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Lacorte, Cirotto, Campanini e Favaro: "Per le coppie di fatto basta il diritto privato. E a un bambino serve una famiglia naturale"

26 Gennaio 2016

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di PIETRO LACORTE, CARLO CIROTTO, GIORGIO CAMPANINI, ANDREA FAVARO

Il disegno di legge sulle "unioni civili" di iniziativa dell'onorevole Cirinnà si propone di riconoscere particolari diritti a individui che convivono stabilmente, anche se dello stesso sesso, in ragione del rispetto della loro dignità di persone e del diritto di essere tutelate nei loro rapporti di convivenza.
Il disegno di legge non è completamente condiviso da molti parlamentari sia per la scarsa opportunità e ingiustificata necessità della sua approvazione, specie in questo momento storico-sociale, sia soprattutto per la parte che concerne l'adozione di un bambino da parte del genitore non naturale della coppia. La contrarietà espressa, che in questa sede condividiamo, trova ragion d'essere nel timore che una unione fra persone dello stesso sesso finisca con il farsi identificare nel tempo come una normale famiglia eterosessuale, fondata sul matrimonio. Difatti, riteniamo che solo in tale contesto, descritto nella Carta Costituzionale, un bambino possa riconoscere l'ambiente di vita adatto ad una naturale nascita e ad una normale crescita, grazie al particolare ruolo recitato da ognuno dei genitori, secondo quanto sostenuto da studiosi dell'età evolutiva come testimoniano in sintesi le autorevoli citazioni che seguono a mero titolo esemplificativo. 

La filosofa Martha Nussbaum, nel volume dal titolo "Divenire persona", sostiene che "la famiglia ha una profonda influenza nello sviluppo umano, una influenza che è presente fin dal primo momento della vita umana". Dal canto suo Elena Pulcini, ordinario di Filosofia Sociale all'Università di Firenze, conferma tale convinzione nel suo volume dal titolo "La cura del mondo", riportando anche il parere di Luigina Mortari, filosofa all'Università di Verona, la quale, nel volume "Pratica dell'aver cura", afferma che "il ricevere cura a partire dalla nascita è condizione necessaria perché si dischiudano le stesse possibilità di vita".

Lo psicopatologo dell'Università di Cambridge, Simon Baron Cohen, nel volume "La scienza del male", conferma l'assunto basato sull'esperienza affermando che il bambino nei primi anni critici riceve una pentola d'oro interiore che gli consente di affrontare le sfide della vita, la capacità di riprendersi dalle avversità, come pure quella di soffrire e gioire nell'intimo con gli altri e nelle relazioni con gli altri. Lo studioso quindi invita a riflettere che "quando invece priviamo il bambino dell'alimento affettivo parentale, gli neghiamo il più importante dei diritti che gli si possa dare con la nascita e lo danneggiamo in maniera quasi irreversibile", per cui ritiene doveroso "continuare a far presente alle nuove generazioni di genitori l'importanza della pentola d'oro, la quale rappresenta una via di intervento che può cambiare il corso della vita dell'individuo, trasformandolo da zero negativo (incapacità empatica) in una persona sana ed empatica".

Sulla base di tali convinzioni, i due neuropsichiatri infantili Miguel Benasajag e Gerard Schmidt, nel volume dal titolo "L'epoca delle passioni tristi", affermano che "non è sulla soglia di casa che inizia il mondo, ma nel suo interno: l'ordine del focolare corrisponde all'ordine storico del mondo umano in un determinato momento del divenire umano di una civiltà".

A fronte di una tale considerazione, riteniamo che ogni sano legislatore che abbia come riferimento i paradigmi della razionalità e della prudenza abbia il dovere di contribuire con i suoi provvedimenti a migliorare "l'ordine storico del mondo umano" evitando di forzato ascolto ad una presunta richiesta di "modernizzazione" (come qualcuno ha affermato in un recente dibattito televisivo) proposta da una minima parte della società, che tale ordine non tiene più presente ed anzi parrebbe negare.

