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VERCELLI Don Cesare Massa, laico, prete, testimone della speranza

12 Dicembre 2018

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di LUCA ROLANDI

In fondo alla sala di Palazzo Juvarra nel seminario arcivescovile, nessun si è accorto di una presenza invisibile. Era don Cesare Massa, lontano, in disparte, come spesso aveva pensato la presenza di un cristiano autentico per una fede pensata e vissuta. Il suo volto buono, il sorriso tenero e disarmato, il pensiero ricco e profondo, la spiritualità e la sapienza cristiana, radicale e dialogante, la voce inconfondibile e il suo essere per l'ascolto e l'amicizia che diventava fraternità, sono stati presenti e vivi nella rilettura di una vita di un uomo che vedeva oltre l'orizzonte.

I tratti fondamentali della feconda esistenza di don Massa sono stati raccontati con momenti di commozione e di bellezza nella giornata di studi, ad un anno dalla morte, intitolata "Svegliare l'aurora", itinerario ed eredità spirituale. Impossibile sintetizzare in poche righe la ricchezza di una vita, che illustri ospiti, moderati con maestria e competenza da Filippo Campisi e Paolo Pomati, hanno espresso Marilena Fonsatti, per nome della famiglia, i vescovi Marco Arnolfo e Enrico Masseroni, il vicario Mario Allolio, fratel Enzo Bianchi di Bose e Luigi Bettazzi, ultima padre conciliare vivente, che lo ebbe come collaboratore fondamentale nella sua avventura di guida del movimento cattolico per la pace. Tanti amici e allievi, fratelli, laici e religiosi, nel segno concreto di un ecumenismo vissuto e interiorizzato come espresso dal prete ortodosso Julian Paun, Maria Ter Steeg e Francescantonio Guidotti e nelle parole di Daniela Sironi della Comunità di San Egidio.

La visione profetica, ricordata nel saluto del sindaco Maura Forte, è diventata preghiera di riflessione e amore nella dialettica di una vita riletta tra il Magnificat e il Miserere dal fondatore della comunità di Bose, cui don Cesare fu ispiratore con il giovane Enzo, attraverso il contatto con Frere Roger di Taizè. Il seminatore di amore per l'uomo, ispirato dalla tradizione monastica di Charles de Foucauld, i maestri della teologia e filosofia francese, senza divisioni, senza steccati e distinzioni è stata per don Massa parte integrate di tutti i momenti della sua vita: la formazione e l'amore per la mamma che si amplificherà nella passione per la madre di tutti, Maria, la passione per la chiesa come laico della Giac di Carlo Carretto, Mario Rossi e Arturo Paoli, con le prime rotture e le amarezze, poi la politica e il sindacato, la Dc e la Cisl, ricordate da Giovanni Cattaneo e Tommaso Lauro. Infine il tempo della vocazione e della missione pastorale della cultura tra il popolo, la gente vicine e lontane, con qualche sofferenza in Diocesi, dal 1969 come presbitero nella chiesa del Concilio e del post concilio.

La Parola e le parole, la lettura, la scrittura, bellissimo i suoi libri e gli editoriali da direttore del settimanale Eusebiano, l'arte e le icone sono la cifra di don Cesare Massa riferimento per tutti vicini e lontani, nella fede e nella vita. Lo hanno espresso con chiarezza e penetrante luminosità l'allievo Maurizio Ambrosini, il politico Guido Bodrato, l'esponente di Pax Christi Gianni Novello e il presidente nazionale del Meic, che nell'ultima parte della vita di don Massa è stata la cifra (i sette lunedì e la tavola di riflessione), insieme alla comunità di San Michele, è stato un tesoro di umanità, cultura e confronto con la storia unico nel panorama vercellese. Da Vercelli al mondo e ritorno il cammino umano di don Cesare Massa è stato catalizzatore di convivialità, dai pranzi di Natale a Bose alla tavola della "Breta". Studi, preghiera e azione sono le parole chiave di un "rabdomante" di spiritualità, come l'ha definito Enzo Bianchi.

Don Massa, l'amico arrivato alla meta, come ha detto Masseroni, il fondatore di infinite iniziative, amico di tutti e di ciascuno, uomo di Dio e del mondo, ha lasciato la sala, con discrezione, per tornare a respirare e misteriosamente trasmettere ancora il suo amore. La sua vita è stato un segno di santità ordinaria e profondissima, come ha sottolineato Beppe Elia, una testimonianza che continua ad illuminare il nostro cammino.