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PARMA "Per amore del nostro popolo noi non taceremo"

17 Marzo 2016

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"Per amore del nostro popolo noi non taceremo. Reagire alle mafie qui ed ora":  questo il titolo del convegno organizzato lo scorso 6 marzo, in Centro Pastorale a Parma, da alcune tra le associazioni  che hanno sede nel Centro stesso: oltre al MEIC cittadino, Azione Cattolica, Msac (Movimento Studenti di Azione Cattolica), Fuci (Federazione  Universitaria Cattolica Italiana), Gruppo Mission, insieme a Libera-Parma.

I relatori sono stati  don Enrico Rizzi (assistente Msac e Fuci), don Paolo Boschini (parroco della Beata Vergine Addolorata a Modena e docente di filosofia e scienze sociali alla facoltà teologica dell'Emilia-Romagna a Bologna) e Antonio Pignalosa del coordinamento di LiberaParma.

Il convegno, che ha visto un'ampia partecipazione, in particolare di giovani,  ha avuto inizio con l'introduzione di don Enrico Rizzi, che ha ripercorso le parole di denuncia e condanna alle associazioni mafiose da parte dei Papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e, in ultimo, Francesco. Rizzi ha sottolineato come le associazioni mafiose siano incompatibili con il messaggio  d'amore del Vangelo e  ha spronato la Chiesa di Parma a prendere una posizione  forte e a rinunciare all'omertà.

Molto significativa anche la presentazione dei vari responsabili delle associazioni sul perché di questa iniziativa: "Non ci dobbiamo accontentare di illusioni rassicuranti, ma dobbiamo comprendere appieno la realtà"- ha detto Ilaria Campari, presidente del gruppo Fuci insieme a Gabriele Carbognani; "I care! (Ci importa)"- ha detto Anna Ravasini, segretario di Msac insieme a Giulia Ravarani; "Anche la nostra associazione, impegnata nel mondo della cultura e del lavoro e centrata sui problemi attuali, è molto toccata da questo tema" - ha concordato Claudia Nebbi del MEIC; "Difendiamo la democrazia con le nostre armi: preghiera, formazione di ragazzi, giovani e adulti", ha detto Tommaso Ronchini, segretario diocesano di AC; "Non possiamo iniziare un viaggio senza la giusta sensibilizzazione"- ha concluso Elisa Tosini, presidente Gruppo Mission.

La parola è passata poi ad Antonio Pignalosa che con un "brain-storming" sulla situazione delle mafie in Emilia (con ben 200 arresti nel corso dell'operazione Aemilia) ha introdotto il dibattito.  Pignalosa si è soffermato appena più a lungo sulla situazione di Parma, dove l'ombra di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta si sta facendo sempre più cupa.

Successivamente ha preso il microfono don Paolo Boschini, relatore principale della serata, che ha condiviso con noi la sua esperienza personale a contatto con la realtà mafiosa.

La vicenda ha inizio nel 2011 con l'organizzazione di una mostra fotografica dal titolo "Scampia. Volti che interrogano"  nella sua parrocchia, a Modena. Autore della mostra è Davide Cerullo, che a Scampia era entrato nel "sistema" della Camorra per poi riuscire ad uscirne e divenire attivista antimafia.

Il Sabato Santo, entrando in chiesa, Don Paolo ha notato che alcuni pannelli erano stati sfregiati in modo "intelligente" -"Chiari segni intimidatori della camorra"- ci ha detto: una "X" su una foto che denunciava l'oppressione della mafia; un punto interrogativo su quella che esprimeva la frase "Le nostre madri sono la forza che ci può salvare!" e infine una croce sul viso di un ragazzo che guarda attraverso un buco, simbolo di un futuro migliore.

Don Paolo però non si è fermato, anzi, ha cominciato la sua battaglia  contro la Camorra presente a Modena, anche dopo gli sms di minaccia.

Grazie all'aiuto dei sui parrocchiani -"la sua scorta",  li ha definiti - è riuscito a portare avanti il senso di giustizia e di legalità -"combattendo la mafia non con l'odio e  l'indignazione ma con l'unione".

Un  punto questo su cui Don Boschini ha insistito:  combattere la mafia con l'amore perché la criminalità organizzata- paragonata a uno stato "borbonico",rigido, dei potenti, che nega diversità e libertà- non sia stimolo a costruire uno "stato di polizia", ma ad aprirci sempre ai più deboli e poveri accorgendosi che sono loro  la nostra forza più grande.

"La Chiesa deve farsi portavoce contro la camorra, non rimanere inerte e fare il suo gioco"- ha ripreso don Boschini  -"e i preti, ministri del messaggio di pace di Cristo, devono farsi carico di aiutare la società a vivere nella legalità". Infine ha concluso dicendo: "Anche la società civile non è esente da colpe perché deve far sentire la sua voce, non delegare il ‘lavoro sporco' a qualcun altro e mettersi in gioco lei stessa".

Il segnale che è uscito dalla serata è chiaro: reagire!

La Chiesa deve reagire e con questo convegno l'ha dimostrato partendo dalla presenza delle associazioni, dei laici, e dei suoi ministri. Tuttavia su questo ultimo punto don Boschini si è interrogato: "Perché sul nostro territorio è così difficile trovare sacerdoti impegnati? Proprio qui dove le mafie potrebbero essere sconfitte! Se si riesce a reagire- almeno in parte- a Scampia, cosa ci impedisce di farlo qui?"

Ma la questione interroga tutta la Chiesa,  intesa nel suo insieme, come popolo di Dio:  per essere  fedeli al Vangelo e al ruolo che i cristiani sono chiamati a ricopre nella società, occorre che essi siano in prima linea nel denunciare la presenza della criminalità mafiosa, nel testimoniare un modello di convivenza - fatto di solidarietà, di servizio, di trasparenza - opposto a quello mafioso e nel promuovere nella stessa comunità cristiana e nella realtà civile una vera cultura della legalità.

Nel dibattito è intervenuto anche il Presidente del gruppo MEIC di Parma, Sandro Campanini: "Dall'inchiesta Aemilia - ha detto - emerge che persone con una cultura ed inserite nel mondo delle professioni o nella pubblica amministrazione hanno deciso consapevolmente di 'fare affari' con le organizzazioni mafiose: questo vuol dire rinnegare alla radice il senso etico dell'avere una competenza e un patrimonio di cultura, tradire un dono che si è ricevuto e che deve essere utilizzato per il bene della società e non contro di essa. Occorre perciò un sussulto di etica da parte del mondo del lavoro, delle professioni, della cultura, delle imprese, dell'università. Un secondo aspetto che vorrei sottolineare - ha proseguito Campanini - è questo:alcune persone o imprese vengono risucchiate dalle mafie perchè in situazioni di crisi e di difficoltà e, senza giustificarle, vanno però aiutate prima che cadano in questa tentazione; ma altre invece lo fanno solo per aumentare la loro ricchezza, senza averne davvero bisogno. Ecco, l'idolatria del denaro, dell'avere sempre di più (pensiamo anche a un dirigente pubblico che intasca la tangente pur avendo uno stipendio alto e costante assicurato per tutta la vita!) porta a questi comportamenti illegali. Fa bene quindi Papa Francesco a metterci in guardia dalla schiavitù del possesso, ma tocca a tutti noi il compito di testimoniare e di educare alla libertà dalla dittatura dell'avere e del denaro, che deve essere uno strumento per vivere dignitosamente e non un obiettivo dell'esistenza".

(resoconto a cura del MEIC di Parma)