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#DISTANTIMAUNITI Niente messa: mancanza di fede o sfida per i credenti?

30 Marzo 2020

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La scelta di sospendere di tutte le celebrazioni religiose, incluse le messe festive, ha colpito e anche diviso la comunità ecclesiale. Alla riflessione ricevuta dal signor Sebastiano Rotondo di Siracusa ha voluto rispondere il nostro presidente Beppe Elia


LA LETTERA DI ROTONDO

LA RISPOSTA DI ELIA


"LA SOSPENSIONE DELLE MESSE? UN'ELOQUENTE MANCANZA DI FEDE"

Mi ha molto colpito la lettera pubblicata dalla signora Angela Musto dal sito di Marco Tosatti "Stilum Curiae" il 26 marzo scorso perché evidenzia una carenza molto grave: la sospensione di fatto dell'amministrazione dei sacramenti ed in primo luogo della Santa Eucaristia e della Confessione. Ma ecco di seguito la lettera che riproduco integralmente.

"A tutti i sacerdoti
Mi chiamo Angela Musto, un tecnico di laboratorio attivo più che in mai in ospedale dato il momento così delicato ma la mia coscienza e la deontologia professionale non mi permette di stare a casa per paura di contrarre il virus, devo scendere in campo per il bene altrui.
Avevo qualche perplessità a scrivere questa lettera in quanto gli oltre quindicimila morti nel mondo per il coronavirus mi hanno raggelato il cuore ma domenica 22 marzo, nella S. Messa in onda su RaiUno dalla Cappella " Gesù Buon Pastore" si è ripetuto più volte nell'omelia che " Siamo luce impastata di fango" e che bisogna " guardare alle nostre radici".
Ho compreso che la difficilissima decisione di sospendere tutte le Messe con partecipazione di popolo nell'intero Paese è stata assunta per un senso di appartenenza alla famiglia umana e ho anche compreso l'incoraggiamento fattomi da diversi sacerdoti, da me supplicati per ricevere l'Eucarestia, mettendo in rilievo le molteplici presenze di Cristo, oltre che nell'Eucaristia: negli altri sacramenti, nella Parola, nei suoi ministri, nei fratelli con cui Egli si è identificato e persino nel dolore di non poter partecipare all'Eucaristia. Anzi che questo "digiuno eucaristico" poteva farci riflettere meglio sulla preziosità di questo dono.
Indubbiamente sono tutte presenze di Gesù ma non sono Gesù.
Comprendo che fa tanto effetto che da ogni parte ed in ogni momento e con ogni mezzo ci ripetono che "se stiamo a casa salviamo vite umane" e che un'eventuale imprudenza nell'osservare le misure sanitarie potrebbe danneggiare le persone. Ma mi chiedo se si pensa di più alla salute del corpo che a quella dell'anima in quanto credo che tra i beni della persona, il bene massimo è quello spirituale, legato al destino eterno dell'uomo. È importante tenere le distanze di sicurezza ma, non è ancora più importante dare ai fedeli il Pane del Cielo soprattutto in circostanze estreme come quelle che viviamo adesso?
Qualcuno mi ha anche detto che chiedendo il ripristino della Santa Messa era come tentare Dio obbligandoLo ad intervenire ma a me hanno insegnato che la Santa Messa, in tutte le occasioni, e ancor di più in questa situazione di pandemia, è il Cielo in Terra. Senza la presenza del Cielo fatto presente nei Sacramenti, l'uomo si perde d'animo in quanto non siamo fatti solo di carne, ma soprattutto di anima. Sono due essenze ben divise tra loro, e dipende dalla nostra volontà tenerle unite, se decidiamo di nutrirle tutte e due, però ognuno in modo diverso e, cioè il corpo che viene dalla terra di tutto ciò che produce la terra, ma l'anima che viene da Dio di tutto ciò che viene da Dio: "l'Eucarestia", cibo che discende dal cielo, che porta in sè ogni dolcezza, la vera medicina di tutte le malattie.
Il valore dell'Eucaristia è un valore illimitato, in quanto permette all'uomo di rigenerare il corpo  ecco perché è indispensabile comunicarsi spesso non solo per noi ma anche per quelli che non ci sono più. Infatti mi hanno insegnato che ogni qualvolta si prende l'Eucaristia di ricordarsi dei defunti: quale consolazione potrebbe essere per quelli che hanno perso i loro cari in questa pandemia!
Oggi pochi o nessuno crede al miracolo dell'Eucaristia, l'energia rigenerante della resurrezione, la possibilità che Dio dà all'umanità di unirsi a Lui, il dono più bello che Dio poteva lasciare all'uomo.
Reverendissima Eccellenza, non rendiamo vani i sacrifici di tanti martiri che hanno effuso il loro sangue per l' Eucarestia e con loro ripeto: "Sine dominico non possumus", senza riunirci la domenica per celebrare l'Eucarestia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane ed eccezionali e non soccombere.
Infine dunque, Reverendissima Eccellenza, come lo Stato sta provvedendo a fornire gli ospedali di Dispositivi di Protezione Individuale, a me, che lavoro in uno di quelli, non lasciatemi senza il D.P.I. più importante: l'EUCARESTIA, il nostro "pane quotidiano", per cui mi auguro che per la Santa Pasqua si possa far risorgere Gesù nelle chiese.
Nella certezza che accoglierete queste parole come una confessione dolorosa di un cuore ad un ad un altro cuore, Vi saluto umilmente
Angela Musto"

Mi chiedo: invece di sospendere l'amministrazione dei sacramenti la CEI non poteva emanare delle direttive operative specifiche per i luoghi di culto in modo da salvaguardare gli aspetti salutistici con le sacrosante esigenze spirituali del popolo di Dio? In altri termini, parafrasando quanto avviene per i supermercati per sovvenire alle necessità materiali della gente, in analogia non si poteva fare altrettanto per le Chiese per sovvenire alle necessità spirituali?

