorio a vivere in maniera semplice. Il protestantesimo spesso ha avuto una meravigliosa comprensione della nostra amministrazione del creato. Così, insieme possiamo affrontare questa sfida in modo più efficace che se siamo divisi.

Un campo di grande preoccupazione per la Chiesa cattolica è il matrimonio e la famiglia tradizionale, mentre viene rifiutata la possibilità delle unioni civili e del matrimonio omosessuale. L'esortazione apostolica di Papa Francesco Amoris laetitia, tuttavia, ha affrontato questi temi, cercando di trovare un nuovo linguaggio e un nuovo approccio, specialmente riguardo alla cura pastorale di coppie e famiglie "regolari" e "irregolari". Su questo in cosa cattolici e protestanti possono apprendere gli uni dalle posizioni degli altri?

La predicazione del Vangelo richiede sempre che noi siamo inculturati e contro-culturali. Dobbiamo essere inseriti nella società come persone del nostro tempo: non viviamo su un altro pianeta. Però dobbiamo anche osare, sfidare la società e mettere in dubbio i suoi assunti. Nella mia esperienza in Inghilterra, direi che gli anglicani sono spesso molto bravi nell'inculturazione, nell'accettare dove le persone si trovano e nell'accompagnarle senza giudicarle. A volte possono dare ai cattolici il coraggio di fare questo. La forza dei cattolici, tuttavia, è spesso di essere contro-culturali, di mettere in dubbio i valori della società, di porre domande difficili. Forse abbiamo qualcosa da insegnare agli anglicani in questo. Lo possiamo vedere col matrimonio, ad esempio. Dobbiamo sia essere inculturati nell'accettare che il matrimonio oggi è diverso e spesso riceve poco supporto dalla società sia essere vicini alle persone quando i loro matrimoni si rompono e vengono formate nuove relazioni. Allo stesso tempo, è necessario che caldeggiamo l'ideale di matrimonio e di impegno permanente se vogliamo che i bambini crescano all'interno di relazioni sicure e che la società non si dissolva nel caos. Papa Francesco ci sta aiutando a trovare una via in questa direzione e a fare entrambe le cose. Penso, dunque, che cattolici e protestanti abbiano qualcosa da insegnarsi gli uni gli altri.

Un tema assai rilevante nell'Evangelii gaudium è quello della testimonianza della nostra fede come cristiani nel mondo di oggi e delle difficoltà nell'esprimere gioia e speranza come valori fondati sul Vangelo di Gesù. Il dialogo ecumenico può essere utile a cattolici e protestanti per dare ragione di questa gioia e speranza in Cristo?

Il fatto stesso che dopo cinquecento anni di divisioni continuiamo a dialogare è già di per sé un grande segno di speranza. Per certi versi, questo non è un tempo facile per l'ecumenismo. L'ottimismo degli anni Settanta è ormai terminato e si parla di un "inverno ecumenico". Però andiamo avanti a parlare e a cercare l'unità, perché questa è la volontà incontrovertibile di Cristo. E c'è gioia se ci rilassiamo nella compagnia reciproca, condividendo i doni che abbiamo ricevuto e aprendoci ai doni dell'altra denominazione. La gioia arriva quando smettiamo di prenderci troppo sul serio e insieme ci rallegriamo nel mistero del Signore, che è oltre tutte le nostre parole e che continuerà sempre a sorprenderci.


IL PROFILO - Chi è Timothy Radcliffe

Una voce coraggiosa

Sottile, profondo e semplice insieme, con un forte senso dell'umorismo. Quando nel 1992 Timothy Radcliffe è diventato Maestro generale dell'Ordine dei predicatori, il primo e unico inglese chiamato ad essere successore di san Domenico, si è rapidamente guadagnato una robusta fama internazionale grazie alla sua capacità di analisi della società contemporanea, della la vita cristiana  e religiosa e della realtà ecclesiale. A quindici anni dalla fine del suo mandato, Radcliffe, tornato ad essere un semplice confratello della comunità domenicana di Oxford, è ancora una delle voci più autorevoli e significative della Chiesa cattolica, capace di prendere posizione con coraggio. L'ultimo dei suoi libri (quasi tutti longseller della saggistica religiosa) è Prendi il largo! (Queriniana), una riflessione sulla riscoperta del battesimo. Nel 2016 l'editrice Emi ha raccolto alcune sue conferenze ne Il bordo del mistero Aver fede nel tempo dell'incertezza.