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Settimana sociale: Presidenza Meic, "La Chiesa operi un'apertura di credito verso il laicato"

14 Ottobre 2010

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La Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria si apre oggi “in uno dei passaggi più tormentati della storia italiana”, e questo “ineludibilmente sollecita la responsabilità civile della comunità ecclesiale”: lo afferma il Meic, il movimento degli intellettuali cattolici italiani, in una nota ufficiale della presidenza nazionale, impegnata da oggi tra i delegati dell’importante evento ecclesiale.
Della “vastità della crisi che segna dolorosamente il presente del nostro Paese” in particolare “preoccupano le difficoltà in cui versano lo Stato di diritto, la cultura della legalità e la tenuta dell’etica pubblica, il cui logoramento indebolisce pericolosamente il tessuto solidaristico che garantisce la qualità (e, almeno nel lungo periodo, la stessa sopravvivenza) della convivenza civile e compromette ogni reale speranza di autentico progresso”: ci sono “forme patologiche” che “intossicano la nostra convivenza civile”.
Una denuncia, quella del Meic, che accompagna quella della “gerarchia ecclesiale, dalla quale sono pervenuti chiari segnali di inquietudine (anzi, di vera e propria angustia) per il panorama offerto dalla realtà civile e politica del nostro Paese; e lo stesso documento preparatorio della prossima Settimana sociale, meritoriamente, non ne nasconde affatto la gravità”.
In questo scenario, continua la nota, la comunità cristiana deve diventare “una delle principali ragioni di concreta speranza per il nostro Paese”. Il contributo dei cattolici è “prezioso” e “insostituibile”, “caratterizzato dalla capacità di superare la riproposizione di ambigui slogan (come quello ‘meno Stato e più società’, peraltro travolto dalla dinamiche innescate dalla crisi internazionale)”: il dibattito, secondo il Meic, va aperto “‘verso l’alto’, individuando quali imprescindibili punti di riferimento la Dottrina sociale della Chiesa” e i “principi solennemente enunciati nella Costituzione”, e “‘verso il basso”, conformando le soluzioni proposte alla concreta fisionomia delle questioni ed alle risorse effettivamente disponibili nel tessuto comunitario”
Perché questo avvenga, il Meic chiede alla Chiesa italiana “un’intelligente e lungimirante apertura di credito (si direbbe quasi un investimento di fiducia!)” verso il laicato, “promuovendone e sostenendone la capacità trafficare i talenti (di fede, di sensibilità etica e sociale, professionalità…) e la conseguente assunzione di responsabilità, specialmente entro i territori di frontiera”. Per questo “è urgente individuare sedi e percorsi entro i quali possa crescere e maturare una nuova generazione di laici credenti impegnati sul terreno politico e sociale, ‘che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune’, secondo l’auspicio recentemente espresso da Benedetto XVI".


IL TESTO INTEGRALE DELLA NOTA

Si terrà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, la 46ma Settimana sociale dei cattolici, sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del paese”. Tale evento ecclesiale avrà luogo in uno dei passaggi più tormentati della storia italiana, che ineludibilmente sollecita la responsabilità civile della comunità ecclesiale, che peraltro si è già manifestata in altri passaggi cruciali della vita pubblica del nostro Paese: basti considerare il decisivo contributo recato dai cattolici all’elaborazione della Carta costituzionale ed alla difficile, ma esaltante, opera di ricostruzione del dopoguerra. La difficoltà della presente condizione italiana è stata reiteratamente ed autorevolmente denunciata dalla gerarchia ecclesiale, dalla quale sono pervenuti chiari segnali di inquietudine (anzi, di vera e propria angustia) per il panorama offerto dalla realtà civile e politica del nostro Paese; e lo stesso documento preparatorio della prossima Settimana sociale, meritoriamente, non nasconde affatto la gravità e la – per così dire – vastità della crisi che segna dolorosamente il presente del nostro Paese. Particolarmente preoccupano le difficoltà in cui versano lo Stato di diritto, la cultura della legalità e la tenuta dell’etica pubblica, il cui logoramento indebolisce pericolosamente il tessuto solidaristico che garantisce la qualità (e, almeno nel lungo periodo, la stessa sopravvivenza) della convivenza civile e compromette ogni reale speranza di autentico progresso.
In ordine a tale crisi, i cattolici devono offrire un prezioso (anzi, insostituibile) contributo, caratterizzato dalla capacità di superare la riproposizione di ambigui slogan (come quello “meno Stato e più società”, peraltro travolto dalla dinamiche innescate dalla crisi internazionale) e di aprire il dibattito ed il confronto ad un tempo “verso l’alto”, individuando quali imprescindibili punti di riferimento la Dottrina sociale della Chiesa e la tavola complessiva dei principi solennemente enunciati nella Costituzione repubblicana, e “verso il basso”, conformando le soluzioni proposte alla concreta fisionomia delle questioni ed alle risorse effettivamente disponibili nel tessuto comunitario (realisticamente valutando e comparando costi e benefici comportati dalle diverse opzioni). Di questo contributo protagonista può e deve essere il mondo laicale, sul quale occorre che l’intera comunità ecclesiale sappia operare un’intelligente e lungimirante apertura di credito (si direbbe quasi un investimento di fiducia!), promuovendone e sostenendone la capacità trafficare i talenti (di fede, di sensibilità etica e sociale, professionalità…) e la conseguente assunzione di responsabilità, specialmente entro i territori di frontiera. A tale scopo, è urgente individuare sedi e percorsi entro i quali possa crescere e maturare una nuova generazione di laici credenti impegnati sul terreno politico e sociale, “che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune”, secondo l’auspicio recentemente espresso da Benedetto XVI.
Proprio la comunità ecclesiale potrà costituire una delle principali ragioni di concreta speranza per il nostro Paese, se ed in quanto farà fruttare, nel vivo del travaglio storico e nel cuore delle dinamiche sociali e politiche, i talenti che la sua ricca storia le ha consegnato, e che le consentono anche di allargare (nel tempo e nello spazio) la prospettiva troppo spesso angusta entro la quale si individuano e si dibattono i problemi e si elaborano le relative soluzioni. È necessario che le scelte di umanità, di libertà, di responsabilità e di fraternità che si esigono per offrire adeguate risposte alle tante forme di “patologia” che intossicano la nostra convivenza civile maturino e si consolidino all’interno delle comunità di credenti che animano il nostro Paese.

La Presidenza nazionale del Meic