Ho come l'impressione che in fondo Messe e sacramenti siano stati equiparati a circostanze formali, a liturgie umane fine a se stesse, come potrebbe essere una riunione di partito, un comizio o una conferenza culturale. Certo in tempi di pandemia meglio evitare dette manifestazioni, meglio rinviarle a tempi migliori (come il caso delle Olimpiadi di Tokyo che sono state rinviate). Poiché detta impressione mi sembra fondata, mi chiedo: ma le celebrazioni eucaristiche e l'amministrazione dei sacramenti sono circostanze formali fini a se stesse ? La risposta è rinvenibile nel catechismo della Chiesa Cattolica. Ed allora la conclusione è immediata: la sospensione delle S. Messe e dell'amministrazione dei sacramenti (fatto unico che io sappia in oltre 2000 anni di storia della Chiesa) è solo un'eloquente espressione della mancanza di fede in primo luogo di coloro che dovrebbero comportarsi da veri pastori del popolo di Dio che sanno dare anche la vita per le proprie pecore e che non fuggono davanti al pericolo. Se è vero come è vero che non di solo pane vive l'uomo è altrettanto vero che con il solo pane dei supermercati l'uomo non può vivere. O ci si crede o non ci si crede. Ma se ci si crede la sospensione di Messe e sacramenti è stato ed è un gravissimo abuso di cui dovranno rispondere a Dio i sedicenti pastori della Chiesa italiana. Che la Madonna ci aiuti in ogni modo ad avere fede anche contro certe evidenze discutibili.

Sebastiano Rotondo, Siracusa


"NO: QUESTA RINUNCIA E' UNA SFIDA GRANDE A RIPENSARE LA NOSTRA FEDE"

La lettera di Sebastiano tocca una questione essenziale nella vita del cristiano; perché l'Eucaristia non è un fatto devozionale, ma sta al cuore della nostra fede, in quanto memoriale della morte e resurrezione di Cristo Signore.

L'Eucaristia sta anche al centro della nostra vita, ne raccoglie le gioie, le speranze, ma anche il dolore, la povertà, la finitezza. E non come un fatto individuale, ma di una comunità, una comunità aperta, che guarda al mondo intorno con amicizia, perchè è stata mandata per annunciare una liberazione e una salvezza che trascende ogni nostra capacità umana. 

L'Eucaristia nasce proprio da questo chinarsi di Dio verso di noi e verso il mondo intero. E noi non possiamo dirci cristiani se non ci sentiamo impegnati a porre  la stessa cura e lo stesso amore nel nostro servizio quotidiano agli altri.

La pandemia del Covid19 ha stravolto le nostre vite, riducendo drasticamente, per un tempo che speriamo non troppo lungo, anche le nostre relazioni e imponendoci regole di segregazione che ci paiono innaturali. Ogni aspetto della vita comunitaria ne è stata toccato, e non ne sono immuni neppure le nostre parrocchie e associazioni.

Non poter celebrare l'Eucaristia è davvero per i credenti in Cristo una sofferenza, ma è anche, in questo frangente, la testimonianza che abbiamo a cuore la salute degli altri; perché ormai è chiaro che dobbiamo evitare ogni occasione, anche lontana, di incontri, per quanto protetti. Che testimonianza sarebbe consentire ai cristiani di riunirsi quando non è permesso alcun altro tipo di riunione?  
Ma c'è di più: questa è una grande sfida per ripensare la nostra fede, messa alla prova dalle grandi rinunce cui siamo obbligati, per guardare in profondità ciò che è essenziale. Questa è l'ora in cui siamo chiamati ad interrogarci  sul tempo che ci è dato vivere, a pregare e pensare nel silenzio delle nostre case, spogliati da gesti e riti che pure alimentano ordinariamente la nostra esperienza di fede. A capire che milioni di  cristiani (dai nostri malati e anziani che magari da lungo tempo non possono partecipare alla vita liturgica della propria comunità, fino ai tanti abitanti di aree del mondo dove la celebrazione eucaristica è possibile solo in alcuni momenti dell'anno) sono immersi normalmente in questa dimensione di assenza, ma pure  vivono in molteplici forme la comunione ecclesiale e testimoniano spesso una fede molto più ricca della nostra. Vivere l'Eucaristia è possibile sempre, anche quando ci manca la possibilità di celebrarla settimanalmente. 

Il Papa che prega e benedice il mondo in una piazza, solitamente stracolma di fedeli, e oggi completamente vuota, è un'immagine che rende drammaticamente e mirabilmente questo tempo eccezionale: dove l'entusiasmo è sostituito dal silenzio, dove la preghiera accorata risuona non tra un popolo che partecipa in prima persona, ma nel cuore di tanti uomini e donne che, nelle proprie case, sperimentano  il silenzio di Cristo, che pare dormire, ma che sappiamo calmerà le acque delle nostre paure.

Sono spiaciuto infine che la lettera di Sebastiano si concluda con un giudizio molto duro sui nostri pastori, colpevoli secondo lui, di "un gravissimo abuso di cui dovranno rispondere a Dio": anzitutto perché questo non è un linguaggio da cristiani, e poi perché ci sono molte ragioni, anche se Sebastiano non le condivide, che hanno indotto i nostri Vescovi e il Papa a compiere queste scelte difficili e, secondo me (come ho cercato in breve di motivare) doverose.  Si può dissentire certamente, ma il rispetto reciproco è sempre necessario.

Beppe Elia, presidente nazionale Meic 


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