Tali sono le ragioni per cui alcuni parlamentari, e noi con loro, sostengono la necessità di ricorrere ad istituti giuridici diversi dal riconoscimento pubblicistico in relazione a convivenze sperimentate tra individui, anche se dello stesso sesso. Un riconoscimento diverso, di natura privatistica, giustificato da molteplici motivazioni e anche per riconoscere e confermare una maggiore tutela del minore convivente con una coppia non eterosessuale, nell'intento di evitare che nel futuro una coppia, pur nel legittimo desiderio di avere un figlio, essendone impedita per cause varie, possa ricorrere all'unico modo consentitole, quello della cosiddetta "maternità surrogata", modalità non consentita dalla legge italiana, anche se ammessa in legislazioni di altri Stati. Modalità che mira senz'altro a gratificare una coppia senza preoccuparsi tanto del diritto del minore a nascere e crescere in un contesto familiare naturale; modalità peraltro già non ammessa da un documento di sintesi del Comitato Nazionale di Bioetica italiano del 17 giugno 1994, nel quale si afferma "che sono da considerarsi moralmente negative prassi di procreazione assistita che vanificano il diritto del nascituro a nascere in seno ad una famiglia costituita da una doppia figura genitoriale stabile in cui i ruoli non siano dissociati o che alterino comunque la sua identità personale e familiare" (come avviene nella pratica di maternità surrogata).

Anche il Consiglio Nazionale della Federazione dell'Ordine dei Medici, in un documento del 2 aprile 1995, ritiene "che il bene del nascituro debba sempre considerarsi il criterio del riferimento essenziale per la valutazione delle diverse opzioni procreative e, pertanto, per quanto riguarda l'ammissione a procedure di procreazione assistita, debbano essere sempre vietate tutte le forme di maternità surrogata e le forme di fecondazione artificiale al di fuori di coppie eterosessuali sterili".

La gestazione, difatti, crea un rapporto simbiotico tra la madre e il bambino in formazione che non può essere interrotto dopo il parto, salvo causare - consapevolmente - traumi psicologici, contro i quali pongono in guardia gli studiosi dell'età evolutiva. In particolare, lo psicanalista Donald W. Winnicot, nel volume dal titolo "I bambini e le loro madri" afferma che "ci sono prove che dimostrano che una persona esiste come individuo prima del processo della nascita" e si dice "certo che non si può far coincidere la vita psicologica dell'individuo con il tempo della nascita".

Una tale convinzione impone ad ogni persona che voglia definirsi responsabile - a maggior ragione ad un legislatore - di evitare ogni tipo di distacco del neonato da chi lo ha gestito nel proprio grembo, avvertendone il continuo evolversi, e lo ha poi generato. Contro coloro che condividono tali convinzioni non è perciò giustificata alcuna iniziativa, come quella della "Lista di proscrizione" pubblicata da alcuni sostenitori del disegno di legge Cirinnà, iniziativa che rischia di configurarsi come un condizionamento della libertà di decisione per alcuni parlamentari, ai quali, peraltro, il partito di governo di appartenenza pare non offrire molte possibilità per il raggiungimento di un accordo unanime sul testo da discutere in aula, appellandosi ad una male interpretabile "obiezione di coscienza".

Volendo anche prescindere dalla riflessione sul tema approfondita dal pensiero cristiano, si veda come la filosofa milanese Laura Boella afferma che "l'uomo è stato creato per scegliere".
Un vero partito democratico dovrebbe riflettere su quanto avviene nella società e proporre disegni di legge utili a migliorarne le condizioni di vita, disegni per i quali presentarsi uniti in Parlamento. Ogni parlamentare è peraltro un uomo adulto e riconosciuto tale dai suoi elettori, e quindi, seguendo Wels, per essere tale non ha bisogno di leaders che gli indicano le scelte da operare.

Ma tant'è; visto anche il contesto ordinamentale italiano che sta vivendo delle revisioni improntate al principio della governabilità, talvolta a discapito di un pulsare quotidiano e non sempre facile, ma comunque essenziale, della democrazia, con tale provvedimento preteso ad alta voce da pochi si rischia di non riuscire a difendere il modo di essere di un autentico sistema democratico. Ecco perchè, a maggior ragione, risulta utile e necessario un discernimento comunitario e non soffocato dagli slogan per evitare che passi all'insignificanza l'impegno di molti credenti, che intendono cogliere sul serio l'invito di Papa Francesco ad "uscire fuori" per partecipare attivamente alla costruzione della comunità civile di cui si fa parte, senza dover obbedire allo slogan maggiormente urlato.

E tali comportamenti che comprimono l'agire democratico è opportuno che non persistano oltre per il reale bene futuro dell'umanità.

* PIETRO LACORTE, medico e studioso di bioetica; CARLO CIROTTO, già ordinario di Citologia e Istologia all'Università di Perugia, già presidente nazionale MEIC; GIORGIO CAMPANINI, professore emerito di Storia delle dottrine politiche all'Università di Parma; ANDREA FAVARO, docente di Filosofia del diritto alla Facoltà di Diritto canonico "San Pio X" di Venezia e consigliere nazionale del MEIC