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FOLIGNO Gli "Appodiati": un pezzo di storia del territorio

20 Luglio 2012

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Con la presentazione del libro “La montagna folignate dal 1797 al 1860. Gli Appodiati”, del prof. Fernando Silveri, il Gruppo Meic di Foligno ha voluto concludere, il 30 giugno scorso, le proprie iniziative di questa prima parte dell’anno sociale 2012. Un argomento, quello degli “Appodiati”, che poteva sembrare estraneo ai percorsi culturali del Meic e che, invece, ha suscitato notevole attenzione  facendo scoprire un pezzo interessante di storia, abbastanza sconosciuta, delle popolazioni del nostro territorio.

Con il suo lavoro il prof. Silveri ha voluto prendere in esame – come ha premesso nel corso della presentazione del libro – i tanti problemi della gente comune della montagna folignate, durante l’ultimo periodo di vita dello Stato pontificio, periodo storico che va dal 1817, anno di istituzione degli Appodiati, al 1860. Dopo la parentesi dell’occupazione francese, dal 1797 al 1814, con il ritorno dello Stato pontificio, nei territori montani di Foligno vengono formati i comuni cosiddetti “Appodiati” che avevano la particolarità di essere amministrati da municipalità locali, sempre nel quadro della normativa dello Stato pontificio e sotto il controllo procedurale, e talvolta anche di merito, del Comune di Foligno. Così apprendiamo, grazie alla ricerca del prof. Silveri, che furono costituiti gli Appodiati di Colfiorito, Rasiglia e Scopoli. Sant’Eraclio, con autonoma decisione, scelse di restare aggregato alla città “madre” di Foligno, mentre l’Appodiato di Pale scelse di sperimentare un’autonomia più limitata rispetto alla piena normativa e, pur in questa forma ridotta, nel 1928 vi rinunciò. La struttura amministrativa dell’Appodiato era costituita dal sindaco e da due consiglieri. Questi venivano scelti dal Consiglio deliberativo di Foligno che formava una terna  di nomi che veniva inviata al Delegato apostolico di Perugia, il quale “designava sindaci e consiglieri chi riteneva i migliori”. Sindaco e consiglieri duravano in carica due anni e solo il Sindaco era rieleggibile. Erano scelti essenzialmente fra i possidenti, non esistendo nei nostri territori uomini di lettere o negozianti “sufficientemente ricchi per prestare le dovute garanzie”. Infatti, non poteva ricoprire incarichi pubblici chi non possedeva, non potendo garantire “di porre rimedio ai suoi eventuali errori” e non avendo niente da perdere. E tra i possidenti venivano scelti coloro che possedevano di più, “così che maggiore era la garanzia”.

Per quanto riguarda la gestione amministrativa,  è interessante sapere che le cose che “funzionavano bene” erano la riscossione delle tasse e il controllo del debito pubblico locale. E i principi che garantivano la riuscita di questi due obiettivi erano: chi riscuoteva le tasse doveva conoscere la ricchezza dei contribuenti, ed al riguardo  veniva operato il frazionamento delle zone contributive in maniera tale da consentire tale conoscenza; il controllo del debito pubblico si raggiungeva con la prassi che “se in un esercizio capitavano spese non previste e per le quali si contraeva debito, per l’anno successivo si programmava una riscossione di tasse tale da coprire sia il fabbisogno dell’anno in corso, sia il debito del precedente”. Ma evidentemente, successivamente, questo principio è caduto in disuso, specie nei nostri tempi.

Alvaro Bucci